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FRANCESCO, IL NUOVO PAPA, OLTRE IL MAGISTERO EQUIVOCO DI BENEDETTO XVI: DAL "DEUS CARITAS EST" AL "DEUS CHARITAS EST"? EU-*CHARISTIA* o EU-*CARESTIA*!?

DUE PAPI IN PREGHIERA: MA CHI PREGANO?! Bergoglio incontra Ratzinger: "Siamo fratelli". Ma di quale famiglia?! Un resoconto dell’incontro, con note - a c. di Federico La Sala

Il colloquio, ha detto Lombardi, ha dato modo a Benedetto XVI di "rinnovare il suo atto di riverenza e obbedienza al suo successore" e a questi di rinnovargli la "gratitudine sua e di tutta la Chiesa per il ministero svolto da papa Benedetto nel suo pontificato".
domenica 24 marzo 2013
MEMORIA DI FRANCESCO D’ASSISI. "VA’, RIPARA LA MIA CASA"!!!
PAPA FRANCESCO I, ALL’OMBRA DEL PAPA EMERITO, RIUSCIRA’ A CAMBIARE REGISTRO?

Bergoglio incontra Ratzinger: "Siamo
fratelli".
I due Papi a confronto su Vatileaks
Al Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo il faccia a faccia tra Papa Francesco e il Papa Emerito Benedetto XVI. Al centro del colloquio, i contenuti dell’inchiesta interna sullo scandalo che ha scosso la Curia (...)

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> DUE PAPI IN PREGHIERA: MA CHI PREGANO?! --- «TRADITIONIS CUSTODES». La difesa della Messa in latino e di Costantino da parte di Michel Onfry, l’autore del "Trattato di ateologia" (di Massimo Borghesi).. E l’ateo libertino «murò» il mattone del latino (altrui)

martedì 27 luglio 2021

Sulla Messa.

E l’ateo libertino «murò» il mattone del latino (altrui)

di Massimo Borghesi (Avvenire, martedì 27 luglio 2021)

Nel quadro delle infuocate critiche da parte di alcuni settori ’tradizionalisti’ a seguito della pubblicazione di Traditionis custodes spicca un particolare: il filosofo francese Michel Onfray, campione dell’ateismo libertino consegnato nel suo Trattato di ateologia, è divenuto il portabandiera della destra cattolica. Il noto intellettuale, famoso per il suo tono dissacrante verso la religione, si è infatti espresso a favore della vecchia messa in latino e ciò è bastato per elevarlo a santo protettore di quanti si oppongono, da tempo, al pontificato di Francesco.

Al pari dei teoconservatori americani degli anni passati, l’ateo Onfray giustifica la sua scelta a partire dalla difesa della ’civiltà occidentale’. Come l’autore ha affermato, in una intervista pubblicata su ’Il Foglio’, («Habemus papam Onfray», 24 luglio 2021), la opzione per il rito tridentino dipende dal fatto che: «Sono un puro prodotto di questa civiltà che cristallizza e armonizza Saulo, Pericle, Cesare e Costantino. Non credo in Yahweh, Zeus, Giove o Gesù Cristo. Ma vibro con tutta questa civiltà che ha generato geni in filosofia, arte, architettura, agronomia, teologia, poesia, letteratura, storia, tecnologia, medicina, farmacia, astronomia, astrofisica, politica».

Lo scettico, il miscredente, ’vibra’ per la civiltà europea. Al modo di Charles Maurras, il fondatore dell’Action française, il movimento cattolico di destra francese sconfessato da Pio XI negli anni Venti, anch’egli è un ateo devoto, un conservatore che ama l’ordine ’antico’. Non per sé, si badi bene, ma per gli altri, per il popolo.

-  «Sono stato uno di quelli che ha lavorato alla costituzione di un’etica post-cristiana. Ho pubblicato diversi libri a favore di questo progetto, nessuno dei quali rinnego - dal Traité d’athéologie a La Sculpture de soi a Théorie du corps amoureux o Féeries anatomiques. Questi libri rimangono la mia etica, ma un’etica privata non è un’etica collettiva. Perché un’etica collettiva presuppone il sacro e il trascendente per imporsi con l’aiuto di un braccio armato: Gesù non sarebbe bastato a creare una civiltà se san Paolo non avesse creato un corpo di dottrina sviluppato in seguito dalla patristica e, soprattutto, se Costantino non avesse messo la forza dello Stato al servizio di questa morale». Al pari degli atei libertini del XVI secolo, Onfray distingue tra la morale privata, quella gaudente-irreligiosa riservata a lui e all’élite, e quella pubblica regolata dalla religione e dalla spada. Cristo senza Costantino sarebbe nulla, il sacro esiste solo grazie alla potenza dello Stato.

Lo scettico Onfray è un tipico rappresentante della teologia politica di destra. Della messa in latino non importa nulla al nostro filosofo. Importa solo come blocco, mattone di un ordine che deve essere conservato affinché il ’popolo’ non si perda nell’anarchia. Strani compagni di strada quelli scelti dai cosiddetti cattolici tradizionalisti, cioè dagli anti-conciliari, per colpire il Papa. Criticati fino a ieri, per aver incarnato e promosso il libertinismo di massa dell’era della globalizzazione, oggi divengono, d’improvviso, gli apostoli della ’restaurazione’, i custodi della retta dottrina, gli amanti della verità.

Sono anni che questa destra cattolica si affida agli ’atei devoti’ per criticare il Papa e salvaguardare una ortodossia immaginaria. Il Papa sarebbe l’eterodosso e Onfray l’ortodosso. Una singolare contrapposizione che induce a riflettere sul profondo declino di certo pensiero cattolico contemporaneo.


LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI MOTU «PROPRIO» DEL SOMMO PONTEFICE

FRANCESCO

«TRADITIONIS CUSTODES»

SULL’USO DELLA LITURGIA ROMANA ANTERIORE ALLA RIFORMA DEL 1970

Custodi della tradizione, i vescovi, in comunione con il vescovo di Roma, costituiscono il visibile principio e fondamento di unità nelle loro Chiese particolari. [1] Sotto la guida dello Spirito Santo, mediante l’annuncio del Vangelo e per mezzo della celebrazione della Eucaristia, essi reggono le Chiese particolari, loro affidate. [2]

Per promuovere la concordia e l’unità della Chiesa, con paterna sollecitudine verso coloro che in alcune regioni aderirono alle forme liturgiche antecedenti alla riforma voluta dal Concilio Vaticano II, i miei Venerati Predecessori, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, hanno concesso e regolato la facoltà di utilizzare il Messale Romano edito da san Giovanni XXIII nell’anno 1962. [3] In questo modo hanno inteso «facilitare la comunione ecclesiale a quei cattolici che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche» e non ad altri. [4]

Nel solco dell’iniziativa del mio Venerato Predecessore Benedetto XVI di invitare i vescovi a una verifica dell’applicazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, a tre anni dalla sua pubblicazione, la Congregazione per la Dottrina della Fede ha svolto una capillare consultazione dei vescovi nel 2020, i cui risultati sono stati ponderatamente considerati alla luce dell’esperienza maturata in questi anni.

Ora, considerati gli auspici formulati dall’episcopato e ascoltato il parere della Congregazione per la Dottrina della Fede, desidero, con questa Lettera Apostolica, proseguire ancor più nella costante ricerca della comunione ecclesiale. Perciò, ho ritenuto opportuno stabilire quanto segue:

Art. 1. I libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano.

Art. 2. Al vescovo diocesano, quale moderatore, promotore e custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa particolare a lui affidata, [5] spetta regolare le celebrazioni liturgiche nella propria diocesi. [6] Pertanto, è sua esclusiva competenza autorizzare l’uso del Missale Romanum del 1962 nella diocesi, seguendo gli orientamenti dalla Sede Apostolica.

Art. 3. Il vescovo, nelle diocesi in cui finora vi è la presenza di uno o più gruppi che celebrano secondo il Messale antecedente alla riforma del 1970:

§ 1. accerti che tali gruppi non escludano la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei dettati del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici;

§ 2. indichi, uno o più luoghi dove i fedeli aderenti a questi gruppi possano radunarsi per la celebrazione eucaristica (non però nelle chiese parrocchiali e senza erigere nuove parrocchie personali);

§ 3. stabilisca nel luogo indicato i giorni in cui sono consentite le celebrazioni eucaristiche con l’uso del Messale Romano promulgato da san Giovanni XXIII nel 1962. [7] In queste celebrazioni le letture siano proclamate in lingua vernacola, usando le traduzioni della sacra Scrittura per l’uso liturgico, approvate dalle rispettive Conferenze Episcopali;

§ 4. nomini, un sacerdote che, come delegato del vescovo, sia incaricato delle celebrazioni e della cura pastorale di tali gruppi di fedeli. Il sacerdote sia idoneo a tale incarico, sia competente in ordine all’utilizzo del Missale Romanum antecedente alla riforma del 1970, abbia una conoscenza della lingua latina tale che gli consenta di comprendere pienamente le rubriche e i testi liturgici, sia animato da una viva carità pastorale, e da un senso di comunione ecclesiale. È infatti necessario che il sacerdote incaricato abbia a cuore non solo la dignitosa celebrazione della liturgia, ma la cura pastorale e spirituale dei fedeli.

§ 5. proceda, nelle parrocchie personali canonicamente erette a beneficio di questi fedeli, a una congrua verifica in ordine alla effettiva utilità per la crescita spirituale, e valuti se mantenerle o meno.

§ 6. avrà cura di non autorizzare la costituzione di nuovi gruppi.

Art. 4. I presbiteri ordinati dopo la pubblicazione del presente Motu proprio, che intendono celebrare con il Missale Romanum del 1962, devono inoltrare formale richiesta al Vescovo diocesano il quale prima di concedere l’autorizzazione consulterà la Sede Apostolica.

Art. 5. I presbiteri i quali già celebrano secondo il Missale Romanum del 1962, richiederanno al Vescovo diocesano l’autorizzazione per continuare ad avvalersi della facoltà.

Art. 6. Gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, a suo tempo eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei passano sotto la competenza della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

Art. 7. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti e la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, per le materie di loro competenza, eserciteranno l’autorità della Santa Sede, vigilando sull’osservanza di queste disposizioni.

Art. 8. Le norme, istruzioni, concessioni e consuetudini precedenti, che risultino non conformi con quanto disposto dal presente Motu Proprio, sono abrogate.

Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera apostolica in forma di Motu Proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e stabilisco che venga promulgata mediante pubblicazione sul quotidiano “L’Osservatore Romano”, entrando subito in vigore e, successivamente, venga pubblicato nel Commentario ufficiale della Santa Sede, Acta Apostolicae Sedis.

Dato a Roma, presso San Giovanni Laterano, il 16 luglio 2021 Memoria liturgica di Nostra Signora del Monte Carmelo, nono del Nostro Pontificato.

FRANCESCO

* Fonte: Vatican.va, 16 luglio 2021 (ripresa parziale).


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