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Editorial

Auguri Benedetto! Compie 85 anni il pontefice della Chiesa cattolica. Il messaggio della Voce

L’ispirazione di Gioacchino da Fiore
martedì 17 aprile 2012 di Emiliano Morrone
Federico La Sala, il filosofo dei moniti permanenti, avversario del "nuovo realismo", instancabile dispensatore di consigli pubblici disinteressati, apologeta del web 1.0, amico della complessità e seguace dell’approccio multidisciplinare alla conoscenza, mi segnala che oggi è il compleanno del pontefice Benedetto XVI.
Me lo hanno ricordato pure i tg e la tv in generale, ho qualche difficoltà a rimembrare ogni ricorrenza.
Ora, trattandosi del compleanno del papa, il papa di noi tutti (...)

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> Auguri Benedetto! --- Non chiudiamo gli occhi, nè chiudiamo un occhio: apriamo gli occhi! Un’altra Terra è possibile. Aveva ragione Giordano Bruno: siamo circondati da infiniti mondi simili al nostro. (di Pietro Greco)

lunedì 16 aprile 2012

      • Eu-ropa ed Eu-angelo. Una Riforma cosmologica ...
        -  GIORDANO BRUNO, LE "TRE CORONE" E IL VANGELO ARMATO.
        -   Nuccio Ordine rilegge la grande opera di Bruno (e fa intravedere impensate connessioni con Dante, Boccaccio, Lessing e noi, tutti e tutte). Intervista di Maria Mantello


Gliese, Kepler e gli altri

Lassù nell’universo un’altra Terra è possibile

Aveva ragione Giordano Bruno: siamo circondati da infiniti mondi simili al nostro. È dal 1995 che gli astronomi scrutano oltre il sistema solare

Al 15 aprile 2012 ne sono stati scoperti 763. Compreso Gliese, a 23 anni luce da noi

di Pietro Greco (l’Unità, 16.04.2012) Il nome, Gliese 667C c, non è particolarmente evocativo. Ma è l’oggetto cosmico più simile alla Terra che l’uomo conosca. È grande quattro volte il nostro pianeta (ha una massa 4,54 volte quella terrestre, per la precisione), si trova a 23 anni luce da noi nella costellazione dello Scorpione e, come spiega un gruppo di ricercatori guidati da Guillem Anglada-Escud in un articolo pubblicato lo scorso mese di febbraio sull’Astrophysical Journal, è collocato al centro della «zona abitabile» di un sistema stellare multiplo (il Gliese 667), composto da ben tre stelle, due simili al nostro Sole.

Gliese 667C c, che ruota intorno a una delle tre stelle in appena 28 giorni, è la new entry e, nel medesimo tempo, la pietra (è il caso di dirlo) più preziosa dell’Habitable Exoplanets Catalog (HEC): il catalogo dei pianeti abitabili che il Planetary Habitability Laboratory (PHL) della University of Puerto Rico di Arecibo ha iniziato a stilare dallo scorso mese di dicembre. Tutto nasce nel 1995, quando gli astronomi, grazie a nuove e sofisticate tecnologie, danno per buona la scoperta del primo pianeta extra-solare, un oggetto più grande del nostro Giove, che orbita intorno alla stella 51 Pegasi. È la prima conferma empirica che aveva ragione Giordano Bruno quando affermava, mettendo a rischio la sua incolumità, che la Terra non ha nulla di speciale e che l’universo è pieno di «infiniti mondi» della «stessa specie» del nostro pianeta.

Da quel 1995 la ricerca di pianeti extra-solari è andata avanti. Alla data di ieri, 15 aprile 2012, ne sono stati scoperti con certezza ben 763.

La domanda, fin dal 1995, era se il Nolano avesse ragione fino in fondo. E se almeno alcuni degli «infiniti mondi» fossero in grado di ospitare, come la Terra, una qualche forma, più o meno evoluta, di vita. Così gli astronomi si sono concentrati nella ricerca di pianeti che fossero letteralmente, come sosteneva Bruno, della «stessa specie della Terra».

Impresa niente affatto banale. Perché bisogna definire con esattezza cos’è un pianeta «simile alla Terra». È anche per questo che oggi e fino al 20 aprile ad Atlanta, in Georgia, Stati Uniti, l’Astrobiology Institute della NASA organizza la sua «Astrobiology Science Conference 2012», in cui discuterà della ricerca della vita nello spazio, dedicando un’apposita sessione alla «Habitability Metrics for Astrobiology», ovvero agli strumenti per misurare l’«abitabilità» degli oggetti cosmici.

