Anne Soupa: “La Chiesa ha una visione distorta delle donne”
intervista a Anne Soupa,
a cura di Philippe Clanché
in “www.temoignagechretien.fr” del 4 ottobre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org)
Come è giunta ad interessarsi del problema dello status delle donne nella Bibbia?
È un problema a cui penso da molto tempo. Sono convinta che la Chiesa abbia una visione distorta delle donne e che sia necessario rettificarla. Ho voluto affrontare il problema partendo dalla Bibbia, perché non sopporto la manipolazione di cui sono oggetto le Scritture, semplicemente per giustificare scelte culturali che non hanno niente a che vedere con la fede.
E pensa che tutto derivi da un errore di interpretazione di un passo della Genesi?
Nei due racconti della Genesi della creazione dell’uomo, Dio crea prima l’ha’adam, fatto d’argilla, l’essere umano generico. Il commentatore maschio - perché storicamente è un uomo - , vi si è rispecchiato e si è appropriato di questo essere umano generico per dire che si trattava di lui. Quello è l’errore originale. I lettori medioevali ne hanno tratto la conclusione che la donna fosse una creazione seconda, nel tempo e per importanza, e soprattutto che fosse un aiuto per l’uomo. Ma se l’uomo maschio non esiste ancora, come potrebbe la donna essere il suo aiuto? Eppure, è proprio su questa lettura sbagliata di Genesi 2, 18-24 che si è basato il magistero cattolico. Non si tratta di un problema di vocabolario. La lingua tedesca, che pure dispone di due termini diversi (Mensch, l’essere umano, e Mann, l’uomo) conserva questa confusione... Bisognerebbe ormai compiere un percorso ufficiale per far sì che vengano distinti l’essere umano e l’uomo maschio.
E tuttavia, la creazione divina si struttura sulla differenza dei sessi?
Dio ha effettivamente creato la differenza dei sessi, ma il testo della Genesi non dà alcun contenuto oggettivo a questa differenza. Per ciascuno e ciascuna, essa sorge dall’esperienza. Dio non dice che la donna è frivola, seducente, segreta, regina della casa e che l’uomo è potente, razionale, inquisitore. Dio non ha creato né il femminile, né il maschile, che sono invece caratteristiche culturali.
In senso più ampio, come considera le donne l’Antico Testamento?
Certe donne sono vittime di violenze terribili, come la concubina del levita violentata fino alla morte. Ma la Bibbia denuncia tali atti. Non dimentica mai che la donna è creatura di Dio. Nel progetto biblico, le donne hanno un ruolo decisivo: dicono che Dio prospetta percorsi insospettati. Si scopre ora il contributo importante delle donne profetesse nella Bibbia. Naturalmente, come in ogni società patriarcale, le loro funzioni sono legate alla vita familiare.
Nel Vangelo, lei presenta un Gesù con caratteristiche “femminili” (non violenza, tenerezza, ascolto) e, allo stesso tempo, innamorato delle donne.
Gesù ha mandato all’aria i codici culturali della sua epoca. È stato libero rispetto al “maschile” del suo tempo. Ha ridato alle donne uno spazio. Ed è da uomo che le considera. Tutte le nostre relazioni umane sono caratterizzate dalla sessualità. In Gesù e nelle sue interlocutrici, c’è una innegabile parte di sessualità passiva. Inoltre, il desiderio di Dio, a partire dai profeti, viene evocato con la metafora delle nozze, della vita amorosa. Nulla di sorprendente che alcuni abbiano creduto di vedervi una relazione scandalosa tra Cristo e Maria Maddalena. È il campo d’azione della vita spirituale: è una relazione amorosa sublimata.
Femminile, maschile... il “genere” è un aspetto da tener presente della relazione con Dio?
I grandi spirituali hanno insistito sulla femminilità dell’anima che accoglie Dio. Ne hanno certo diritto: il femminile, come il maschile, appartengono a tutti. Ma in questo modo, in una società a dominanza maschile come quella del Medio Evo, si sono per di più arrogati il femminile. E, stando così le cose, ne hanno quasi privato le “vere” donne, che finiscono per non essere più necessarie! L’interpretazione del Cantico dei cantici mostra chiaramente questa “espropriazione”. La storia d’amore che racconta è stata intesa da quasi tutti i commentatori cristiani come un’immagine dell’amore tra l’essere umano e Dio. Ma così l’Amata del Cantico scompare in quanto vera donna, non è altro che l’icona di colui che desidera Dio.
Ed è proprio a partire dal Cantico dei Cantici che l’assimilazione tra l’Amata del testo e il popolo dei fedeli fa nascere l’espressione “Chiesa, sposa di Cristo”?
