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PAPA FRANCESCO, L’ANELLO D’ORO O D’ARGENTO E’ LO STESSO: SEGUA L’ESEMPIO DI GIOVANNI XXIII E GIOVANNI PAOLO II. Lo restituisca a san Giuseppe - Auguri di buon-inizio da "la Voce di Fiore"

L’anello del pescatore scelto da Papa Bergoglio (...) è in argento dorato.
martedì 19 marzo 2013 di Federico La Sala
PAPA FRANCESCO
Roma crocevia del mondo:
domani la Messa d’inizio pontificato
Domani, nella Solennità di san Giuseppe, Sposo della Beata Vergine Maria, alle 9.30, papa Francesco celebrerà la Messa sul sagrato della Basilica di San Pietro per l’inizio del suo ministero petrino.

PAPA FRANCESCO / I SIMBOLI ​
Conservato il motto,
l’anello sarà d’argento *
La celebrazione di domani partirà dalla tomba di San Pietro, dove ci (...)

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> PAPA FRANCESCO, D’ORO O D’ARGENTO E’ LO STESSO ---- Il manifesto del Papa: no al dio denaro (di Franca Giansoldati)

mercoledì 27 novembre 2013

Il manifesto del Papa: no al dio denaro

di Franca Giansoldati (Il Messaggero, 27 novembre 2013)

La road map di Bergoglio è racchiusa in 214 pagine, un manifesto programmatico di sette punti. E’ la rivoluzione gentile della Chiesa, anche se per certi versi più che di rivoluzione gentile si tratta di un vero e proprio terremoto che sta per abbattersi su un certo modo di pensare.

Papa Francesco vuole scardinare quel «tanto si è sempre fatto così», comodo criterio pastorale in bilico tra il clericalismo e l’immobilismo, destinato a finire in soffitta.

Perchè bisogna dare una scossa esistenziale ai cattolici, a cominciare dai vertici ecclesiali. Innanzitutto con l’esempio personale e il papato di certo non può stare alla finestra: «Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato» scrive Bergoglio nell’esortazione apostolica, Evangelii Gaudium, scritta quest’estate di ritorno dal Brasile.

Il testo riprende il filo delle grandi riforme sul ministero petrino introdotte da Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint. Finora però, ammette il Papa «siamo avanzati poco in questo senso». Ecco perché ci si trova ancora a combattere «contro un centralismo burocratico» che rischia di soffocare le iniziative delle periferie. Tutto il contrario di quello che afferma il Vaticano II.

Bergoglio vuole più collegialità tra i vescovi, dando anche maggiore potere alle conferenze episcopali, persino in campo dottrinale, il che significa che alcuni episcopati particolarmente progressisti potrebbero forse sperimentare strade pastorali innovative per andare incontro, ad esempio, al grande problema dei divorziati risposati, delle coppie di fatto, dell’uso degli anticoncezionali. Chissà.

IL CORAGGIO

«Una eccessiva centralizzazione anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria». Sicché la Chiesa che il nuovo Papa sta disegnando giorno dopo giorno dovrà dimostrare audacia nel ripensare ai metodi di evangelizzazione, ma anche allo stile, applicando in toto la Evangelii Gaudium «senza divieti né paure».

Il Papa avverte: se questo invito «non risplenderà con forza e attrattiva, l’edificio morale della Chiesa corre il rischio di diventare un castello di carte e questo è il nostro peggior pericolo». E’ la Chiesa delle periferie, dei lontani, aperta a tutti che bussa alla porta di San Pietro, nel cuore del potere arroccato e autoreferenziale. «La Chiesa non è una dogana, ma è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa».

Un invito che non dovrebbe essere oscurato da approcci pastorali incapaci di fare risplendere la misericordia, la tenerezza, la forza propulsiva del Vangelo. L’analisi di Bergoglio sullo stato delle cose per certi versi è impietosa.

Troppe regole, accenti dottrinali «procedono determinate opzioni ideologiche» soffocano la freschezza della Parola. «Vogliamo essere generali di eserciti sconfitti o semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere?» Che fare? Tanto per cominciare invertire la tendenza di tanti preti ad un eccesso di mondanità. Comodità, carriera, denaro sono bandite. E poi modificare il modo di parlare alla gente con un linguaggio efficace e semplice. Infine i poveri devono essere il perno della visione sociale di una Chiesa intesa come la totalità del popolo di Dio che evangelizza.

L’INDIVIDUALISMO

I pericoli all’orizzonte restano l’individualismo e una «nuova idolatria del denaro», che poi sono i mali che hanno portato «alla dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano». Dove i mercati la fanno da padroni, dove la corruzione e l’evasione fiscale dilagano, e la brama del potere «non conosce più limiti».

Ai cristiani chiede di portare avanti una solidarietà disinteressata perché il denaro «deve servire e non governare». Bergoglio risponde anche (indirettamente) a chi lo accusa di pauperismo: «Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare i poveri, rispettarli e promuoverli».

E a chi, invece,lo critica per i suoi accenti populisti ribatte: «l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi». Sulla famiglia e sul matrimonio, invece, ripete che la Chiesa non può che difendere la tradizione, sarebbe un errore «modificarsi secondo la sensibilità di ognuno».

Così come sull’aborto, non ci si potrà certo «attendere che cambi la sua posizione» perché «non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana».

Infine una avvertenza: «Se qualcuno si sente offeso delle mie parole, gli dico che le esprimo con la migliore delle intenzioni, lontano da qualunque interesse personale o ideologia politica. Mi interessa fare in modo che chi è individualista possa liberarsi da quelle catene». Ecco la Chiesa di Bergoglio.

Franca Giansoldati


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