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IMMAGINAZIONE E STORIA. ALCHIMIA E PSICOLOGIA: PARACELSO. "Melusina, simbolo dell’anima, espressione della parte femminile dell’anima, è il femminino presente in ogni essere umano" (Carl G. Jung).

MELUSINA: RITROVAMENTO DI SIRENE (E SIBILLE) NELLA CITTÀ DI CONTURSI TERME (SALERNO). Un’occasione per ripensare tali figure della tradizione culturale europea. Materiali sul tema - a c. di Federico La Sala

Esistono diverse versioni della leggenda di Melusina, che si inserisce nella tradizione medioevale dell’incontro tra fate e umani, ma la codifica definitiva si ha intorno al 1400, per volontà di due nobili famiglie (...)
martedì 26 giugno 2012
PREMESSA
FOTO: MELUSINA - con una coroncina con croce al collo. Una sua bella e sorprendente presenza nella Città di Contursi Terme, in provincia di Salerno, nella valle del Sele (Foto di Orazio Marotta)
Le Sibille di Contursi hanno parentele più celebri nella Cattedrale di Siena, nell’appartamento Borgia in Vaticano, nel Tempio Malatestiano di Rimini, nella Cappella Sistina di Michelangelo. La pittura disegna l’eclettismo ermetico-cabalistico-neoplatonico rinascimentale (Fulvio Papi) (...)

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> MELUSINA: RITROVAMENTO DI SIRENE (E SIBILLE) --- LA MUSICA DELLE SFERE. “Cos’è l’Oracolo di Delfi? E’ il tetraktys, che è l’armonia in cui le Sirene cantano” (di Claudia Poli).).

venerdì 26 giugno 2020

Platone

La musica delle sfere

di Claudia Poli *

      • «Gli oggetti [...] che sollecitano i nervi per il tramite degli orecchi, si dice che producono un rumore, o un suono, o un’armonia. A proposito di quest’ultimo caso la follia degli umani è arrivata al punto di credere che dell’armonia si diletti anche Dio; e nemmeno mancano filosofi profondamente convinti che i movimenti dei corpi celesti producano un’armonia. Tutti questi fatti mostrano a sufficienza che sulle cose ciascuno ha espresso giudizi conformi alle caratteristiche del suo cervello, o, meglio, che la gente ha preso, in luogo delle cose, ciò che la sua immaginazione risentiva delle cose stesse. Per questo motivo non c’è da meravigliarsi (notiamo di passaggio anche questo) che tra gli umani siano sorte tutte le controversie filosofiche che conosciamo così bene, e che da esse sia infine uscito lo Scetticismo. Le strutture somaticopsichiche dei diversi umani sono simili in molti aspetti, ma sono dissimili in moltissimi altri: e per questo ciò che a uno pare buono, a un altro pare cattivo; quel che per uno è ordinato, per un altro è confuso; quel che a uno fa piacere, a un altro fa dispiacere. Potrei continuare, ma mi fermo qui, sia perché non è questa la sede per diffondersi su un tale argomento, sia perché tutti ne hanno fatto sufficiente esperienza: tutti infatti sanno che quante teste, tanti pareri; che ognuno stima d’aver giudizio anche più del necessario; che ci son tante differenze fra le idee quante fra i gusti: detti, questi, che mostrano a sufficienza come gli umani giudichino delle cose secondo la disposizione del loro cervello, e come le immaginino più che comprenderle. Se infatti gli umani le comprendessero mediante l’intelletto, le cose nella loro realtà ‐ come testimonia la Matematica ‐ potrebbero magari non attrarre tutti, ma almeno convincere tutti alla stessa maniera.»
      • Etica - Baruch Spinoza

La musica delle sfere o musica universale è un concetto filosofico dell’antichità che considerava l’universo come un enorme sistema dettato da proporzioni numeriche, i cui pianeti (Sole, Luna, Stelle) muovendosi, provocherebbero dei suoni, una specie di musica, non udibile dall’uomo, consistente in un’armonia perfetta, dettata da principi matematici.

Pitagora e i pitagorici Pitagora è il primo a cui questa teoria viene fatta risalire, anche se non è possibile distinguere chiaramente quali fossero, nell’insieme di dottrine e frammenti a noi pervenuti, appartenenti al pensiero di Pitagora e quali ai suoi discepoli: quasi sicuramente Pitagora non lasciò nulla di scritto, e la scuola che lui fondò era caratterizzata da una forte vita collettiva, le dottrine erano segrete e continuarono ad essere attribuite a Pitagora anche dopo la sua morte. Anche Aristotele descrive i pitagorici collettivamente. Inoltre, l’affermazione di Giamblico, che gli scritti dei primi pitagorici fino a Filolao sarebbero stati conservati come segreto della scuola, non vale se non come una prova del fatto che anche più tardi non si possedevano scritti autentici di pitagorici anteriori a Filolao.

