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VITA FRANCESCANA. "La Romita" di Cesi è un Eremo situato a 800 metri di altezza sul Monte di Torre Maggiore, nel comune di Terni.

RIBELLE PER AMORE DELL’EREMO "LA ROMITA": UN FRANCESCANO COSTRETTO A LASCIARE L’ORDINE E L’EREMO. Un invito e una comunicazione agli amici - di Frate Bernardino

Dallo scorso novembre vivo in una situazione di estrema precarietà. Dopo 58 anni di permanenza nell’Ordine (mi sono fatto frate nel 1955 all’età di 16 anni), ne sono stato estromesso per reiterata e ostinata disobbedienza.
domenica 24 marzo 2013 di Federico La Sala
[...] A distanza di mesi sono
convinto di aver fatto la scelta giusta. So perché l’ho fatta e non torno indietro. Ho avuto ed ho la
passione per Cristo e per il suo Vangelo, dietro le orme di Francesco. Questo provvedimento
improvvido e violento non scalfisce minimamente la mia fede, anzi la rafforza e la tempra [...]
La scelta del nuovo Vescovo di Roma di
chiamarsi “Francesco” incoraggia, conferma e stimola la mia vocazione francescana. Con “Papa
Francesco” arriva (...)

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> RIBELLE PER AMORE DELL’EREMO "LA ROMITA": UN FRANCESCANO --- 1991-2016: Festa di Pentecoste, dello stupore e della gratitudine (di frate Bernardino)

mercoledì 11 maggio 2016

LA ROMITA DOMENICA 15 MAGGIO 2016 VENTICINQUESIMO: PENTECOSTE 1991- PENTECOSTE 2016

      • "Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
        -  nè la tua terra sarà più detta Devastata“ (Is 62, 4)

L’Inizio

Era il giorno di Pentecoste, Festa dello Spirito. Lo Spirito è Fuoco che riscalda, illumina e purifica; Acqua che rinfresca, lava e dà vita; Vento che spira, ispira e muove. E quel giorno di Pentecoste 1991 fu la Forza dello Spirito che ci ispirò e ci spinse a salire sulla montagna. Per ricostruire l’Eremo ridotto a un rudere. Eravamo in pochi. Il meno giovane era frate Bernardino (52 anni), gli altri tutti giovani dai 20 ai 25 anni: idealisti, sognatori, visionari: poveri di mezzi e di esperienza, ma ricchi di idee e di coraggio. Alla vista dell’Eremo, abbandonato da 130 anni, saccheggiato da mani avide e sacrileghe, ridotto ad un cumulo di macerie coperte da folta vegetazione e da un groviglio di rovi, come potevamo immaginare di riportarlo all’antico splendore? Era, o almeno sembrava, un’impresa impossibile: un’utopia.

Guardando dalle foto com’era la Romita nel maggio del 1991 e vedendola ora tornata al suo antico splendore, piena di gioia, di luce e di vita, ci chiediamo: come abbiamo fatto? Com’è stato possibile? Nessuno ci credeva. Solo noi sognatori e visionari. Fu l’inizio di un’avventura dall’esito incerto. Un enorme rischio. Fummo coraggiosi, anzi audaci, addirittura temerari, se consideriamo, a distanza di anni, gli ostacoli incontrati e i pericoli scampati. „I realisti“, quelli che hanno i piedi per terra e che fanno il primo passo solo se sono sicuri al 100% di poter fare anche il secondo; quelli che calcolano vantaggi e svantaggi, entrate e uscite; i paurosi, gli scettici , i cinici ci consideravano „illusi“, „pazzi“, „fuori dalla realtà“. Eravamo „illusi“? Chi segue la voce dello Spirito non è un illuso e non resta deluso.

Sono convinto che la rinascita della Romita è stata Opera dello Spirito, sempre imprevedibile e sorprendente. Lo Spirito è Libertà Assoluta (cfr Gv 3, 8; 2Cor 3,17). Ne è una dimostrazione la storia affascinante della Romita. Non si fa imbrigliare e condizionare da Istituzioni, da cariche importanti, da titoli onorifici, da meriti personali. Soffia quando, come, dove e su chi vuole. In quel giorno di Pentecoste del 1991 soffiò su di noi, non certo per nostro merito. Solo per sua scelta.

Noi cantavamo molto, ma non contavamo niente. Dietro di noi non c’era nessuna Istituzione, nessuna persona importante (a parte l’amore per S. Francesco), nessuno sponsor, nessun mecenate. Nessuno ci aveva indicato il luogo e mandato in missione speciale. Nessuno ci obbligava. Ora, facendo memoria di quell’inizio e guardando al cammino lungo, avventuroso e faticoso della ricostruzione, abbiamo la mente ed il cuore colmi di stupore e di gratitudine. Lo Spirito infatti non solo ci ha ispirati, ma anche guidati, accompagnati e sostenuti per tutto questo tempo.

La fatica

Dopo aver celebrato la Messa di Pentecoste sul prato (la Chiesa non era agibile) ed aver chiesto luce, forza e coraggio allo Spirito Santo, il giorno dopo iniziammo. Per terminare un lavoro bisogna sempre iniziarlo. Cominciammo a liberare la Romita dalle macerie, dal groviglio di liane, edera e rovi che la rendevano invisibile.