Sono soprattutto i profeti che hanno sviluppato questo tema del popolo-sposa di Dio (e Dio viene così mascolinizzato). E, sfruttando questo filone, anche i teologi, Paolo per primo, hanno sviluppato il tema della Chiesa sposa di Cristo. Ma quella che era solo un’immagine, ed anche una richiesta di maggiore fedeltà a Dio, è diventata una norma che regge i veri rapporti dei veri uomini e delle vere donne nella Chiesa. Ed è su questo che si basa la Chiesa per escludere le donne dal sacramento dell’ordine. Le donne, dice, non possono esprimere il Cristo sposo. Ecco come si fa di una metafora uno strumento di esclusione.
Nei primi secoli del cristianesimo, però, le donne esercitavano dei ministeri. Sotto un ritratto nella chiesa di Santa Prassede a Roma, si legge: Theodora episcopa(il vescovo Theodora). Perché lei situa la svolta al momento della riforma gregoriana (XI-XII secolo)?
La riforma gregoriana affida ai soli preti le tre funzioni tradizionali nella Chiesa: governare, insegnare, santificare. Le donne (come i laici uomini) ne sono quindi escluse, fino ad oggi. E inoltre, nel XIII secolo, la Chiesa inizia la guerra contro i preti sposati. Quella decisione suscita molte resistenze, che generano, in risposta, vere campagne di discredito nei confronti delle donne. Sermoni e rappresentazioni iconografiche associano la donna al serpente della Genesi, come sull’architrave della cattedrale di Autun, ad esempio. Allora, le donne occupano altri spazi. Come ogni popolazione minacciata che fugge verso le montagne o i deserti, le donne si rifugiano nel misticismo o nell’avventura coloniale, in Canada, ad esempio.
In quale momento la Chiesa ha creato la vocazione della donna-madre, della donna-ventre che si realizza innanzitutto nella maternità?
Questa concezione è antica, abbiamo visto che la Bibbia ne riconosce la nobiltà. Ma la maternità non dice tutto di un essere umano. Non definisce un’identità. Nel XX secolo, la promozione della donna nelle società civili ha obbligato Roma a prendere posizione. Ma il Vaticano si è limitata a riprendere il discorso delle società patriarcali, senza vedere che l’emancipazione femminile la chiamava ad un discorso nuovo. Tanto ha sostenuto un tempo la causa delle donne, altrettanto frena oggi la corrente di emancipazione che arriva fino a lei, senza dubbio perché non ci sono abbastanza donne al suo interno per aiutarla a prendere coscienza dell’importanza di questa liberazione. Ad esempio, Roma continua a prendere alla lettera la maledizione della Genesi: Dio moltiplicherà il dolore delle gravidanze della donna e l’uomo dovrà lavorare la terra col sudore della fronte. Per la donna, la maternità diventa ontologica per la donna. Ma agli uomini Roma non chiede di tornare ad essere agricoltori... Oggi siamo in una situazione “folle”: il Magistero parla al posto delle donne e non dà loro la parola. Si arroga il diritto di assegnare loro una vocazione specifica che non ha l’equivalente per i maschi.
Abbiamo parlato del rifiuto di Roma del presbiterato al femminile. Perché lei non ne fa un asse portante della sua richiesta?
Il ministero presbiterale è in crisi. Deve innanzitutto risolvere i suoi problemi. Ordinare delle donne non serve a niente se il quadro è sbilenco. Invece, è importante aprire alle donne la possibilità della predicazione e dell’assunzione di funzioni di responsabilità nella Chiesa. È urgente che si senta la loro voce. Essendo diretta solo dal clero, la Chiesa si priva di sangue nuovo. Si devitalizza.
Quale ruolo svolgono le femministe cattoliche?
Hanno riflettuto soprattutto sugli aspetti teologici ed ecclesiologici, in particolare sui ministeri. Una generazione di esegete comincia a pubblicare. Questo è bene, perché è a partire da una lettura nuova della Scrittura che le cose possono cambiare. Si può anche immaginare un sinodo delle donne, idea che propongo alla fine del mio libro. In tale circostanza potrebbero emergere delle mozioni specificamente femminili e, perché no, dei voti che uniscono uomini e donne. Ho lanciato l’idea, resto in attesa di che cosa ne pensa il pubblico. La questione delle donne è talmente scottante! Non si può restare in silenzio davanti ad una negazione così grave del messaggio evangelico.
Anne Soupa, Dieu aime-t-il les femmes?, Médiaspaul, p. 144, € 19
Biblista e militante
Anne Soupa ha studiato teologia all’Institut de pédagogie de l’Enseignement religieux (Iper) di Lione, poi nelle facoltà cattoliche di Lione e di Parigi. Ha lavorato come biblista, in particolare dirigendo la rivista Biblia presso la casa editrice Cerf. È diventata famosa come promotrice, insieme all’editrice e saggista Christine Pedotti, del Comité de la Jupe e della Conférence catholique des baptisé-e-s francophones, che hanno l’obiettivo di difendere la dignità delle donne e la dignità dei battezzati e delle battezzate. Insieme hanno raccontato queste avventure nel libro Les pieds dans le bénitier, Presses de la Renaissance, 2009.