Bianchi e Cacciari rilanciano la sfida evangelica: ama il prossimo tuo
di Giuseppe Cantarano (l’Unità, 17.05.2012)
MA PERCHÉ DOVREMMO AMARE IL NOSTRO PROSSIMO? NON HA FORSE CESSATO DI ESISTERE - COME CI HA SPIEGATO LO PSICANALISTA LUIGI ZOJA ( LA MORTE DEL PROSSIMO, EINAUDI, PP. 128, EURO 10,00 ) dopo la novecentesca «morte di Dio»? E poi, chi mai sarebbe il prossimo che dovremmo amare? Nostro fratello? L’Abele di cui Caino si rifiutò di essere il custode? Oppure lo straniero? Quello che si presenta con il volto scavato del povero? O con i vestiti sudici del migrante che ci chiede ospitalità?
Il priore di Bose, Enzo Bianchi, e Massimo Cacciari hanno provato a rispondere a questi interrogativi. Commentando il mandatum novum ( Ama il prossimo tuo, il Mulino, pagine 141, euro 12,00 ). Che recita: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e tutta la tua anima e tutte le tue forze e tutta la tua mente, e amerai il prossimo tuo come te stesso» (Lc 10,27 ). Un comandamento la cui effettiva applicabilità risulta da sempre molto difficile.
Ebbene, il prossimo che dovremmo amare - ci ricordano Bianchi e Cacciari - non è solo colui che ci sta vicino. Il nostro fratello, l’amico. Ma l’altro, chi è lontano, lo straniero. È questo l’inaudito insegnamento evangelico. Ma c’è di più. Perché le «scandalose» parole di Gesù non ci invitano soltanto ad amare chi ci è vicino e lo straniero. Ma addirittura chi ci è ostile. Cioè il nostro nemico: «Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni» (Mt 5,44 ).
LA PARABOLA DEL SAMARITANO
Nel prossimo, insomma, dobbiamo sempre vedere anche il nemico. Non solo perché l’inimicizia abita dentro ciascuno di noi. Ma perché ciascuno di noi pur nella comune Paternità celeste è inassimilabile all’altro. Come nella parabola del samaritano. Che soccorre l’uomo che trova mezzo morto ai bordi della strada. Facendosi lui stesso prossimo a quel sofferente. Ma poi se ne va. Torna sui suoi passi. Procede verso la sua strada.
Enzo Bianchi e Massimo Cacciari proponendoci questa forma di prossimità che deve mantenersi sempre straniera ci rilanciano la «rivoluzionaria» sfida evangelica. La sola in grado di liberarci da ogni egoistico possesso. Anche dal possesso più geloso, quello della nostra psyché. Per diventare - come San Francesco - davvero poveri. Poiché la povertà francescana - l’Altissima pauperitas - non è soltanto svuotarsi di qualche bene materiale. Il vero povero - scrive Cacciari ( Doppio ritratto. San Francesco in Dante e Giotto, Adelphi, pp. 86, euro 7,00 ) non si svuota solo per accogliere il Signore. Ma per accogliere l’altro, in tutti i suoi volti: «Farsi poveri significa liberarsi per poter perfettamente amare».
AMA IL PROSSIMO TUO, Enzo Bianchi e Massimo Cacciari pagine 141 euro 12,00 Il Mulino