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EVANGELO, COSTITUZIONE, e NOTTE DELLA CHIESA CATTOLICA E DELLA REPUBBLICA ITALIANA ...

LA COSTITUZIONE, LA CARITA’, E IL "LIEVITO" DEI CATTOLICI. Una riflessione di Romano Prodi, con una premessa di Federico La Sala

(...) quanto sta avvenendo in questi giorni all’interno del mondo cattolico è certamente un’occasione per una riflessione necessaria e positiva per tutti gli italiani.
mercoledì 16 gennaio 2013
[...] La collocazione dei cattolici militanti in diverse caselle politiche (evento che ritengo importante e positivo per la storia religiosa e politica italiana) è apparsa come un fatto scontato, quasi ovvio. Come se gli avvenimenti degli ultimi anni avessero silenziosamente insegnato quanto siano delicate e non sempre positive le conseguenze di una stretta alleanza della Chiesa con un singolo leader o con uno specifico partito politico, pur nobile o corretto che esso sia [...]
COSA (...)

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> LA COSTITUZIONE, LA CARITA’, E IL "LIEVITO" DEI CATTOLICI. --- Prodi, i cattolici e il lievito della società (di Domenico Rosati)

martedì 15 gennaio 2013

Prodi, i cattolici e il lievito della società

di Domenico Rosati (l’Unità 15 gennaio 2013)

Se ci fosse una logica nelle cose, l’articolo di Romano Prodi sul Corriere della Sera (la politica e «il lievito» dei cattolici) , oltre ad essere un’esauriente ed autorevole testimonianza sui fatti e le tendenze che hanno attraversato il mondo dei fedeli negli ultimi vent’anni, sarebbe un’eccellente traccia di lavoro per il Consiglio permanente della Cei fissato per fine di gennaio.

Potrebbe accadere se in ambito ecclesiastico ci fosse l’abitudine di tener conto delle esperienze maturate sul campo non solo per giudicare gli errori altrui ma anche per riconoscere i propri; e soprattutto per non ripeterli.

In ogni caso l’articolo offre spunti quanto mai pertinenti per aprire un confronto plausibile sul futuro dei cattolici nell’organizzazione della comunità nazionale italiana. Partendo non dalla proclamazione identitaria o dalla teorizzazione di un generico pluralismo ma dal dato empirico, ormai conclamato e documentato (e non più censurato) della «collocazione dei cattolici militanti in diverse caselle politiche»; un evento giudicato «importante e positivo per la storia religiosa e politica italiana».

A questo approdo si è giunti - Prodi ha più d’ogni altro i titoli per affermarlo e lo fa con apprezzabile discrezione - attraverso il fallimento dei tentativi volti, nel tempo, a rianimare una «presenza» tendenzialmente univoca se non unitaria, e comunque politicamente incisiva, con il simultaneo contrasto delle tendenze più aperte al dialogo e col favore accordato a chi, partito o personaggio, si mostrasse meglio disposto alle istanze cattoliche in ogni campo, spesso utilizzando quell’appartenenza come rendita di posizione o tagliando d’ingresso.

L’ultimo episodio registrato è quello della mancata intronizzazione del candidato Monti ad opera dei movimenti del cattolicesimo militante, i cui esponenti, lungi dal convergere, o si sono chiamati (o sono rimasti) fuori dal giuoco o si sono legittimamente disposti nelle diverse caselle dello scacchiere secondo valutazioni di opportunità politica e/o personale.

La questione che si pone è se tale situazione di pluralismo debba essere ancora e sempre vissuta come una menomazione dell’unità o se non sia il caso di valutare, finalmente, l’opportunità che essa offre di far agire un’ispirazione cristiana non integralistica all’interno delle diverse appartenenze.

Il concetto evangelico di «lievito della pasta» ha avuto grande vigore nell’esperienza cattolica italiana anche prima del Concilio e si è tradotto in molteplici e spesso contrastate iniziative di ricerca comune con interlocutori diversi, intesi come «gli uomini di buona volontà». Il fine perseguito non era la cristianizzazione della società ma l’umanizzazione della vita.

Tuttavia la nostalgia dell’unità non solo religiosa ma anche culturale e politica ha finora avuto un’oggettiva prevalenza nell’atteggiamento della gerarchia e nella sempre più evidente passività del laicato organizzato che ha smarrito a poco a poco la capacità (e la voglia) di esplorare in autonomia le vie del mondo su cui far procedere lo stesso magistero.

In queste condizioni è tutt’altro che agevole - per citare ancora Prodi - l’esercizio del «dovere» di «cercare di essere, seguendo la propria coscienza e i principi elementari del Vangelo, il lievito di una società sempre più secolarizzata, pluralistica e perciò sempre più bisognosa di un positivo fermento sviluppato dall’interno».

C’è qui un obiettivo di coesione nazionale che riguarda tutti. E c’è anche un tracciato in qualche modo obbligato sul quale istradare le energie necessarie, a partire dal rispetto di quei valori fondanti che per ogni cittadino italiano sono inscritti nella Costituzione della Repubblica.

Si è chiesto ultimamente il professor Giorgio Campanini sulla rivista dei gesuiti «Aggiornamenti Sociali»: «che cosa sono i valori o principi non negoziabili se non quelli che la Costituzione italiana, elaborata e votata con l’apporto determinante dei cattolici, chiama Principi fondamentali»?

È dunque ponendosi sul terreno della Costituzione che possono realizzarsi le sintesi (le mediazioni) necessarie per organizzare la società secondo le coordinate di un bene comune che raccordi la libertà dei singoli con un disegno di equità e di uguaglianza.

Purtroppo anche sulla considerazione della Costituzione come riferimento generale e univoco c’è stata nel tempo una pesante regressione culturale e politica. Per molti oggi è un orpello quando non un peso, specie nelle parti più influenzate dal pensiero «riformista» (socialista e cattolico); ed è proponendo gerarchie di valori slegati dalla Costituzione, che siano estranei o sovraordinati ad essa, che si alimentano suggestioni ideologiche e antipolitiche se non eversive.

L’errore più grave sarebbe comunque quello di leggere le osservazioni che precedono come legate alla contingenza elettorale e con essa destinate a cadere. Il lavoro è ben più vasto, impegnativo e durevole: esige una mobilitazione di energie intellettuali e morali tale da realizzare un’autentica mutazione nel modo di concepire e praticare la politica. Se ne dovrà riparlare.


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