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MICHELANGELO E LA SISTINA (1512-2012). I PROFETI INSIEME ALLE SIBILLE PER LA CHIESA UN GROSSO PROBLEMA ....

DOPO 500 ANNI, PER IL CARDINALE RAVASI LA PRESENZA DELLE SIBILLE NELLA SISTINA E’ ANCORA L’ELEMENTO PIU’ CURIOSO. Materiali sul tema, per approfondimenti

mercoledì 7 novembre 2012 di Federico La Sala
TONDO DONI. Attenzione: nella cornice "raffigurate la testa di Cristo e quelle di quattro profeti" (Galleria degli Uffizi)? Ma, per Michelangelo, non sono due profeti e due sibille?!

In un bel documentario dal titolo «1512. La volta di Michelangelo nella Sistina compie 500 anni» mandato in onda, ieri, 31 ottobre 2012 (giorno dell’anniversario) su TV2000 alle ore 13.05 (e replicato alle 23.05) con Antonio Paolucci, Gianluigi (...)

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>LA PRESENZA DELLE SIBILLE NELLA SISTINA --- LA LUNGA ONDA DEL RINASCIMENTO: UNA "SVOLTA" STORIOGRAFICA. "I profeti nella Certosa di San Martino: il genio di Ribera attratto dalla magia di Napoli" (di Aurelio Musi).

venerdì 29 marzo 2024

SIBILLE E PROFETI NEL REGNO DI NAPOLI, NEL PRIMO SEICENTO.

ARTE, #STORIA, E #ANTROPOLOGIA: LA LUNGA ONDA DEL RINASCIMENTO.

      • Una recensione di Aurelio Musi di un libro che vale una "apocalittica" svolta storiografica:

I profeti nella Certosa di San Martino: il genio di Ribera attratto dalla magia di Napoli

di Aurelio Musi (Corriere della Sera, 27 marzo 2024)

In uno di quei minuscoli libretti, che hanno fatto la storia dell’editore Colonnese, può essere racchiuso un intero universo, una civiltà, il mondo di segni di un’epoca. José Vicente Quirante Rives, con “Dodici araldi grinzosi. I profeti di Ribera nella certosa di San Martino” (Colonnese ed.), dedicato alla memoria di Giuseppe Galasso, accompagna il lettore fra terra e cielo, fra l’umano e il divino, fra passione e luce: “perché non vi sarà più notte”.
-  Nei dodici profeti di Ribera c’è la realtà quotidiana e precaria, c’è la vita dei vecchi, c’è Caravaggio, c’è la solitudine del profeta, la certosa come imitazione del deserto. I profeti, messaggeri che portano sulla superficie dei loro volti le profonde rughe, sedimenti di vita e di sapienza, ricevono la visione da Dio, la traducono in parole. Quirante fantastica sui certosini che entrano nell’ampia navata, fanno l’esegesi delle immagini, osservano le profezie realizzate, le inseriscono in una fittissima rete di relazioni, distendono il tempo tra passato, presente e futuro. Sopra i dodici profeti di Ribera i dodici apostoli di Lanfranco con i loro nomi. Dodici più dodici ventiquattro come gli anziani dell’Apocalisse, come la somma dell’Antico e Nuovo Testamento.

“Solo chi si reca a Napoli e visita nel Duomo la cappella di San Gennaro, con lo splendido dipinto di Ribera vicino a opere del Domenichino e del Lanfranco, e poi sale alla Certosa, contempla nella cappella del Tesoro la profonda e monumentale Pietà, e vede nella chiesa la Comunione degli Apostoli e i profeti nella navata centrale, è in grado di percepire tutta la sapienza pittorica, la profondità emotiva, la solidità compositiva e la monumentalità di Ribera, che si presenta come uno dei grandi del suo tempo” (p. 23).

Lo spagnolo autore di questo aureo libretto è un vero innamorato di Napoli, della sua civiltà artistica, della sua anima aristocratica. E’ capace di scoprirne tesori nascosti e illuminare ulteriormente aspetti e personaggi noti o meno noti della sua ricchissima storia: anche per questi motivi Quirante, ex direttore del “Cervantes”, si è guadagnato la cittadinanza onoraria di Napoli.

Quirante scrive un capitolo su Gustaw Herling, “che passerà più della metà della sua vita a Napoli come José de Ribera. Entrambi si sposeranno e fonderanno una famiglia, entrambi intrappolati nella città feroce e seducente come la formica nell’ambra” (p. 47).

Ribera arriva a Napoli nel 1616. Insieme col Lanfranco opera alla Corte del viceré Monterey. Firma le sue opere come “español”, ma non vorrebbe tornare in patria. Ribera e Quirante: l’autore e, forse, il suo consapevole o inconsapevole doppio.

Federico La Sala


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