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Sguardo a sud

Anche questo è Sud: una canzone di Rino Gaetano, crotoniate innamorato della terra

martedì 18 aprile 2006 di Vincenzo Tiano
Il cavallo con più rabbia galoppava fuori porta
e lasciava il suo ricordo nella nebbia
le persiane ormai serrate inventavano la notte
solo il fiume vomitava i suoi rifiuti
vacche stanche di muggire proponevano sbadigli
hanno ancora tanta nebbia da smaltire
è già l’ora è puntuale intrasento il suo profumo
sono già le otto ora legale
la troverò sopra il mare sulle labbra la potrò baciare
là arriverò quando è sera quando il sole tramonta in
riviera
vecchi gozzi alla deriva si (...)

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> Anche questo è Sud: una canzone ... No, qualcosa di più. “Ma il cielo è sempre più blu” è una bandiera di speranza (di Edvige Vitaliano).

domenica 31 maggio 2020

Una canzone? No, qualcosa di più.

“Ma il cielo è sempre più blu” è una bandiera di speranza

di EDVIGE VITALIANO (il Quotidiano del Sud, 31 MAG. 2020)

      • [Foto] Rino Gaetano

Ancora una volta è stato lui a fare un regalo a noi. Un dono impacchettato con i colori del cielo che ti vien voglia di alzare lo sguardo e continuare a credere che sognare si può. Anzi, si deve! Accade, ad esempio, quando “spari” il volume della radio al massimo perché in quel momento stanno mandando “Ma il cielo è sempre blu”.

Una canzone?

No, qualcosa di più. Un abbraccio a distanza anche in questi mesi chiusi nelle matrioske dei nostri pensieri in bilico. Mentre ascolti quelle note, tra nuvole e sole, si fa largo il sorriso malandrino di Rino Gaetano, quel suo sguardo così simile a un punto interrogativo; in quello sguardo, se ci cadi dentro, puoi trovarci anche l’inquietudine malinconica di chi sa quanto difficile sia guardare oltre, per restare anche dopo.

Aveva solo 31 anni Rino Gaetano quando, nella notte del due giugno del 1981, moriva in un incidente stradale sulla via Nomentana, a Roma. Una notte da schianto che - come il più atroce e beffardo dei dispetti - te la ritrovi davanti in uno dei suoi testi, quasi fosse una profezia: “La ballata di Renzo”, scritto più o meno dieci anni prima.

“[...] Quando Renzo morì, io ero al bar/ La strada molto lunga/ S’andò al san Camillo/ E lì non lo vollero per l’orario./ La strada tutta scura/ S’andò al san Giovanni/ E lì non lo accettarono per lo sciopero./ [...] Con l’alba,/ Le prime luci/ S’andò al Policlinico/ Ma lo respinsero perché mancava il vice Capo/ In alto, /C’era il sole/ Si disse che Renzo era morto/ Ma neanche al cimitero c’era posto. [...]”. Quel pezzo non fu mai pubblicato in un album. Rimase - forse, in fondo a un cassetto - cristallizzato nel tempo come la voce da ragazzo di Rino su un mangianastri. Come lui nelle foto, con la tuba in testa, in compagnia della chitarra o dell’amatissimo ukulele, con le maglie colorate, le sciarpe troppo lunghe, i jeans comodi, le medagliette appuntate sul bavero del frac sanremese.

Stralunato e imprevedibile, Rino era uno che sapeva giocare d’anticipo; ti prendeva in contropiede con le parole, l’ironia intelligente, le provocazioni, il dissenso, la poesia, la rabbia e l’irriverenza. Inafferrabile, fuori dagli schemi, c’era qualcosa che faceva somigliare il cantautore - nato a Crotone il 29 ottobre del 1950 e per sempre con la Calabria e il Sud nella valigia e nel cuore - ad un personaggio a tratti fiabesco che sapeva ridere anche di se stesso.

I suoi nonsense solo apparenti graffiano anche ora, a distanza di anni dalla morte. Così mentre ascolti “Sfiorivano le viole” - pezzo impregnato di salsedine e spiagge di silicio - e ti giunge il profumo intenso dei gigli di mare e di un amore sbocciato sotto il sole di un’estate furente, lui beffardo ti spiazza e racconta del marchese La Fayette che ritorna dall’America. Il gioco è fatto, senza banalità alcuna. Il tempo di soffiare via le nuvole e il viaggio continua nel tempo sospeso di “Ti ti ti ti”. Un pezzo costruito sognando una stella e un veliero. Ma Rino è anche quello di “Mio fratello è figlio unico” , di “Nuntereggae più” , di “Aida”, di “Ad esempio a me piace il Sud” , di “Escluso il cane”...

Ed è l’autore di “Ma il cielo è sempre più blu”, che in molti hanno cantato nell’Italia colpita alle spalle dal virus. Quel “corale” sui balconi intonato dai cuori feriti in cerca di una speranza, è diventato una bandiera senza appartenenze. Il pezzo è anche stato scelto in una speciale versione per una causa benefica - promossa da Amazon insieme ad AFI, FIMI e PMI - a favore della Croce Rossa Italiana. All’iniziativa hanno aderito oltre cinquanta nomi del panorama musicale italiano.

L’idea della cover collettiva, nata da una proposta di Franco Zanetti sul sito Rockol, è stata portata avanti da Takagi & Ketra e Dardust che hanno prodotto il pezzo con il mixaggio di Pinaxa. Com’è andata? Per avere la misura, basta ricordare i numeri nella prima settimana di uscita della cover collettiva - depositata col titolo di “Ma il cielo è sempre blu (Italianstars4life)” - riportati in diversi lanci d’agenzia lo scorso 16 maggio: al primo posto su iTunes per tutta la settimana; al quinto posto della classifica Fimi/Gfk dei singoli più venduti; in top ten tra i brani più suonati dalle radio italiane (la più alta nuova entrata della settimana nella classifica EarOne); 5,3 milioni di telespettatori su Rai Uno per l’anteprima video. La cover corale è accompagnata da un videoclip che ha già registrato un milione di visualizzazioni su Youtube, diretto “a distanza” da Mauro Russo, con l’editing di Marco Cataldo.

E allora ci piace immaginare Rino sorridere col cappello sul cuore. Un abbraccio a distanza tra nuvole e sole!


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