Un criterio rozzo ma ritenuto, per il momento, efficace è che per essere abitabile e, dunque, per poter ospitare forme di vita così come noi le conosciamo, l’oggetto cosmico debba trovarsi in una zona dello spazio definita «zona di abitabilità», compatibile con la presenza di acqua allo stato liquido. Questo criterio è stato ulteriormente affinato prendendo in considerazione altri parametri in modo da stabilire un indice di «Earth likeness», ovvero di somiglianza alla Terra in una scala che va da 0 a 1.

Se in questa scala - che proponiamo, modestamente, di ribattezzare «scala Giordano Bruno» - l’indice raggiunge almeno il valore di 0,80, l’oggetto cosmico è ritenuto «simile alla Terra» e dunque potenzialmente in grado di ospitare forme evolute di vita. Se raggiunge il valore di 0,70 il pianeta (o il satellite naturale di un pianeta) è ritenuto in grado di ospitare forme di vita semplice, come i nostri microbi.

In questa scala, per fare un esempio, il pianeta Marte raggiunge un valore di 0,66. Marte è un pianeta simile, ma non troppo, alla Terra e comunque ai limiti dell’abitabilità.

È sulla base di questo indice che, ad Arecibo, hanno studiato tutti i 763 pianeti extra-solari finora scoperti e hanno elaborato l’Habitable Exoplanets Catalog (HEC), il catalogo dei pianeti abitabili. Si tratta di un catalogo piuttosto magro. Contiene solo quattro pianeti che superano il valore di 0,70 nella scala di somiglianza alla Terra e solo due pianeti che superano il valore di 0,80 e sono classificabili come «simili alla Terra». La new entry, Gliese 667C c, raggiunge il valore di 0,85 e, dunque, è l’oggetto cosmico più «simile alla Terra» conosciuto.

Segue a ruota il pianeta Kepler 22b, che in circa 280 giorni compie un’orbita completa intorno a Kepler 22, una nana gialla (una stella un po’più piccola del Sole) che si trova a 610 anni luce da noi. Kepler 22b è piuttosto grosso (ha una massa 6,36 volte quella della Terra), ma raggiunge un valore di 0,81 nell’indice di somiglianza al nostro pianeta è, dunque (ma su questo dunque occorre discutere), è potenzialmente in grado di ospitare forme evolute di vita.

Nel catalogo figurano altri due pianeti - Hd 85512 b e Gliese 581 d - con un indice di somiglianza alla Terra superiore a 0,70 ma inferiore a 0,80. Il catalogo, almeno momentaneamente, si ferma qui. Sono solo 4, dunque, i pianeti extra-solari potenzialmente abitabili che abbiamo scoperto: lo 0,7% di tutti i pianeti extra-solari conosciuti.

Nel sistema solare abbiamo un pianeta abitabile, la Terra, su 8: il 12,5%. Come mai questa differenza? L’indice dei pianeti abitabili nel nostro sistema solare è una fluttuazione statistica oppure l’efficienza con cui, scrutando il cielo, riusciamo a individuare pianeti abitabili non è ancora significativa?

La domanda non ha, per ora risposta. Tuttavia ci sono alcune indicazioni. La sonda Kepler, inviata nello spazio dalla NASA per «battere» il firmamento con lo specifico scopo di individuare pianeti simili alla Terra nella «zona di abitabilità» dei sistemi stellari ha finora individuato 2321 pianeti extra-solari (elenco aggiornato allo scorso mese di febbraio). Si tratta di «pianeti candidati», la cui esistenza deve essere confermata. Ebbene, su questo grosso numero di pianeti quelli simili alla Terra localizzati in una zona di abitabilità sono 45: il 2,5%. Una percentuale un po’ più vicina a quella del sistema solare. È dunque probabile che i pianeti «della stessa specie della Terra» siano davvero molti nella nostra galassia. Secondo gli astronomi, sulla base delle attuali statistiche, potrebbero essere miliardi. Si tratta di pianeti potenzialmente abitabili. Siamo davvero in uno scenario bruniano.

Che, tuttavia, spalanca a due classi di domande. I pianeti potenzialmente abitabili lo sono poi davvero? E in che percentuale? E quando su un pianeta «della stessa specie della Terra» sboccia la vita?

La seconda classe di domande è concettualmente opposta: non è che, come il famoso ubriaco, stiamo cercando la chiave sotto il lampione perché solo qui c’è la luce? Chi ci dice che la nostra sia l’unica forma di vita possibile? Non è possibile che ci siano forme di vita diverse che preludono a «zone di abitabilità» affatto diverse?

Non abbiamo risposte a queste domande. Anche se ora, con lo sviluppo delle tecniche astronomiche, possiamo cercare le risposte. Ne vale la pena, non fosse altro per sapere se aveva ragione il grande biologo Jacques Monod quando sosteneva che «ora sappiamo di essere soli nell’immensità indifferente del cosmo», oppure ha ragione il medico che sa di matematica booleana, Stuart Kaufman, quando afferma che la vita è «a casa nell’universo».


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