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METALMECCANICI. Sciopero generale e corteo: da piazza Esedra a piazza San Giovanni

CON LA FIOM A PIAZZA SAN GIOVANNI. TUTTI A ROMA: QUEI DIRITTI SONO DI TUTTI. Ecco perché ci saremo. Note di Claudio Sardo, Furio Colombo, Paolo F. d’Arcais - a c. di Federico La Sala

(...) un contributo alla ricostruzione di un tessuto civile e democratico. Una risposta a chi vuole la democrazia senza partiti, le relazioni industriali senza sindacati, la società senza corpi intermedi. Una risposta a chi vuole isolare i lavoratori e i cittadini per renderli impotenti davanti allo Stato e al mercato.
venerdì 9 marzo 2012 di Federico La Sala
[...] Una democrazia ha bisogno di un’opposizione, cessa di essere viva e vegeta se nel suo orizzonte circola solo il corrivo plauso al governo. Poiché opposizione democratica non è certo lo spurgo di pulsioni separatiste e razziste che si riconosce nei Bossi e altri Calderoli, oggi l’Italia è una democrazia dimezzata. L’opposizione esiste nella società civile, vitalissima anzi da oltre dieci anni, a partire da un indimenticabile “resistere, resistere, resistere”, nelle sue (...)

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> CON LA FIOM A PIAZZA SAN GIOVANNI. TUTTI A ROMA: QUEI DIRITTI SONO DI TUTTI. ---- ART.18, MONTI CI PENSI SU (di Valentino Parlato)

domenica 11 marzo 2012

ART.18, MONTI CI PENSI SU

di Valentino Parlato (il manifesto, 10.02.2012)

Se Mario Monti, che ritengo persona attenta ai fatti, avesse potuto vedere di persona la grande manifestazione della Fiom a Roma, sicuramente avrebbe riconsiderato alcuni suoi attuali orientamenti. Lo penso perché la manifestazione di ieri è andata ben oltre la Fiom e i lavoratori della metalmeccanica.

Ieri a Roma c’era l’unità d’Italia. Nord e Sud insieme, capoluoghi di regione e piccoli comuni. Rilevante e importante la presenza di lavoratrici. C’era l’Italia con le sue memorie storiche e la volontà di sostenere la democrazia in questo difficile e pericoloso stato di crisi. Dalle crisi - è storia - sono facili e possibili le uscite a destra. In Italia lo sappiamo. Ebbene, la manifestazione di ieri era la testimonianza di quanto la democrazia sia essenziale al mondo del lavoro, alle persone che lavorano «sotto padrone» e che solo nella democrazia piena hanno la garanzia dei loro diritti e della dignità umana.

Una grande manifestazione di democrazia dalla quale non ci si può distaccare (come ha fatto il Pd, con il pretesto della Tav e cedendo alle esigenze della politica politicante) senza indebolire se stessi, senza far crescere il rifiuto della politica, oggi assai diffuso nel nostro paese. Il Presidente Giorgio Napolitano ha detto che la riforma del lavoro va realizzata, ma tenendo fermi il rispetto dei diritti e della dignità del lavoro, che sono - aggiungo io - il fondamento sostanziale della democrazia.

La nostra Costituzione afferma che siamo una Repubblica «fondata sul lavoro». Nell’attuale confronto sulla «riforma del lavoro», va data grande attenzione anche agli aspetti simbolici. E vengo all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, sul quale siamo a uno scontro fondamentalmente ideologico, simbolico, a cui anche il Presidente Napolitano dovrebbe prestare più attenzione. Un industriale come Carlo De Benedetti ha detto che l’art. 18 non gli è mai servito nella gestione d’impresa. Cancellare l’art. 18 oggi non serve affatto agli imprenditori. Cancellarlo è solo dare uno schiaffo in faccia a chi lavora e ai sindacati tutti, dire loro che debbono piegare la schiena davanti al padrone.

La grande e democratica manifestazione di ieri dovrebbe dare uno scatto di intelligenza all’attuale governo. La sua rinuncia alla cancellazione dell’articolo 18 (ripeto, di nessuna sostanza nella gestione d’impresa) sarebbe un gesto di grande acume politico. Il governo potrebbe dire: proprio perché sono forte e ho consenso non voglio cancellare l’articolo 18.

La grande manifestazione di ieri, la sua portata nazionale e democratica, dovrebbe indurre a qualche riflessione l’attuale governo e dire chiaramente che non ne vuole più la cancellazione. Ove facesse questa scelta ne uscirebbe anche rafforzato rispetto ai ricatti e alle minacce che stanno emergendo dal mondo della politica. Monti non ha detto a caso di temere l’allargarsi dello spread tra i partiti. Si faccia raccontare bene la manifestazione di ieri e ci pensi.


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