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ITALIA 2012. ELEZIONI REGIONALI

SICILIA SUPERSTAR: TUTTA L’ITALIA IN MOVIMENTO. Crocetta governatore, crolla il Pdl, Il Movimento 5 Stelle primo partito, alle urne solo il 47 per cento.

LA CAVALCATA DI GRILLO. Per il Movimento 5 Stelle è stata una vittoria (...) è oggi il primo partito dell’isola, in barba a vincitori (Pd) e vinti (Pdl).
martedì 30 ottobre 2012 di Federico La Sala
[...] I grandi sconfitti sono i partiti tradizionali. Non solo il Pdl, che ne subirà le più immediate conseguenze. Perché anche quelli che hanno vinto non sono usciti indenni (persino il Pd ha lasciato 5 punti sul campo) e perché tutti dovranno fare i conti con il forte segnale che arriva dall’astensionismo siciliano. Meno di un siciliano su due è andato a votare e Crocetta diventa governatore con il voto di circa il 15% dell’elettorato totale. Nemmeno Grillo è riuscito a incidere un blocco (...)

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> SICILIA SUPERSTAR: TUTTA L’ITALIA IN MOVIMENTO. --- «Quando si sbaglia nell’analisi, si sbaglia anche nell’orientamento politico»(di Michele Ciliberto - Rinnovamento e dispotismo) - “M5S e Idv arrivano al 25-30%” (di Carlo Tecce)

sabato 3 novembre 2012

Rinnovamento e dispotismo

di Michele Ciliberto (l’Unità, 3.11.2012)

«Quando si sbaglia nell’analisi, si sbaglia anche nell’orientamento politico», era solito raccomandare un autorevole politico italiano, ed è opportuno seguire questo suggerimento anche di fronte ai risultati delle elezioni siciliane e al successo del movimento 5 Stelle.

Cosa significa questo successo, cosa indica, di quali bisogni e richieste è effetto ed espressione?

Credo che esso sia un effetto della lunga crisi della democrazia italiana; da questo punto di vista non è sorprendente. In forme nuove, e con nuovi strumenti a cominciare dall’uso intelligente e spregiudicato della Rete esso sta riuscendo ad intercettare, e a dare voce, alla richiesta, diventata sempre più forte nel nostro Paese, di un profondo e radicale cambiamento della vita politica italiana. Una esigenza, acuitasi nel vivo della crisi sociale, e diventata impetuosa e incontenibile di fronte alla stagnazione e, per certi versi, alla decomposizione del sistema politico e dei partiti della seconda Repubblica, imperniato su una legge elettorale sciagurata, di cui non si misurerà mai a sufficienza il male che ha fatto alla nostra democrazia.

In questo senso il movimento di Grillo interpreta, e dà voce, a esigenze obiettive, reali, come il voto siciliano conferma: esprime i bisogni, e anche il violento risentimento dei «governati» che si contrappongono frontalmente ai «governanti» e alle modalità duramente e strettamente corporative della politica che essi incarnano.

Nasce, in sintesi, da una vera e propria crisi di legittimità della rappresentanza, a tutti i livelli, a cominciare da quella parlamentare. Certo, in questi ultimi mesi, il movimento si è giovato di un forte sostegno sia di parte della stampa che della televisione; ma sarebbe sbagliato non capire che i recenti successi hanno un lungo lavoro alle spalle. Così come sarebbe sciocco ridurlo in stereotipi reazionari, perfino di tipo fascista.

Il problema, assai grave ed inquietante, è un altro: ammodernato attraverso la Rete, il movimento 5 Stelle affonda le radici nella ideologia, anzi nella mitologia, della «democrazia diretta», e come tutti i movimenti di questo tipo sfocia in posizioni dispotiche e populistiche. Se non ce l’avessero spiegato i classici, basterebbe l’esperienza politica degli ultimi due secoli a mostrarci quanto sia profondo il nesso tra democrazia diretta e dispotismo.

Le dichiarazioni di Grillo sulla sua funzione di capo, le aperture a Di Pietro, il lessico maschilista che usa (e che si sta diffondendo, in modo riprovevole, anche fuori del suo movimento), la ricerca di performances sportive, il disprezzo verso i seguaci che non seguono il Verbo, sono capitoli di un libro conosciuto, assai noto. Altro che novità: se avrà successo, il movimento di Grillo, acutizzerà la crisi della democrazia italiana, e lo farà ed è questo il punto più grave dall’«interno» della democrazia stessa, muovendosi sul terreno democratico.

Ma se questa analisi è giusta, per le forze del cambiamento è necessario oggi porre al centro anzitutto la questione della democrazia, mettendo in campo tutte le trasformazioni e le novità necessarie per ristabilire un circuito di comunicazione tra «governanti» e «governati». È qui, lo dico senza enfasi, che si giocano il futuro e il destino della nostra Nazione.

È perciò assai apprezzabile l’insistenza con cui il segretario del Pd ha voluto che si tenessero le primarie, anche rinunciando a una rendita di posizione. Con tutti i loro rischi, e i loro limiti, sono uno strumento opportuno, in un momento così grave di crisi della rappresentanza, che tocca in modo diretto il nodo cruciale della stessa legittimità democratica. È solo in questo modo che si può cominciare a tagliare le radici di movimenti come quelli di Grillo e a spezzare il consenso che cresce intorno a loro, fino ad assorbire personaggi come Di Pietro, avviando, nel campo populista, un processo di semplificazione da non sottovalutare, per gli effetti che può avere sulla riorganizzazione del sistema politico italiano.

