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CAPITALISMO FINANZIARIO E TEOLOGIA "MAMMONICA": UN CIELO OSCURO SOPRA TUTTA LA TERRA. E’ un cielo gravido di nuvole impenetrabili sopra tutto ciò che sappiamo, un cielo in cui occasionali schiarite non sono mai una promessa.

ECONOMIA E SOCIETA’: LA FINANZA MODELLO AL QAEDA. Un’analisi di Furio Colombo - a c. di Federico La Sala

CIVILTA’ FINANZIARIA. Un fatto è evidente: il punto o i punti di ogni decisione sulla vita dei popoli e degli Stati sono stati del tutto sottratti al controllo della democrazia, benché la democrazia sia, in apparenza, intatta.
martedì 18 settembre 2012
[...] È COMINCIATA una nuova internazionalità del capitalismo che non ha più come centro un Paese e neppure una cultura (come quando si parlava con fondamento di disegni e politiche di multinazionali e di imperialismo), ma è una struttura schermata e indipendente che provvede, con espedienti sempre diversi, a un continuo, esorbitante prelievo globale, senza riguardi e senza privilegi [...]
Quando la finanza divora l’economia ...
IL CAPITALE FINANZIARIO (1909): LA CONTINUAZIONE DEL (...)

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> ECONOMIA E SOCIETA’: LA FINANZA MODELLO AL QAEDA. ---- LIBANO. La ’politica’ di Benedetto XVI e il discorso ’sparito’ del patriarca (di Giovanni Panettiere)

lunedì 17 settembre 2012

Il discorso ‘sparito’ del patriarca

di Giovanni Panettiere (Quotidiano.net, 16 settembre 2012)

«Il riconoscimento dello Stato palestinese è il bene più prezioso che il mondo arabo possa ottenere in tutte le sue confessioni cristiane e musulmane». Quelle parole non avrebbe dovuto pronunciarle, almeno non davanti al papa, ma, alla fine, il patriarca greco cattolico melchita di Damasco,

Gregorio Laham III - al vertice di una comunità di oltre 1,3 milioni di fedeli -, ha rotto gli indugi. Accogliendo l’altro giorno Benedetto XVI nella basilica di San Paolo ad Harissa, in Libano, dove il Santo Padre ha firmato l’esortazione apostolica post sinodale sul Medio Oriente, il presule si è lanciato in un pieno e convinto sostegno alla causa palestinese, spronando il pontefice a dare il via libera allo Stato arabo.

Per il patriarca «il riconoscimento potrà garantire la realizzazione degli orientamenti espressi in questa esortazione apostolica post-sinodale per la quale abbiamo manifestato la nostra più viva gratitudine. Preparerebbe la strada verso una vera primavera araba, una vera democrazia e una vera rivoluzione capace di cambiare il volto del mondo arabo e dare la pace alla Terra Santa, al vicino Oriente e al mondo».

Non è la prima volta che Laham III si sbilancia sulla questione palestinese. Solo due anni fa, nel corso del sinodo sul Medio Oriente, il patriarca tradì la sua simpatia per Ramallah, senza però incontrare il favore della maggioranza dei padri sinodali. Nei giorni scorsi, invece, sul sito ufficiale della visita del papa in Libano (www.lbpapalvisit.com), era stato pubblicato in anteprima il testo del saluto del presule a Benedetto XVI. L’intervento conteneva anche un richiamo esplicito alle vicende della Terra santa. Ma il messaggio in rete c’è rimasto solo qualche giorno: alla vigilia dell’arrivo di Ratzinger è stato espunto dal web. Censura vaticana?

«Il testo è stato rimosso semplicemente perché questo genere di interventi si pubblicano dopo che sono stati pronunciati», si è affrettato a dire il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi. Appena in tempo, dal momento che fonti vaticane avevano già manifestato una certa irritazione per l’anteprima dell’intervento di Laham III. «È solo la posizione personale del patriarca», avevano precisato alla stampa. In effetti, la tesi del melchita appare chiaramente in disaccordo con l’orientamento della diplomazia d’Oltre Tevere, più propensa ad attendere un intervento delle Nazioni unite che ad avanzare la prima mossa sul terreno minato del riconoscimento di uno Stato palestinese.

Tolto il discorso dal web, Laham III ha tenuto il suo discorso davanti al pontefice. Liberamente, o quasi. Rispetto alla versione pubblicata on-line, il saluto pronunciato ad Harissa è stato, infatti, ripulito dei riferimenti più problematici: via il passaggio sul riconoscimento dello Stato palestinese come «atto coraggioso di equità, di giustizia e di verità», omesso il rimando al Vaticano che, con il disco verde a Ramallah, finirebbe «per incoraggiare gli altri Stati europei e non solo a riconoscere la sovranità dello Stato palestinese». A questa revisione del testo si aggiunge il caso della ripubblicazione sul sito ufficiale del viaggio papale: nonostante siano trascorsi due giorni dalla sua pronuncia, dell’intervento non c’è traccia. Molto probabilmente, una volta che il papa sarà rientrato a Roma, la pagina verrà aggiornata per dare al pubblico un quadro d’insieme della tre giorni in Medio Oriente. Al momento nulla si muove.

Senz’altro Ratzinger avrebbe preferito omettere nella sua visita in Libano qualsiasi riferimento alla politica, specie quella israelo-palestinese dato il rapporto, non sempre facile, tra il Vaticano e Tel Aviv. Solo qualche settimana fa Israele aveva protestato con la Santa sede per la nomina del nuovo nunzio apostolico, mentre resta sempre aperta la questione della beatificazione di Pio XII.

Benedetto XVI, come è suo stile, avrebbe voluto dare un taglio esclusivamente pastorale alla sua tre giorni in Medioriente. Tuttavia, di fronte alle violente manifestazioni nel mondo islamico di questi giorni, c’’è da chiedersi se il richiamo alla Palestina del patriarca Laham III non sia stato, non solo inevitabile, ma anche utile per allentare le tensioni tra Occidente e musulmani.

Giovanni Panettiere


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