LE SORELLE GHISINI E MELUSINA: TECNOLOGIA E LEGGENDA
di Anna Preianò *
GHISA A MILANO
La ghisa è una lega di ferro e carbonio. Detta “ferraccio” fino all’Ottocento, perché di peggior qualità rispetto all’acciaio dolce, presenta alcuni notevoli vantaggi: economica nella produzione e resistente all’usura, anche del tempo, permette di realizzare forme complesse mediante un semplice processo di fusione. A Milano, la parola “ghisa” è polisemica: è usata per denominare in modo familiare i vigili urbani, ma il motivo non è chiaro. Secondo alcuni, il colore nero dell’uniforme ricordava i getti di ghisa allo stato liquido, mentre altri pensano allo stemma di ghisa applicato sul caschetto. L’origine più probabile, però, è quella che fa risalire il soprannome al cappello a cilindro grigio indossato dai vigili nel 1860: la forma alta e il colore assomigliavano ai tubi di ghisa delle stufe (canón de stua, “canna da stufa”). Oltre ai “ghisa”, a Milano ci sono le “sorelle ghisini”: quattro sirene incantatrici che oggi si possono vedere al parco Sempione. Prima di raccontare la loro storia, è interessante soffermarsi a considerare che l’Ottocento fu un secolo di sperimentazioni nell’uso di nuovi materiali e tecnologie anche in ambito architettonico, il cui culmine e simbolo universale è la Torre Eiffel, costruita in due anni, in tempo per l’Expo inauguratasi a Parigi nel 1889.
SPERIMENTAZIONI CON IL FERRO: PASSAGGI E PONTI
La Torre Eiffel è in ferro, così come in ferro sono le prime costruzioni in metallo, per esempio la Galleria de Cristoforis a Milano, il primo grande passaggio coperto inaugurato in Italia (nel 1832), con un braccio maggiore su Corso Vittorio Emanuele (allora Corsia dei Servi) e un braccio trasversale (immaginiamo una T) che a destra si affacciava su Via Monte Napoleone e a sinistra su via Galleria de Cristoforis, un vicolo, oggi scomparso, che si trovava dietro la chiesa di San Carlo. L’attuale Galleria de Cristoforis è a circa cento metri da quella originaria e mantiene la forma a T: sempre su Corso Vittorio Emanuele la direttrice principale, mentre in fondo a sinistra sbocca su piazza del Liberty e a destra in via San Pietro all’Orto. Al 1832 data anche l’inaugurazione del ponte “Ferdinandeo”, sospeso sul Garigliano, il fiume che storicamente divide la provincia di Napoli da quella di Roma. Milano detiene invece il primato di un ponte realizzato con parti in ghisa: le sirenette, appunto, o “sorelle ghisini”.
LE “SORELLE GHISINI”
Quando il Naviglio era interamente scoperto, dopo aver accolto a San Marco le acque della Martesana, scendeva lungo la Circonvallazione e, arrivato all’altezza dell’attuale via Pietro Mascagni, in contrada San Damiano, si poteva attraversare con un ponte. Questo ponte era stato inaugurato il 23 giugno 1842, in una Milano ancora dominata dagli austriaci, su progetto dell’ingegnere Francesco Tettamanzi, che, per abbellirlo, aveva voluto collocare sui quattro piloni delle sirene modellate in ghisa e realizzate, insieme al ponte, nella ferriera di Dongo dalla ditta Rubini, Scalini, Falck & C. La ghisa stava diventando di gran moda, e i milanesi soprannominarono le fantastiche creature “sorelle Ghisini” oppure i sorei del pont di ciapp, facendo un po’ di confusione tra i provocanti seni scoperti delle quattro fanciulle e le molto meno attraenti forme posteriori di pesci con una doppia coda.