Mancavano tetti, porte e finestre (aria fresca da tutte le parti!), pochi i muri rimasti in piedi, pericoli incombenti tra i ruderi. Solo due cose non mancavano e non sono mai mancate: i fiori e la musica.

Ci si muoveva con il casco in testa. Non c’erano nè luce elettrica nè acqua corrente. Solo dall’antico pozzo del tempo dei Frati si poteva attingere acqua „la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta“, direbbe Francesco. Quanto abbiamo apprezzato quell’acqua benedetta! La mancanza di comodità stimola molto la creatività, mentre la vita comoda e sicura la mortifica e abbassa anche il livello di vita spirituale. La vita dura tempra. I primi anni di vita alla Romita furono un salutare esercizio di sopravvivenza ed una efficace scuola di vita. Di quante cose ha veramente bisogno l’uomo per vivere bene, cioè in pace con se stesso, con il Creatore e con le creature?

Ci si alzava presto al mattino. Si lavorava tutto il giorno, sfruttando al massimo la luce del sole. I pasti venivano preceduti da momenti di preghiera e di riflessione: al Belvedere, sotto il Cedro del Libano, nel bosco, sul prato e in un secondo tempo nella Cappella Benedettina (11. sec.). Anche se brevi, erano importanti queste interruzioni del lavoro: per far riposare il corpo, la mente ed il cuore e per dare ristoro all’anima. Nel silenzio e nella quiete dell’Eremo circondato da boschi secolari, risuonavano canti e testi sacri che si univano al canto degli uccelli e alla musica del vento.

La Parola ci teneva compagnia, ci sosteneva, c’infondeva coraggio. Dopo tanti anni mi commuove ancora ripensare a quei testi che per noi erano musica, balsamo e pane:
-  „Io sono la Via, la Verità e la Vita“ (Gv 14, 6), „Nessuno ha amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici“ (Gv 15, 13), „Chi perde la propria vita, la salverà“ (Lc 17, 33), „Dio ama chi dona con gioia“ (2Cor 9, 7), „Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date“ (Mt 10, 8), „Perché cercate il Vivente tra i morti?“ (Lc 24, 5), „Lascia che i morti seppelliscano i loro morti“ (Mt 8, 22), „A te si stringe l’anima mia. La forza della tua destra mi sostiene“ (Sal 62,9), „Dammi la sapienza...Io sono tuo servo e figlio della tua ancella, uomo debole e di vita breve...Manda la tua sapienza dai cieli santi...,perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica“ (Sap 9, 4-5.10)
-  La familiarità con la Parola ti rende forte, ti trasmette mente lucida, cuore caldo e mani operose. Che sarebbe stato di me e della Romita, Signore, senza la tua Parola? A te la nostra lode senza fine! „Lampada per i miei passi è la tua Parola, Luce sul mio cammino“ (Sal 118, 105).

L’invocazione allo Spirito Santo: „Nella calura riparo, nella fatica riposo, nel pianto conforto“ (Sequenza di Pentecoste) ben si addiceva alla nostra situazione. Il Cantico delle Creature trovava nella Romita lo scenario ideale per essere cantato e rappresentato. La Canzone di San Damiano è stato il nostro Canto sin dai primi giorni e lo è ancora: „Ogni uomo semplice porta in cuore un sogno. Con amore ed umiltà potrà costruirlo...Nella vita emplice troverai la strada che la calma donerà al tuo cuore puro...Se vorrai ogni giorno con il tuo sudore una pietra dopo l’altra alto arriverai“. Dopo 25 anni di immane e costante fatica posso affermare che i tempi di silenzio, di ascolto della Parola, di preghiera e di lode all’Altissimo sono stati indispensabili per la ricostruzione della Romita: le colonne portanti del progetto.

Perché tanta fatica?

Sin dal giorno della scoperta della Romita (28 febbraio 1991), nel quale sentii le pietre che mi chiamavano e mi fu mostrata in visione la Romita come sarebbe diventata e com’è realmente diventata, mi resi subito conto che questo luogo era veramente speciale, ricco di energia, di storia e di spiritualità. Ma anche pieno di opportunità e di sviluppi imprevedibili per il futuro. Ripensando a quel primo incontro con la Romita, dopo aver fatto questo lungo percorso, sono convinto che fu una chiamata. Non un capriccio, non una voglia, non uno sfizio, non protesta o ribellione contro le sicurezze e le comodità che mi offriva il Convento „normale“. Fu una chiamata autentica. La chiamata del Signore non si dimostra con argomenti e ragionamenti. Si segue e basta. A prescindere da quello che pensano e dicono altri che quella chiamata non l’hanno sentita. Alla chiamata avrei potuto anche non rispondere. Ma per fortuna risposi di sì. Ora mi rendo conto che tutte le fasi della mia vita sono state funzionali alla rinascita della Romita. Qualcuno mi ha voluto e guidato sin quassù. In modo misterioso e meraviglioso.

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