Il Papa: “No al feticismo del denaro e alla dittatura dell’economia”
di Andrea Tornielli (La Stampa, 17 maggio 2013)
«Il denaro deve servire, non governare!». Lo ha detto ieri il Papa ricevendo i nuovi ambasciatori di Kyrgyzstan, Antigua e Barbuda, Lussemburgo e Botswana, ai quali ha parlato delle radici della crisi finanziaria e del divario tra poveri e ricchi, caratterizzato dal «feticismo del denaro» e dalla «dittatura dell’economia», che considera l’essere umano «come un bene di consumo». Si tratta del più impegnativo discorso finora tenuto da Francesco sui temi sociali.
«La maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo - ha detto il Papa - continuano a vivere in una precarietà quotidiana con conseguenze funeste». Una delle cause di questa situazione, secondo Francesco, sta «nel rapporto che abbiamo con il denaro, nell’accettare il suo dominio su di noi e sulle nostre società». L’origine della la crisi finanziaria che stiamo attraversando ha «la sua prima origine», secondo il Papa, «in una profonda crisi antropologica», cioè nella «negazione del primato dell’uomo».
«Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata immagine nel feticismo del denaro e nella dittatura dell’economia senza volto né scopo realmente umano».
«Oggi l’essere umano - ha continuato - è considerato egli stesso come un bene di consumo che si può usare e poi gettare. Questa deriva si riscontra a livello individuale e sociale; e viene favorita!».
In questo contesto, ha spiegato ancora il Pontefice, la solidarietà «è spesso considerata controproducente, contraria alla razionalità finanziaria ed economica» e così «mentre il reddito di una minoranza cresce in maniera esponenziale, quello della maggioranza si indebolisce».
Uno squilibrio derivante, secondo Francesco, «da ideologie che promuovono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria, negando così il diritto di controllo agli Stati pur incaricati di provvedere al bene comune».
Questo processo, ha aggiunto il Papa, «instaura una nuova tirannia invisibile, a volte virtuale, che impone unilateralmente e senza rimedio possibile le sue leggi e le sue regole».
L’indebitamento e il credito allontanano i Paesi «dalla loro economia reale ed i cittadini dal loro potere d’acquisto reale». A ciò si aggiunge «una corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista» che hanno assunto «dimensioni mondiali».
Dietro questo atteggiamento si nasconde, ha affermato il Papa, «il rifiuto dell’etica, il rifiuto di Dio». Un Dio che è considerato «da questi finanzieri, economisti e politici» addirittura «pericoloso» perché chiama l’uomo «all’indipendenza da ogni genere di schiavitù».
Il Papa ha auspicato «una riforma finanziaria che sia etica e che produca a sua volta una riforma economica salutare per tutti». Una riforma che «richiederebbe un coraggioso cambiamento di atteggiamento dei dirigenti politici».
«Il denaro - ha concluso - deve servire e non governare! Il Papa ama tutti, ricchi e poveri; ma il Papa ha il dovere, in nome di Cristo, di ricordare al ricco che deve aiutare il povero, rispettarlo, promuoverlo».