Nella Chiesa un processo che non potrà essere arrestato, dice Liviana Gazzetta, autrice di “Virgo et Sacerdos”
di Maria Rosaria De Rosa (Il paese delle donne on line - rivista,15 Febbraio 2021
Partiamo dall’attualità in questo incontro con Liviana Gazzetta, studiosa di storia delle donne - si è occupata dei movimenti femminili nell’Italia contemporanea - e autrice del libro appena pubblicato Virgo et Sacerdos. Idee di sacerdozio femminile tra Ottocento e Novecento, Edizioni Storia e Letteratura, Roma 2020.
Per la prima volta una donna parteciperà al Sinodo dei Vescovi non solo con funzioni consultive ma anche con diritto di voto. Il 6 febbraio papa Francesco ha nominato sottosegretaria del Sinodo suor Nathalie Becquart, religiosa saveriana, già direttrice del Servizio Nazionale per l’Evangelizzazione dei giovani e per le vocazioni della Conferenza dei Vescovi di Francia. A gennaio, il Papa ha aperto anche formalmente alle donne, nella liturgia cattolica, il Lettorato e l’Accolitato. Infine, per la prima volta, c’è una sottosegretaria di Stato, Francesca di Giovanni. E numerose sono le nomine di laici e di donne laiche in posti chiave, ad esempio la nomina di sei docenti universitarie e manager della finanza nel Consiglio per l’Economia Vaticana.
Perdonami se aggiungo al tuo elenco di fatti innovativi anche questo dato, che non è promosso dalla gerarchia, ma mi pare di grande rilievo: nel maggio del 2020 si è avuta la candidatura simbolica della teologa e biblista francese Anne Soupa (fondatrice del “Comité de la Jupe”) al ruolo di arcivescovo di Lione. Poi non dimenticherei l’incisiva lettera “Chiesa, chiedici scusa” firmata da centinaia e centinaia di credenti a vario titolo.
Nel merito della tua domanda, credo che all’interno della chiesa cattolica si sia aperto un processo che non potrà essere arrestato. Un processo che dal punto di vista storico si può leggere anche come riflesso di processi più ampi di crescita della soggettività femminile da cui il mondo cattolico non si difende più, come un tempo, secondo la logica intransigentistica. Dal punto di vista spirituale, poi, direi che questo processo dipende anche dalla ricchezza della ricerca femminile aperta tra teologhe, religiose, donne delle comunità: mentre il femminismo cosiddetto laico, a mio avviso, conosce le secche del materialismo e di una sostanziale mancanza di orizzonti, dentro la chiesa c’è invece una dinamicità intensa, spesso connessa alla contraddizione di fondo tra le grandi finalità universali della fede e le disparità di fatto ancora esistenti tra uomini e donne. Mi pare che, tenendo conto di questo, Bergoglio stia tentando di aprire lentamente, ma progressivamente, la chiesa a questa ricchezza, come parte di un tentativo più generale di riforma delle strutture ecclesiali.
In modo sintetico, e forse un po’ provocatorio, si potrebbe dire un po’ tutto e un po’ niente. Dal punto di vista sostanziale è diventato palese che le motivazioni legate all’impedimentum sexus non reggono assolutamente più. Nello stesso tempo pesa tutta la millenaria tradizione, che per il mondo cattolico gioca un ruolo molto importante (a differenza delle chiese evangeliche); pesa la posizione del Magistero, in particolare di papa Giovanni Paolo II con la sua “Ordinatio sacerdotalis”, che è stata presentata come sintesi definitiva (naturalmente negativa) sulla questione; pesa soprattutto il fatto che buona parte del potere effettivo nella chiesa è ancora nelle mani di uomini: la maggior parte dei quali non ha mosso un passo verso la comprensione di queste realtà.
Quello che emerge dalla mia ricerca, così come da parallele ricerche di Claude Langlois, è che è esistita una domanda femminile di sacerdozio che si è espressa ben prima del Concilio Vaticano II, presente anche in personalità che pure accettavano in toto la dottrina della chiesa o che addirittura erano su posizioni di intransigente opposizione al mondo moderno. La loro non era infatti una rivendicazione di diritto al ministero ordinato, ma una dedizione totale di sé, una forte vocazione che non trovava riconoscimento. Queste personalità manifestavano una sofferenza sottile ma profonda per la misoginia e il disprezzo che il clero mostrava nei confronti della loro ricerca spirituale. Era quindi l’identificazione con la Vergine, unita a una riflessione sul suo ruolo nel sacerdozio universale di Cristo (per questo l’appellativo di Virgo sacerdos), che consentiva di esprimere quel bisogno non riconosciuto.
La mia tesi è che il femminismo ha influito storicamente su entrambi i piani in cui è stata avanzata la domanda di sacerdozio. Il femminismo ha influito chiaramente sui processi di crescita della soggettività femminile che sono all’origine del piano rivendicativo al sacerdozio; ma ha influito anche indirettamente sul piano della vocazione: costituendo uno stimolo a pensare nuovi e più autonomi modi di vivere la femminilità, il movimento femminista ha per riflesso innescato processi di crescita anche in quelle donne cattoliche che, opponendosi alla domanda di diritti e libertà, finivano per cercare nuovi percorsi oltre i modelli tradizionali.
Il culto alla Virgo sacerdos (su cui il S. Uffizio pose una sorta di pietra tombale agli inizi del ‘900) ha avuto aspetti di originalità anche perché associata a una ricerca iconografica per accreditare forme di rappresentazione, appunto, sacerdotale della Madonna: una Vergine potente, mediatrice tra Dio e l’umanità, vestita con la pianeta dei preti, una Vergine come non l’abbiamo praticamente mai vista raffigurata nelle nostre chiese. Aggiungo che quasi tutte le famiglie religiose femminili che sono nate o hanno sviluppato una spiritualità legata al sacerdozio di Cristo (e la mia ricerca su questo si può dire solo agli inizi) hanno mostrato una grande consapevolezza delle insufficienze del clero maschile nello svolgimento del proprio ruolo e un’insospettata capacità di rielaborazione della tradizione teologica in un modo più favorevole alle donne.
Vorrei però citare come altrettanto inaspettate le reazioni dei teologi del S. Uffizio alla devozione di cui stiamo parlando: reazioni che mostrano un fastidio, un’insofferenza, una misoginia così profonde da far pensare a quanto poco i valori del cristianesimo dovessero aver permeato le loro vite...