A 100 ANNI DALLA NASCITA DI DOSSETTI, BOLOGNA SETTE TROVA SOLO OMBRE. E DIMENTICA LE LUCI *
37011. BOLOGNA-ADISTA. Mentre si avvicina il centenario della nascita di don Giuseppe Dossetti, che cade il prossimo 13 febbraio, il settimanale della diocesi di Bologna ha deciso di ricordare il religioso sferrando quello che ha tutto il sapore di un attacco a testa bassa.
Il 30 dicembre scorso, sulle pagine di Bologna Sette, e con un occhiello in prima pagina, campeggiava infatti una lettera, datata 3 dicembre, del card. Giovanni Battista Re all’arcivescovo emerito di Bologna Giacomo Biffi (e recapitata alla redazione del settimanale da quest’ultimo) in cui l’ex prefetto per la Congregazione per i vescovi scrive di apprezzare le valutazioni di Biffi circa «le lacune e le anomalie della “teologia dossettiana”». Valutazioni che, se a qualcuno fosse sfuggita la seconda edizione del suo Memorie e digressioni di un italiano cardinale - uscita nel 2010 (v. Adista n. 93/10) - si possono agevolmente rintracciare nel pamphlet Don Giuseppe Dossetti. Nell’occasione di un centenario che il card. Biffi ha da poco dato alle stampe estrapolando dal precedente volume le pagine dedicate al collaboratore del card. Giacomo Lercaro.
Nella missiva Re afferma di condividere pienamente anche «le riserve» e le osservazioni riguardanti «il breve periodo in cui Dossetti fu segretario dei quattro Moderatori del Concilio, usurpando la competenza che il Regolamento attribuiva a monsignor Pericle Felici, Segretario generale del Concilio».
E infine assesta l’ultimo colpo: riferendosi alla causa di beatificazione di Paolo VI scrive che «nel capitolo della Positio riguardante la guida del Concilio da parte di Paolo VI, vi sono un paio di pagine dedicate a don Dossetti» nelle quali, prosegue il card. Re, «si dice esattamente quanto anche Vostra Eminenza afferma circa don Dossetti in quanto segretario dei quattro Moderatori».
A completare il quadro, le poche righe introduttive del settimanale diocesano che sottolinea come la breve lettera assuma, in virtù dell’autorevolezza del suo mittente, «il carattere di un documento che gli storici della Chiesa non potranno ignorare nella loro ricerca appassionata e sincera della verità».
A una settimana di distanza, sul numero datato 6 gennaio, Bologna Sette fa una parziale marcia indietro a seguito delle «numerose reazioni tra i lettori». «La diocesi di Bologna non ha mai intentato processi ai suoi arcivescovi o ai loro più stretti collaboratori nel governo e non intende cominciare adesso», vi si legge. «Pur sperimentando nel vivo luci e ombre di cui ogni persona è portatrice, ha custodito le luci e trascurato le ombre». «Se a qualcuno è sembrato che il nostro settimanale sia venuto meno alle esigenze della carità, ce ne scusiamo sinceramente, senza voler ribadire che non era nostra intenzione recar turbamento alla Chiesa o offendere la memoria di don Giuseppe».
Tra le missive giunte in redazione, il settimanale pubblica (oltre a quella di Mario Boldrini, «semplice fedele appartenente alla Chiesa di Bologna», e dando conto che lettere di analogo contenuto sono giunte da don Francesco Cuppini, don Alessandro Marchesini, Giancarlo Pellegrini, Francesco Pellegrini, don Paolo Tasini) quella di don Athos Righi, superiore della Piccola famiglia dell’Annunziata, la comunità monastica fondata da Dossetti. «Avendo passato la mia vita fin dalla prima giovinezza a fianco di don Giuseppe Dossetti - scrive don Righi -, conoscendone la fede e avendomi lui trasmesso tutto il suo amore per la Chiesa, non posso nascondere il mio dolore per la lettera del cardinal Re al cardinale Biffi da voi recentemente pubblicata». «Si possono certamente avere molte opinioni su don Giuseppe Dossetti - prosegue - ma il contenuto della lettera e anche le righe di presentazione aprono un argomento che richiederebbe un confronto serio sui dati storici».
«Scuse dovute per le cattiverie sorprendenti pubblicate nel numero precedente», commenta, su Il Mulino, uno dei fondatori della rivista e dell’omonima associazione, Luigi Pedrazzi: «Pur cautissime, quelle scuse sono state un vero e sorprendente regalo ai lettori, almeno a quelli che desidererebbero un giornale del tutto normale. Mentre normale in molti non lo giudichiamo, a causa dell’abitudine, spesso imperante, di criticare pensieri e aspetti della figura di Dossetti mai sottoponendo tali critiche al confronto di giudizi diversi, motivati, come sarebbe possibile, con competenza e cortesia». «Come si fa a non vedere - si chiede Pedrazzi - che uno “zelo” così male inteso danneggia e riduce non poco l’immagine concreta della nostra Chiesa, di fatto ostile e insensibile a un’attenzione a Dossetti, qui a lungo presente e non per breve tempo?».
«Il problema di don Giuseppe è che egli è terribilmente vivo!», ha commentato dalla sua rubrica sulle pagine del Resto del Carlino (6/1), don Giovanni Nicolini, sacerdote di Bologna: «I suoi amici si possono ormai canonizzare, ma lui deve essere almeno del tutto censurato, e magari pure aggredito. Dunque, anche se non è bello, si capisce da questo quanto lui sia vivo e quindi, per qualcuno, anche molti ingombrante». «Che poi tutto avvenga proprio nella ricorrenza dei cinquant’anni del Concilio è significativo - ha proseguito - e mostra come molte persone, anche e soprattutto della Chiesa, non riescano a cogliere e ad accogliere il gran dono che Dossetti è stato per il Concilio. Ma il vero problema non è tanto che non gli piace Dossetti, quanto che non gli piace il Concilio. E quindi il grande regalo che per il Concilio è stato il lavoro umile e sapiente di Dossetti, a servizio del cardinale Lercaro, della nostra Chiesa di Bologna e della Chiesa Universale». (ingrid colanicchia)
*Adista Notizie, n. 3, 26/01/2013