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ALL’ALTEZZA DELLA DIGNITA’ DELL’ITALIA. CAMERA CON VISTA LUNGHISSIMA - SUL PIANETA

NUOVO PARLAMENTO. Il testo del discorso di Laura Boldrini, neopresidente della Camera

Questo è un Parlamento largamente rinnovato. Scrolliamoci di dosso ogni indugio, nel dare piena dignità alla nostra istituzione che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica.
sabato 16 marzo 2013 di Federico La Sala
Il testo del discorso di insediamento di Laura Boldrini
Le parole della neopresidente in aula *
Care deputate e cari deputati,
permettetemi di esprimere il mio più sentito ringraziamento per l’alto onore e responsabilità che comporta il compito di presiedere i lavori di questa assemblea.
Vorrei innanzitutto rivolgere il saluto rispettoso e riconoscente di tutta l’assemblea e mio personale al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che è custode rigoroso dell’unità del Paese e dei (...)

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> NUOVO PARLAMENTO. --- Pietro Grasso presidente del Senato. La sfida della legalità dell’erede di Falcone (di Claudia Fusani).

domenica 17 marzo 2013


-  La sfida della legalità dell’erede di Falcone

-  Sedici applausi, non di Pdl e Lega, eletto dopo 44 anni in magistratura
-  Cita la vedova Schifani ai funerali di Falcone: «Uomini di mafia che siete qua dentro, io vi perdono ma voi dovete cambiare»

-  di Claudia Fusani (l’Unità, 17.03.2013)

Sono le parole che ha tenuto per ultime nel discorso di insediamento. Ma gli hanno martellato in testa dalla mattina. «Fatti forza ragazzo, vai avanti a schiena dritta e a testa alta e segui sempre la voce della coscienza» gli disse Antonino Caponnetto, il capo dell’ufficio istruzione della procura di Palermo, la mattina del 10 febbraio 1886 quando, giudice a latere di soli 41 anni, aprì il primo maxi processo contro 475 boss di Cosa Nostra.

E la scorsa notte, quando Bersani lo ha chiamato per dire che sarebbe toccato a lui l’ultimo miglio della corsa più difficile, prima di accettare ha pensato a lungo ad un altro bivio della sua vita, quando a 39 anni divenne giudice a latere del maxiprocesso perchè a Palermo non c’erano giudici disponibili. Lo fece allora. Lo ha fatto adesso. Abituato ai veleni e alle correnti del palazzo di giustizia di Palermo, cosa mai di diverso sarebbe potuto succedere al Senato?

Pietro Grasso presidente del Senato prende la parola tra gli applausi il primo avversarioa stringergli la mano è stato il predecessore Renato Schifanialle sette di sera, parla per 25 minuti in un’aula non pienissima ma che lo ascolta (anche Berlusconi in prima fila) e lo osserva come «una soluzione»; un problema in più, invece, per chi fa già i conti di quando si tornerà a votare.

Venticinque minuti, sedici applausi, 44 anni di vita in magistratura che gli scorrono davanti, immagini, parole paure. Miguel Gotor è stato spesso accanto a lui in mattinata e poi nel ballottaggio del pomeriggio, quello tra lui e Schifani, tra l’antimafia e l’avvocato a lungo indagato per possibili collisioni con qualche boss. Computer alla mano entrambi, forse suggerimenti per il probabile discorso di insediamento. Che poi però è arrivato «seguendo il cuore» come gli diceva Caponnetto.

Il primo saluto va «ai cittadini che seguono questi lavori con apprensione e speranze e hanno bisogno di risposte rapide e ufficiali». E allora alza gli occhi in alto, verso il soffitto e racconta: «Da quando sono entrato in quest’aula mi è venuto naturale alzare gli occhi al soffitto e ho scoperto che vi sono scritti i quattro concetti-guida della mia vita, Fortezza, concordia giustizia diritto». Molti veterani alzano il capo. Si vede che non ci avevano mai fatto caso.

Parla alle famiglie, ai figli, ai disoccupati, alle forze dell’ordine e alla magistratura, alle vittime di mafia che «questa mattina sono state elencate una ad una a Firenze durante la manifestazione di Libera. Mi spiace non esserci andato». Una vita dedicata alla ricerca della verità e della giustizia, «e con lo stesso spirito di servizio affronto oggi questo nuovo e imprevisto incarico».

Vorrebbe salutare tutti gli amici a cui deve qualcosa, «ma non cito nessuno perchè sarebbero troppi». Non può però non sceglierne una, Rosaria Schifani, la vedova dell’agente di scorta di Falcone. «Chiedo che venga fatta giustizia, adesso» urlò ai funerali.«Mi rivolgo agli uomini della mafia, perchè ci sono e sono qua dentro, chiedete perdono, io vi perdono, ma voi non lo farete mai». In aula cala un silenzio surreale.

Non è stata la giornata più lunga per Pietro Grasso. Neppure quella più difficile. Ne ha viste ben altre: il tritolo, anche quello diretto a lui; il corpo dei colleghi dilaniati dalle bombe;certi interrogatori, come quello del boss Gaspare Spatuzza, che avrebbe riscritto le indagini di mafia degli ultimi vent’anni e scoperto collusioni negli apparati che mai avrebbe voluto scoprire.

«Non si dice nulla perchè porta male» dice in un corridoio di palazzo Madama alle due e mezzo del pomeriggio. Il candidato presidente del Senato è scortato dai commessi. Ma «il procuratore» perchè questo resterà sempre sfodera il suo sorriso di sempre, quando stringe gli occhi che guardano dritti. I politici non guardano così. Si vede che lui non lo è. Assomiglia, quel sorriso, a quello di uno dei suoi più cari amici, Giovanni Falcone. È amaro e dolce allo stesso tempo. È il sorriso di chi conosce le sfide e non le teme. Ma la politica è un’altra storia rispetto alla procura di Palermo, ai maxi processi di mafia, agli uffici di via Giulia, la sede della procura antimafia che ha diretto per otto anni.

Fino al 27 dicembre scorso quando Bersani lo ha convinto. «Ci sono giorni in cui ancora non mi rendo bene conto di cosa sto facendo» diceva in campagna elettorale, un lungo viaggio nei quartieri di Roma più difficili come Tor Bella Monaca, di Napoli, nella Milano delle cosche della ’ndrangheta, nella sua Palermo. Un viaggio entusiasmante quello pre elettorale. Il miracolo è stato vedere come un uomo abituato all’analisi e non certo agli slogan, abbia potuto farsi ascoltare dalle persone. Non aveva promesse da fare. Ha spiegato, numeri alla mano, perchè la ripartenza inizia dalla lotta all’economia illegale, quella figlia della corruzione, delle mafie, dell’evasione fiscale.

In aula ha scelto l’ultimo posto, nell’ultimo angolo in alto a destra. Per osservare tutti meglio, in silenzio e neglio occhi. A cominciare dai grillini che infatti gli hanno dato più di dieci voti (137 contro, 15 voti in più del previsto, contro i 117 di Schifani). Se esiste un candidato grillino qua dentro, questo si chiama Pietro Grasso. Alla fine l’hanno capito anche loro. Grasso, da lassù, ha osservato bene anche i montiani rimasti però inchiodati ia scelte miopi di pura bottega.

«Questo è il maxi processo, te la senti» gli disse Falcone nell’84 facendolo entrare nell’aula bunker con migliaia di fascicoli. Grasso sorrise ed entrò. Lo ha fatto anche ieri.


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