L’immagine di Pitagora non è di un matematico, che ha offerto prove rigorose, o di uno scienziato, che ha condotto esperimenti per scoprire la natura del mondo naturale, ma piuttosto di qualcuno che vede un significato speciale e assegna uno speciale rilievo alle relazioni matematiche.

La dottrina fondamentale dei pitagorici è che la sostanza delle cose è il numero. Per numero si intende l’ordine misurabile del mondo, quindi il significato aritmetico e geometrico risultano fusi, ed espressi nella figura sacra, la tetraktys, per la quale i pitagorici avevano l’abitudine di giurare, e che rappresenta la successione aritmetica dei primi 4 numeri naturali, che geometricamente si poteva disporre nella forma di un triangolo equilatero di lato quattro. Questa piramide sintetizza il rapporto fondamentale tra le prime quattro cifre e la decade: 1+2+3+4=10.

Se il numero è sostanza delle cose, tutte le opposizioni delle cose vanno ricondotte a opposizioni di numeri. Ora l’opposizione delle cose rispetto all’ordine misurabile è quella di limite e illimitato: il limite, che rende possibile la misura e l’illimitato che la esclude. A questa opposizione corrisponde l’opposizione fondamentale dei numeri, pari e impari: l’impari corrisponde al limite, il pari all’illimitato. I pitagorici ritengono tuttavia che la lotta tra gli opposti sia conciliata da un principio d’armonia: e l’armonia, come fondamento e vincolo degli stessi opposti, costituisce per essi il significato ultimo delle cose. Come dappertutto c’è l’opposizione degli elementi, dappertutto c’è armonia, e allo stesso modo si può dire che tutto è numero o che tutto è armonia perché ogni numero è un’armonia dell’impari e del pari. La natura dell’armonia è poi rivelata dalla musica: i rapporti musicali esprimono nel modo più evidente la natura dell’armonia universale, e sono quindi assunti dai pitagorici come modello di tutte le armonie dell’universo.

Inoltre, Pitagora svolse delle ricerche per determinare i rapporti di intervalli nella musica, sulla lira e sul monocordo, e scoprì ad esempio, che fermando una corda a metà produceva un’ottava, ovvero un rapporto ½, e così dividendo la corda in varie lunghezze, gli intervalli di quarta, quinta, ecc. L’ottava, rapporto musicale di base, non tardò a divenire per i pitagorici un sinonimo del termine di armonia. La spiegazione di questo concetto, trasposto in ambito metafisico, consiste nel rapporto numerico che la esprime: l’unità rappresenta il limite, e il numero due l’illimitato, l’indeterminato, il quale si trova determinato perché contiene due volte la misura dell’unità. Il limite viene dunque raggiunto con la misura del numero due per mezzo dell’unità, ovvero stabilendo il rapporto ½ che costituisce il rapporto matematico dell’ottava.

L’acusmata riportato da Aristotele, e che può essere ricondotto a Pitagora, riferisce la seguente domanda e risposta: “Cos’è l’Oracolo di Delfi? E’ il tetraktys, che è l’armonia in cui le Sirene cantano.” (Giamblico, Sulla vita di Pitagora). In questa affermazione i quattro numeri sono identificati con una delle fonti primarie di saggezza del mondo greco: l’Oracolo di Delfi. Il tetraktys può essere collegato alla musica che le sirene cantano, in cui tutti i coefficienti corrispondenti agli accordi fondamentali nella musica (ottava, quinta e quarta) possono essere espressi come numero di coefficienti interi dei primi quattro numeri.

Pitagora vedeva quindi il cosmo come strutturato secondo dei numeri, con il tetraktys alla base di tutto, come forma di ogni sapienza. Il suo cosmo è stato anche permeato di significato morale, in conformità con le sue dottrine sulla sopravvivenza dell’anima dopo la morte e della sua trasmigrazione in altri corpi. Secondo questa teoria, che ritroviamo poi nei dialoghi platonici, il corpo è una prigione per l’anima, che vi è stata rinchiusa dalla divinità per punizione, e tornerà alla vita superiore del mondo incorporeo a cui appartiene, solo se si è purificata durante la vita corporea, altrimenti riprenderà dopo la morte la catena di trasmigrazioni.

