Il vuoto oltre la religione
risponde Corrado Augias (la Repubblica, 22.04.2014)
Caro Augias,
qualche giorno fa vi siete occupati del battesimo dei figli dei non credenti: “Due amiche alle prese con il battesimo dei figli». Secondo l’Istat in Italia nel 1964, quando mi sono sposato io, i matrimoni civili, erano l’1,2% del totale. Si sposavano in municipio solo i pochi valdesi o ebrei, qualche raro straniero e i pochi “matti” come me e mia moglie. Le coppie che convivevamo senza sposarsi erano “inesistenti” e “tutti” i bambini venivano battezzati.
Il vescovo di Belluno disse ai miei suoceri, che volevano battezzare di nascosto i miei figli, che non si poteva fare perché il battesimo dei neonati può essere dato solo con la certezza di un’educazione religiosa.
Sempre secondo l’Istat, nel 2012 i matrimoni civili in Italia sono saliti al 41%; i nati da coppie non sposate al 24,8%. Buona parte di quelli sposati in chiesa lo hanno fatto per non dispiacere ai parenti, per non perdere l’eredità, perché la cerimonia religiosa è più romantica, per conformismo. Il che comporta che tre quarti degli attuali giovani genitori sono persone poco o per nulla cattoliche per cui i figli cresceranno senza concreti riferimenti cattolici in famiglia. Giorgio Villella
Il signor Villella descrive, con le cifre, il fenomeno largamente noto che va sotto il nome di secolarizzazione, termine e concetto che risale addirittura al XVII secolo (Pace di Vestfalia) ma che ha assunto un tale rilievo negli ultimi decenni che nella chiesa cattolica esiste un arcivescovo preposto alla “nuova evangelizzazione”. Il fenomeno ha investito l’intero mondo occidentale e non poteva non arrivare in Italia anche se la storia del nostro paese anche da questo punto di vista è un po’ particolare.
In un’ottica laica la domanda è quali conseguenze possa avere il fenomeno. Le religioni hanno sempre avuto anche una funzione sociale. Il sofista greco Crizia sviluppò la teoria, divenuta celebre, secondo cui gli dèi furono inventati per costringere gli esseri umani a comportamenti morali, a non delinquere. Questa funzione “civile” della religione arriva fino a Rousseau.
Da noi la prevalente religione cattolica è stata un potente strumento per la diffusione e il mantenimento dei “buoni costumi” - fino a quando è durato.
Il grande storico Polibio convinto anche lui che gli dèi servissero a “tenere a freno le violente passioni delle masse” scriveva: «Sconsiderati i moderni che cercano di disperdere queste illusioni».
Quei moderni ormai dilagano dimostrando che Polibio aveva ragione. Perché quando le “illusioni” vengono meno e manca una sufficiente acculturazione media, le conseguenze sono quelle che vediamo. Quelle religioni che Marx definiva “oppio dei popoli” possono essere ancora considerate un utile rimedio, quando il resto manca.