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L’ITALIA E LA STRATEGIA DELLA TENSIONE. La strage di Brescia, sul fronte giudiziario, è anche peggio di Piazza Fontana. Qui dopo 38 anni non si è arrivati a nessuna verità giudiziaria. Chiediamo che sia data piena attuazione alla legge 124/2007 che regola il segreto di Stato.

BRESCIA, PIAZZA DELLA LOGGIA: UNA STRAGE INFINITA. Dall’amarissima ironia di Antonio Tabucchi del 2004, ai commenti (di Oreste Pivetta, Gianni Barbacetto, Elisabetta Reguitti, Carlo Lucarelli) di oggi, aprile 2012 - ac. di Federico La Sala

Due certezze per i familiari delle vittime della strage di Piazza della Loggia: non c’è nessun colpevole e dovranno pagare le spese processuali. Manlio Milani, presidente della Casa della memoria, non nasconde la sua profonda amarezza.
domenica 15 aprile 2012 di Federico La Sala
Cittadini di Brescia, è ora di dimenticare
di Antonio Tabucchi (l’Unità, 15.04.2012)
Questo è uno stralcio dell’articolo, dal tenore amaramente ironico, che Antonio Tabucchi scrisse su l’Unità del 28 maggio 2004 per i 30 anni della strage di Brescia.
Gentili cittadini di Brescia, capiamo il Vostro disappunto e consideriamo riprovevole che dopo tutti questi anni gli autori dell’incidente di Piazza della Loggia non siano stati ancora individuati. Consideriamo altresì riprovevole che siano (...)

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> BRESCIA, PIAZZA DELLA LOGGIA: UNA STRAGE INFINITA. ---- L’Italia è il Paese delle verità rubate (di Enrico Fierro - Dossier, tritolo e piani di golpe: il Paese delle verità rubate)

domenica 15 aprile 2012

Dossier, tritolo e piani di golpe: il Paese delle verità rubate

di Enrico Fierro (il Fatto, 15.04.2012)

L’Italia è il Paese delle verità rubate. Un Paese che non può, non deve, forse non vuole sapere quali forze, quali interessi, quali oscuri giochi internazionali, hanno avvelenato un ventennio della sua storia. Strategia della tensione, anni di piombo, la minaccia del golpe ogni volta che si affacciava la possibilità di una svolta politica. Anche ieri hanno rubato un pezzo di verità sulla strage di Brescia di 38 anni fa. Otto morti, oltre 100 feriti, l’indimenticabile foto in bianco e nero di un uomo in ginocchio piegato su una bandiera che copre i brandelli di un cadavere. Pochi quelli che si sono indignati finanche per lo sfregio finale ai familiari delle vittime. Avete perso, la legge è legge, avete voluto il processo, vi siete costituiti parte civile nella speranza di ottenere un briciolo di verità. Ora pagate.

Decine di migliaia di euro per una giustizia che dopo quattro decenni sventola la bandiera bianca della resa. Poveri italiani di quest’epoca smemorata, inariditi dall’assenza di un moderno Pasolini. Poeta dei suoi tempi ma con gli occhi e la testa nel futuro. “Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974.

Io so i nomi del "vertice" che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di "golpe", sia i neofascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli "ignoti" autori materiali delle stragi più recenti... Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi”. Perché le prove, gli indizi, i processi, non sono materia nella disponibilità di poeti e intellettuali, utili con i loro scritti a suscitare emozioni e aprire menti, ma di polizie e corti di giustizia. Sono loro che devono accertare verità e certificarle con sentenze definitive e inoppugnabili.

L’Italia è l’unico Paese al mondo che per anni, dal 1988 al 2001, ha avuto una Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi. Migliaia di files e volumi con il racconto tragico degli anni neri sono accatastati nei depositi di Palazzo San Macuto, milioni di ore di testimonianze dei protagonisti, ma anche una carrellata di ignobili non so, non ricordo, di omissioni che hanno coperto verità inconfessabili ancora quarant’anni dopo.

Un rosario lunghissimo di sangue, misteri e depistaggi: Peteano, 31 maggio 1972, eccidio dei carabinieri; Treno Italicus, 4 agosto 1974, 12 morti, 105 feriti; Ustica, 27 giugno 1980, 81 morti; Bologna 2 agosto 1980, 85 morti, 200 feriti; bomba al Rapido 904 alla vigilia di Natale del 1984, 15 morti e 267 feriti. Undici stragi ci consegna la cronaca di quegli anni, 150 morti, 652 feriti. Una guerra. Lo storico Aldo Giannuli ha dedicato anni della sua vita di studioso a scavare nei misteri italiani, e ogni volta si è trovato davanti ad archivi, soprattutto quelli dei servizi italiani, sbianchettati, depurati, devitalizzati.

Cosa stava accadendo a ridosso della strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, e soprattutto cosa doveva accadere dopo? Dopo la bomba, il terrore, l’indignazione, Milano e l’Italia spaccati in due, con i cortei di operai e studenti uniti nella lotta e le maggioranze silenziose pronte a chiedere legge e ordine. Il “golpe”, la sedizione di ambienti militari ed economici, come nella Grecia dei colonnelli. Oppure il pronunciamento militare solo minacciato, alitato sul collo di una classe politica imbelle. Dall’inchiesta del giudice Guido Salvini sono emersi significativi indizi su un colpo di Stato progettato tra il 14 e 15 dicembre 1969, a ridosso della Strage. Giannuli ha riannodato i fili che avvicinano la Strage milanese all’omicidio di Aldo Moro (avvenuto “solo” nove anni dopo), consegnandoci le riflessioni che il leader Dc affida ad uno dei suoi memoriali.

Quando la bomba scoppia a Piazza Fontana, Moro è a Parigi a un vertice europeo. Riceve numerose telefonate da Roma, in una di queste un suo amico gli consiglia, per incarico di dirigenti del Pci, di essere molto prudente nell’organizzare il suo rientro nella Capitale. Qualcosa poteva succedere.

In quegli anni chi cercava di ricostruire la verità finiva male. Sette mesi dopo la strage di Milano viene fatto deragliare il treno “Freccia del Sud” a Gioia Tauro, 6 morti e 54 feriti. Cinque giovani anarchici calabresi in un loro dossier destinato ad arricchire le pagine del libro “Strage di Stato”, collegano la bomba di Milano con quell’attentato. È il 26 settembre 1970, quando la loro auto diretta a Roma viene investita da un camion. Muoiono tutti. Il dossier sparisce. La loro storia è stata quasi dimenticata nel Paese delle verità rubate.


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