Certamente, l’associazione tra il tetraktys e le sirene che cantano in armonia, suggerisce che ci potrebbe essere una musica cosmica.

Ecco così che nella teoria cosmologica dei pitagorici, il mondo, concepito come una sfera, al centro della quale c’è il fuoco originario, e intorno al quale si muovono dieci corpi celesti (il cielo delle stelle fisse, i cinque pianeti, il sole, la luna, la terra e l’antiterra), il movimento degli stessi, così come ogni corpo mosso velocemente, produce un suono musicale. Il movimento delle sfere produce una serie di toni musicali che formano nel loro complesso un’ottava. Gli uomini non percepiscono questi suoni, perché li hanno sentiti ininterrottamente dalla nascita o perché i loro orecchi non sono adatti a percepirli, o perché dovrebbe esserci il più assoluto silenzio su tutta la terra.

Platone Sembra in questo modo possibile una teoria platonica della musica. Così come la figura del geometra è l’immagine nella quale si riflette la forma intelligibile che la mente percepisce al suo interno, così la frase musicale è un’equazione matematica che si sviluppa nelle onde sonore.

La musica, dalla teoria pitagorica, diviene un suono aritmetico. Sembra, di tutte le arti, la più matematicamente rigorosa, più ancora che la bellezza di un bel corpo (che risveglia in noi, come la lezione di Diotima, il desiderio di immortalità), il che è forse meno riducibile ad una combinazione di forme geometriche. Concludendo l’analisi di fascino musicale che si sviluppa nel libro III della Repubblica , Socrate dice “Noi non sapremo riconoscere le immagini (eikones) delle lettere quando le vediamo riflesse nell’acqua o in specchi, se non avremo imparato a riconoscere le lettere stesse” Allo stesso modo, ciò implica che non sappiamo ascoltare la musica se non conosciamo le proporzioni ideali che si riflettono in essa. Così la musica del filosofo non è per se stessa, ma per l’ordine intelligibile, che si riflette in essa.

Ecco che ancora torniamo sul piano etico, passando per la musica. Infatti la frase pronunciata da Socrate, sul saper riconoscere le immagini, è inserita in un discorso sul mousikos. E ora, dopo questo concetto, ci aspettiamo che Socrate ci dica che il mousikos deve essere preparato a conoscere tutte le note che deve suonare, cioè il corrispettivo musicale delle lettere di un testo scritto, ma qui Platone ci fa una sorpresa: “Non saremmo mousikoi - dice Socrate - né noi, né quelli che abbiamo detto di voler educare perché diventino i difensori, finché non riconosceremo le forme della temperanza, del coraggio, della generosità, della magnanimità e di tutte le virtù sorelle, e dei loro opposti, in tutte le combinazioni che si presentano, e finché non percepiremo la presenza loro e delle loro immagini là dove si trovano, senza trascurarle, nelle piccole cose come nelle grandi, convinti che rientrino sempre nei domini della medesima competenza e disciplina”. Il mousikos non si distingue, dunque, per la sua abilità di riconoscere note e intervalli, ma Socrate con la parola mousikos intende un termine più ampio, metaforico per riferirsi a persone dotate di spiccate capacità di discernere nel campo dell’etica, tra virtù e vizi. In questo senso la musica presenta le immagini o imitazioni dei caratteri etici ai quali Socrate si riferisce.

Studiare la struttura dell’universo, per i pitagorici e Platone, partendo dalla concezione matematica dell’armonia, vi attribuisce sicuramente una base scientifica. E i pitagorici hanno identificato il concetto di “armonia” con la nozione di numero, e allo stesso modo, nel Filebo, si riconosce un fondamento metafisico al rapporto numerico.

La precisazione che va fatta, è che Platone analizza due diverse teorie musicali, l’una fondata sulla realtà tecnica dei musicisti e l’altra speculativa. Entrambe necessitano dei rapporti numerici per esistere, ma, se la prima è un’interpretazione empirica propria dei musicisti, la seconda è un’interpretazione matematica a priori (scienza di cui E. Franck vede in Archita il fondatore). Ed è a questa che Platone fa riferimento per la sua speculazione sui numeri ideali. Il fatto che i quattro numeri della tetraktys fossero contenuti nei rapporti che esprimono i tre accordi fondamentali dell’ottava, della quinta e della quarta induceva a credere che nella tetraktys fosse contenuta l’essenza dell’armonia musicale e che l’armonia universale consistesse nella grande tetraktys. I numeri ideali assoluti non sarebbero che i rapporti destinati ad esprimere gli accordi musicali assoluti e che si riconducono tutti all’armonia assoluta dei numeri.

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