LA SIRENETTA E MELUSINA
L’antecedente più diretto è la fiaba crudele di Andersen, del 1836, ben lontana dalle versioni edulcorate poi messe in circolazione: basti pensare che la Sirenetta perde per sempre il suo principe e solo dopo trecento anni di buone azioni potrà conquistarsi un’anima e salire in Paradiso. La statua al porto di Copenaghen, invece, fu mostrata per la prima volta al pubblico nel 1913. Gli scultori delle sorelle Ghisini le raffigurarono con una doppia coda, simbolo di fertilità che rimanda alle leggende di Melusina, figura presente anche nell’araldica, dove ha, appunto, una coda doppia. Nel folklore medievale, le melusine sono fate acquatiche destinate a sposare un cavaliere a patto di non essere viste da lui nella loro vera forma, cioè con la coda di pesce o di serpente. -Melusina, personificazione di queste ninfe, è una donna-pesce e un mostro soprannaturale, ma anche una femmina splendida che consola, guida alla giusta scelta e fa innamorare; sa essere crudele, appare e scompare, ma è anche una dea dell’abbondanza che fa sorgere palazzi e colma i campi di frumento. Non a caso le coppie di innamorati milanesi si baciavano sul ponte toccando il didietro delle statue nella speranza di propiziarsi fecondità e prosperità.
La leggenda di Melusina, appartenente alla tradizione medievale dell’incontro tra fate e umani, entra nell’araldica intorno al 1400, per volontà di due nobili famiglie, entrambe lontane discendenti dei Lusignano (casata francese segnalatasi già intorno al X secolo), che vogliono darsi lustro fornendo alla propria stirpe un’antenata mitica. Intorno al 1390, il duca di Berry, erede dei castello dei Lusignano, chiede allo scrittore Jean d’Arras di stendere un romanzo che ricordi l’origine “soprannaturale” della nobile casata: sarà il Roman de Mélusine (1392).
LE GOFF E LE ROY LADURIE
Ma la spiegazione più interessante e degna di nota del mito di Melusina è quella dei medievisti Jacques Le Goff e Emmanuel Le Roy Ladurie, per i quali alla base ci sarebbero racconti mitologici greco-romani, protagoniste dei quali sono spesso le ninfe, creature semidivine (dobbiamo ricordare che le sirene dell’Odissea non sono affatto donne-pesce, bensì donne-uccello). La demonizzazione delle divinità dell’antico Pantheon pagano, conseguente al processo di cristianizzazione dell’impero, non riesce a cancellare tutte le figure mitiche, anzi: molte di esse rimangono vive nell’immaginario e spesso nel culto popolare, anche perché appartengono a substrati cultural-religiosi più antichi della colonizzazione romana. Quando, a partire dal XII secolo, le credenze popolari cominciano a essere riprese e codificate dalla cultura letteraria, si incontrano numerosi rimaneggiamenti di tali leggende.
PARACELSO
Il nome di Melusina è associato anche all’opera di Paracelso, per il quale essa è analoga di ninfe e sirene e vive nell’Aquaster, il principio lunare e acquatico delle divinità femminili. In questa visione, Melusina è una visione psichica, ma anche, tenuto conto della capacità di concretizzazione immaginativa della psiche, una distinta entità oggettiva, come un sogno che per un attimo si realizza.
LA MIGRAZIONE DELLE SIRENE
Ma torniamo alle sirene di ghisa. Il carbonio della lega le mantenne in perfette condizioni e le salvò dalla ruggine per lunghi anni. Intorno al 1930 si decise purtroppo di coprire la cosiddetta “fossa interna” dei Navigli, ovvero il tratto che da Piazza San Marco arrivava a Porta Genova. Nascosto il Naviglio, dopo anni di onorato servizio, il Ponte delle Sirenette fu traslocato: smontato pezzo per pezzo, fu rimontato al Parco Sempione, dove si può andare a riverirle ancora oggi e dove, fino a poco tempo fa, riposavano all’ombra di cipressi della Virginia, che in autunno si trasformavano in colonne di fuoco.
Nel 2011 Giuseppe Pederiali ha pubblicato il romanzo intitolato Il ponte delle sirenette.
PER APPROFONDIRE
Aldo De Gregorio, Le Sirenette mitologiche sfrattate dai Navigli, Corriere della Sera, 19 febbraio 1992.
Francesco Ogliari, Questa nostra Milano. Quando le statue parlano, Mursia, Milano, 1972
Jacques Le Goff, Emmanuel Le Roy Ladurie, Mélusine maternelle et défricheuse, Annales: Economies, Sociétés, Civilisations 26 (1971)
Jacques Le Goff, Mélusine revisitée, in L’Histoire grande ouverte: Hommage a Emmanuel Le Roy Ladurie, Fayard, Paris, 1997
Maria Paola Vannucchi, La Leggenda di Melusina
MilanoPlatinum Storica National Geographic
In collaborazione con STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC
* MillenniumPlatinum · 18 NOVEMBRE 2015 (ripresa parziale - senza immagini).