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RICERCA E MERAVIGLIA: AL SAN RAFFAELE, UNA GRANDE FESTA FILOSOFICA! IL "VECCHIO" PROBLEMA DEL PENSIERO DELLA COSTITUZIONE E DELLA COSTITUZIONE DEL PENSIERO E’ STATO RISOLTO !!!

ALL’OMBRA DELL’UOMO DELLA PROVVIDENZA: 2002-2012, DIECI ANNI DI FILOSOFIA AL "SAN RAFFAELE". Un "avviso a pagamento" di Massimo Cacciari, Edoardo Boncinelli, Elena Loewenthal, Alberto Martinelli, Angelo Panebianco, Giovanni Reale, Marco Santambrogio, Emanuele Severino, Vincenzo Vitiello - a c. di Federico La Sala

(...) ci sembra importante testimoniare come la tensione verso l’eccellenza che ha accompagnato fin dalla nascita la Facoltà di Filosofia sia tuttora viva e salda (...)
mercoledì 1 agosto 2012
[...] A maggior ragione ora che la situazione problematica attraversata dall’Ospedale San Raffaele si è risolta positivamente con l’arrivo di una nuova Proprietà interessata al suo rilancio e dopo che l’Università Vita-Salute è uscita indenne dalle difficoltà, grazie ai suoi bilanci in ordine e all’impegno di tutto il corpo docente, ci sembra importante testimoniare come la tensione verso l’eccellenza che ha accompagnato fin dalla nascita la Facoltà di Filosofia sia tuttora viva e salda, e (...)

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> ALL’OMBRA DELL’UOMO DELLA PROVVIDENZA --- Un fantasma s’aggira nel mondo odierno: "Prospettive hegeliane". Convegno svolto al San Raffaele di Milano

giovedì 29 maggio 2014


Un fantasma s’aggira nel mondo odierno. La filosofia hegeliana

Calare il pensiero del «Drago di Jena» nella contemporaneità

A Milano studiosi a convegno

di Giulio Goria e Giacomo Petrarca (l’Unità, 29.05.2014)

«NON SI FA FILOSOFIA COME SI STA IN PIEDI E SI CAMMINA». Cioè: non è da tutti. Senza dubbio oggi a parlare così s’incontra una generale derisione; o almeno l’incomprensione dei più. Giacché si capisce che un’espressione così lapidaria ed urticante stride con le comuni avvertenze adottate nell’agone democratico e liberale, quanto mai attento ad estendere il campo della pubblica discussione. Di ciò non v’è neppure più sorpresa. Quel che invece dovrebbe far nascere qualche sospetto in più è il fatto che il riso si diffonda anche nel cosiddetto circuito accademico; quello stesso circuito che, però, spesso si intesta la padronanza della filosofia. Con una differenza: che lì alla durezza della proposizione citata si accompagnerebbe la conoscenza della penna che l’ha scritta, quella di Hegel.

Ecco allora la tanto rischiosa impresa che ha riunito alcuni filosofi italiani presso l’università San Raffaele di Milano: prendere sul serio la lapidarietà dell’ammonimento hegeliano senza però farne argomento di sola tecnica accademica. Questo l’intento che questa settimana ha animato il convegno dedicato proprio «al drago di Jena», come il contemporaneo Schelling ebbe ad apostrofare Hegel.

Due giornate di studi in cui personalità di diversa provenienza ma accomunate tutte da indubbia originalità nel panorama filosofico italiano - Luca Illetterati, Massimo Adinolfi, Adriano Fabris, Gaetano Rametta, Massimo Donà, Vincenzo Vitiello - hanno dialogato con più giovani studiosi, dottorandi, ricercatori. Che sia stato un convegno tra esperti però non spiega affatto che si sia trattato di filosofia; con buona pace di chi vorrebbe ridurre al ristretto specialismo il senso delle parole hegeliane sopra citate.

Dove allora andare a cercarlo l’esercizio della filosofia, senza confonderne il fantasma con il corpo vivente? A sentire gli interventi della due giorni milanese si potrebbe abbozzare una risposta del genere: là dove c’è la fatica del pensiero per darsi collocazione nella realtà; e dunque, proprio nelle forme linguistiche, politiche e religiose che al mondo appartengono. «Prospettive hegeliane - che è il titolo del convegno milanese - allude dunque al modo in cui la filosofia, quella di ieri non più di quella di oggi, deve forse abitare il suo presente: portando la realtà in pensieri non meno che il pensiero nella molteplice e varia realtà; realtà che se risulta a portata di mano - o di quella mano inedita che sono le nostre protesi tecnologiche -, ad un tempo si dilegua e disperde in multiformi e sfuggevoli rivoli; tanti e tanto differenti sono gli alberi da render straordinariamente ardua la vista generale della foresta.

Sa la filosofia rimanere se stessa calandosi in queste impervie vie? Ha ancora uno sguardo sull’intero? Hegel viene in questione oggi perché il mondo sfugge al suo concetto:ma non è in questo modo richiesto, se non la si vuol far troppo facile, un pensiero di questo mondo, il che ci riporta nuovamente a Hegel e al suo bisogno di filosofia a partire dalle forme che il mondo assume? O la si mette così o non si fa che vuota retorica accademica rilanciando la domanda: «perché e come Hegel oggi?».

Insomma, né si confanno alla filosofia le prediche edificanti che vorrebbero rivolgersi al mondo appuntandogli una forma che dovrebbe - chissà poi per quale ragione - indossare. Né il discorso filosofico evita il rischio di mutare natura relegandosi alla dimensione accademica, per quanto inappuntabili possano essere i suoi risultati. In entrambi i casi cioè non cambia la sostanza: la filosofia ci farebbe - e troppo spesso oggi ci fa - la stessa figura di generale imbarazzo del bibliofilo protagonista del noto romanzo di Elias Canetti, Auto da fé, quando nel mondo si addentra: mondo senza testa o teste (accademiche) senza mondo?

Così le prospettive hegeliane cercate o almeno indicate nel convegno, ben prima di proporsi come un esito o una soluzione, sono la riproposizione di un gesto, di un esercizio, quello filosofico - antico quanto il proprio sorgere, dunque anche sempre nuovo; gesto che ponendo la domanda sul proprio tempo, sul proprio oggi, interroga anzitutto il senso del proprio interrogare, o meglio: la possibilità della propria interrogazione. Via stretta, forse, ma certo percorribile, per porsi in salvo - volendo restare nella metafora canettiana - dal rogo della propria biblioteca. Domanda, dunque, del pensiero sulle cose - anzitutto su quella peculiare cura per il mondo che è la filosofia stessa. Domanda vana, chiacchiera che annoia, e semmai solo insospettisce, la pratica scientifica? Forse sì.

Certo è che il convegno si sia svolto in un ateneo - il San Raffaele di Milano - segnato sin nelle viscere dalla vocazione verso le scienze mediche e non solo mediche. Che è un po’ come dire: talvolta alla filosofia riesce di prendere aria pura anche senza il soccorso del respiratore artificiale.


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