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> DUE PAPI IN PREGHIERA: MA CHI PREGANO?! -- Papa Francesco: “È triste vedere uomini di Chiesa che non sanno cedere il posto” (di Salvatore Cernuzio)

sabato 24 giugno 2017


“È triste vedere uomini di Chiesa che non sanno cedere il posto”

Udienza del Papa ai partecipanti alla convention di Serra International, movimento di laici a sostegno dei sacerdoti: «Ho paura dei “cristiani da museo” che temono i cambiamenti»

di Salvatore Cernuzio (La Stampa, 23/06/2017)

Città del Vaticano. Punto primo: andare «siempre adelante» , sempre avanti, perché è meglio un cristiano che procede «zoppicando, talvolta cadendo», piuttosto che uno che si rinchiude «nella propria nicchia» e si attacca al suo ruolo per paura dei cambiamenti. Punto secondo: sapersi fare da parte e «passare la fiaccola» alle generazioni future, perché è «triste vedere che, a volte, proprio noi uomini di Chiesa non sappiamo cedere il nostro posto, non riusciamo a congedarci dai nostri compiti con serenità».

Non sono slogan ma fondamenti della missione cristiana quelli che Papa Francesco propone nel suo discorso in Aula Paolo VI ai partecipanti alla 75° Convention del “Serra International”, movimento legato alla figura di Junipero Serra che ha come missio il sostegno - soprattutto economico - da parte di laici, imprenditori e professionisti, alle vocazioni sacerdotali ed alle vite consacrate.

Una missione che il Pontefice incoraggia e rilancia chiedendo ai membri dell’associazione di farsi anche «amici» di preti, suore, religiosi e seminaristi, «sostenendo la loro vocazione e accompagnando il loro ministero» e guardando «con comprensione e tenerezza i loro slanci generosi, insieme alle loro debolezze umane». «Questo è il grande dono con il quale voi arricchite la Chiesa! Un serrano è anzitutto questo: un “amico speciale”» dice il Papa.

Che osserva come oggi la parola “amico” sia diventata «un po’ logora». «Abitando i luoghi della vita metropolitana, ogni giorno entriamo in contatto con persone diverse, che spesso definiamo “amici”, ma è un modo di dire. E così, nell’orizzonte della comunicazione virtuale, la parola “amico” è una delle più usate», riflette Bergoglio. Eppure, sottolinea, «sappiamo che una conoscenza superficiale non basta per attivare quell’esperienza di incontro e di prossimità a cui la parola “amico” fa riferimento».

Gesù stesso spoglia questo concetto di ogni «sentimentalismo» ed indica «una verità scomoda», e cioè che «c’è vera amicizia solo quando l’incontro mi coinvolge nella vita dell’altro fino al dono di me stesso». L’amicizia è pertanto «un impegno di responsabilità, che coinvolge la vita» nel senso di «condivisione del destino dell’altro, compassione, coinvolgimento che conduce fino a donarsi per l’altro». Un vero amico, annota il Papa, è chi «si affianca con discrezione e tenerezza al mio cammino; mi ascolta in profondità, e sa andare oltre le parole; è misericordioso nei confronti dei difetti, è libero da pregiudizi; sa condividere il mio percorso, facendomi sentire la gioia di non essere solo; non mi asseconda sempre, ma, proprio perché vuole il mio bene, mi dice sinceramente quello che non condivide; è pronto ad aiutarmi a rialzarmi ogni volta che cado».

L’importante, infatti, è andare «sempre avanti». «Siempre adelante!», come recita appunto il tema di questo 75° Convegno che si apre oggi fino a domenica 25 giugno a Roma. «Sempre avanti!», ribadisce il Pontefice, è una «parola-chiave della vocazione cristiana» che non è altro che «l’invito a uscire da sé stessi» per «percorrere le strade» sulle quali Dio invia. Certo è che «non può camminare chi non si mette in discussione», «non avanza verso la mèta chi ha paura di perdere sé stesso secondo il Vangelo. Nessuna nave solcherebbe le acque se avesse timore di lasciare la sicurezza del porto». Allo stesso modo, «nessun cristiano - ammonisce il Papa - può entrare nell’esperienza trasformante dell’amore di Dio se non è disposto a mettere in discussione sé stesso, ma resta legato ai propri progetti e alle proprie acquisizioni consolidate».

«Anche le strutture pastorali possono cadere in questa tentazione di preservare sé stesse invece di adattarsi al servizio del Vangelo», evidenzia Bergoglio. Invece il cristiano cammina «nei solchi della vita quotidiana senza timore», ha «il coraggio di osare», «non permette alla paura di prevalere sulla creatività», «non si irrigidisce di fronte alla novità» e «sa abbracciare le sfide che lo Spirito gli pone», anche quando esse gli chiedono di «cambiare rotta e uscire dagli schemi». Come accadde a San Junipero, il missionario spagnolo cappuccino canonizzato proprio da Francesco nel 2015, che «zoppicante, si ostina a volersi mettere in viaggio verso San Diego per piantarvi la Croce!».

«È meglio procedere zoppicando, talvolta cadendo ma confidando sempre nella misericordia di Dio, che essere dei “cristiani da museo”, che temono i cambiamenti e che, ricevuto un carisma o una vocazione, invece di porsi al servizio dell’eterna novità del Vangelo, difendono sé stessi e i propri ruoli», rimarca Papa Francesco. Che confessa la sua «paura» per «quei cristiani che non camminano e si rinchiudono nella propria nicchia».

L’invito è perciò a farsi «collaboratori della vigna del Signore, rinunciando a ogni spirito di possesso e di vanagloria». Anche perché è davvero «triste» vedere «che, a volte, proprio noi uomini di Chiesa non sappiamo cedere il nostro posto, non riusciamo a congedarci dai nostri compiti con serenità, e facciamo fatica a lasciare nelle mani di altri le opere che il Signore ci ha affidato!».

È una contraddizione della stessa missione cristiana, dove «uno semina e l’altro miete». Allora «siempre adelante!», «con coraggio, con creatività e con audacia. Senza paura di rinnovare le vostre strutture e senza permettere che il prezioso cammino fatto perda lo slancio della novità», incoraggia Papa Francesco. «Come nei giochi olimpici - conclude - possiate essere sempre pronti a “passare la fiaccola” soprattutto alle generazioni future, consapevoli che il fuoco è acceso dall’Alto, precede la nostra risposta e supera il nostro lavoro».


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