Ma, certo, le primarie non bastano, non possono bastare. Quella che appare sempre più chiara, e a questo fine le scadenze di questi mesi possono essere importanti, è la necessita di cominciare a mettere all’ordine del giorno, muovendo dalle esperienze in atto, la costruzione di un partito in grado di motivare, e organizzare in forme nuove, tutte le forze, tutte le energie, le aspirazioni, i bisogni di coloro che si riconoscono negli ideali dell’eguaglianza, della giustizia sociale, della libertà, superando antiche barriere e vecchi steccati. Sulle forze riformatrici italiane è pesata, a lungo, la maledizione della divisione, della contrapposizione, delle lotte intestine.

Oggi si può finalmente cambiare, aprire una pagina nuova: ce ne sono le basi, le condizioni. L’Italia è attraversata da un profondo bisogno di rinnovamento, da una fortissima esigenza di liberarsi da un passato pesante, dalla voglia di ricostituire l’orizzonte del futuro, uscendo, finalmente, da una stasi che umilia le migliori energie di un grande Paese. Pane per i denti di un moderno partito riformatore che voglia, e sappia, svolgere la sua funzione nazionale, dando voce a chi tace ma vuole parlare e farsi sentire; e che, se non trova interlocutori, o si chiude nel silenzio oppure si affida alle sirene del potere diretto, senza mediazioni, dispotico.

Se si vogliono ricostituire le basi della nostra democrazia, ridarle forza e legittimità, è anche di qui che bisogna passare.


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“M5S e Idv arrivano al 25-30%”

Opinione comune tra i sondaggisti: “Crescono a ogni errore degli altri

di Carlo Tecce (il Fatto, 03.11.2012)

Renato Mannheimer (Ispo) non è grillino.È un sondaggista, docente di analisi dell’opinione pubblica, che diffonde le sue rilevazioni a Porta a Porta e sul Corriere della Sera. È lui, proprio Mannheimer, che non fissa limiti: “Dove arriva il Movimento Cinque Stelle? Corre, corre fortissimo. Non può essere fermato, più sbagliano i partiti e più guadagna. Adesso è oltre il 20 per cento, con l’Italia dei Valori andrebbe al 25 almeno e il 30 - più o meno nei paraggi del Pd - non è un’illusione ottica”. Un po’ di pessimismo, professore: “Non potrei nemmeno dire, ecco, Beppe Grillo sbaglia con questa dichiarazione, distrugge con questa iniziativa, s’immobilizza con questa investitura: no, non posso dirlo”. E perché? Cos’è che la trattiene? “Una realtà in continuo movimento. L’autolesionismo dei partiti classici, a parte il Pd che regge bene il confronto interno. Gli elettori del Movimento sono giovani, istruiti, seguaci: non andranno via, non presto. La sorpresa, che ormai sorpresa non è, sarà certamente il M5S”.

In tempi non sospetti, ad agosto, Roberto Weber (Swg) ammoniva Pier Luigi Bersani: “Il Pd aspetti a cantare vittoria. La grande incognita è Beppe Grillo”. Weber, come se la passa l’incognita? “Una bellezza. Io calcolo una crescita di 0,75 al mese, e quanti ne mancano al voto? ”. Circa cinque. “Perfetto. Adesso siamo al 23, ci teniamo bassi? ”. Il giusto. “Ottimo. Oggi siamo al 27”. E domani? “Tanto, tantissimo. Il 30 non è un utopia”. E cos’è? “Le conseguenze di un disastro. I partiti che sommano errori a errori”. Pesiamo l’Italia dei Valori e Antonio Di Pietro. “Questo no, non mi interessa”. E perché? “Non aggiunge e non toglie nulla. Il M5S è autonomo. Tutti i flussi spiegano che l’Idv ha già donato abbastanza al Movimento. C’è un residuo di quattro o cinque punti che conserva Di Pietro, ma sono assolutamente marginali per chi va fortissimo e straripa ovunque”.

Nicola Piepoli risponde da Parigi: “Qui s’intercetta il futuro”. Professore, lo può rubare e impiantarlo in Italia? “Ce l’abbiamo il futuro. E lei l’avrà saputo”. Ci stupisca. “Il Movimento Cinque Stelle è un fenomeno incredibile. Io l’ammetto: mi sono sbagliato”. Apprezzata la sincerità, racconti. “Sì, allora. Comincio dal voto siciliano. Un attimo prima, il mio istituto dava il M5S tra il 15 e il 16 per cento”. Ci ha beccato, quasi. “Ma stiamo parlando di Sicilia, non si rende conto? Grillo è andato lì a nuoto. Ha riempito le piazze, ha sfidato i palazzi. Ed è riuscito a sfondare in un’isola difficile, ora lo vedo già superare la boa del 20”. Benedice il matrimonio con Di Pietro? “Perché mi chiede il permesso? ”. Non si preoccupi, un parere basta: “No, non capisce. Volevo dire che Grillo può fare qualsiasi cosa. Può inventarsi alleanze con chiunque, l’importante che non siano uomini e donne che ricordano la Casta. Lei forse l’avrà saputo, ma oltre il M5S c’è tanta nebbia. A Parigi, però, c’è un clima molto piacevole”.


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