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VICO CON NEWTON: "NON INVENTO IPOTESI"! E CON SHAFTESBURY, CON LA "TAVOLA DELLE COSE CIVILI"!

VICO, PENSATORE EUROPEO. Teoria e pratica della "Scienza Nuova". Note per una rilettura (pdf, scaricabile) - di Federico La Sala

(...) al di là della contrapposizione della storia sacra e profana, rivelata e ragionata, e al di là dello “stato di minorità” - senza cadute in uno stato di super-io-rità!
sabato 6 gennaio 2024
C’era un lord in Lucania.... *
Se pochi filosofi e letterati sanno dell’omaggio di Ugo Foscolo al filosofo delle “nozze e tribunali ed are” (“Dei sepolcri”, v. 91), moltissimi “addottrinati” ignorano ancora e del tutto che Vico per circa nove anni decisivi per la sua vita ha abitato a Vatolla, nell’antica Lucania (in particolare, nell’attuale Cilento, a poca distanza dall’antica Elea-Velia, Ascea, Paestum, Palinuro, Agropoli) e, al contempo, che James (...)

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> VICO, PENSATORE EUROPEO. Teoria e pratica della "Scienza Nuova". --- Storia, Filologia, e Archeologia. ECHI OSCO-ITALICI. Valli del Sele e Lucania antica (di Franco Villani).

sabato 25 luglio 2020

SCHEDA E NOTA EDITORIALE *

ECHI OSCO-ITALICI. Valli del Sele e Lucania antica

di Italo Cernera

Il libro si compone di quattro parti. Nella prima parte l’autore individua nella lingua osca il sostrato linguistico di quasi tutta l’Italia del centro-sud offrendo un ricco repertorio di termini di cui indaga l’etimologia. Seguono tre capitoli dedicati alla dea Mefite, a Fauno e a Ercole. La ricerca ci mostra che queste tradizioni costituiscono il filo conduttore di miti, atteggiamenti, che, ancora oggi, legano abitanti di paesi geograficamente lontani, ma culturalmente e antropologicamente molto vicini...

NOTA

di Franco Villani *

Italo Cernera, autore di Echi osco-italici, Valli del Sele e Lucania antica, è di Contursi, paese oggi appartenente alla regione Campania, ma un tempo compreso nel territorio della Lucania antica. Il paese si trova, infatti, poco distante dai luoghi menzionati nel Liber coloniarum, (Libro delle colonie, attribuito a Frontino) che, nell’antica Lucania, annoverava sette prefetture alcune delle quali non fanno più parte dell’attuale Basilicata: Volcei (Buccino), Atina (Atena Lucana), Consilium (Sala Consilina) e Tegianum (Teggiano) sulla via Popilia; Potentia (Potenza) e Grumentum (Grumento Nova) sulla Via Herculia e Paestum sulla costa tirrenica.

Pur uniti nel titolo del libro, l’etimologia dei termini Sele e Lucania hanno storie molto diverse. Il termine Sele, secondo l’autore, deriverebbe dall’osco Seile. Sil, da antichissima lingua mediterranea, significa, infatti, zona di sorgenti, “canale in cui scorre l’acqua”. Non altrettanto certa è, invece, l’etimologia del termine Lucania. Deriva da leukòs che significa chiaro, bianco o dal latino lux che indica la luce? I Lucani, asserragliati sui monti, prima di altri vedevano ad Oriente la comparsa del sole che presto penetrava nel buio freddo dei loro boschi. Ma potrebbe derivare anche da lukos (lupo) presente nei boschi lucani o dai Lyki, popolazione proveniente dal Medio Oriente. È ugualmente il caso di sottolineare che il nome dell’autore, Italo deriva certamente da Italia, ma pochi, probabilmente, sanno del leggendario Lucio che conquistò il Sud della nostra penisola dando ad essa il nome di Italia.

Oggi, come è noto, il nome Lucania è quasi scomparso a vantaggio di Basilicata. Tutti sanno che i Lucani sono gli abitanti della Basilicata! E si domandano perché. Per i Romani esistevano i Lucani, popolo bellicosissimo che, protetto dalle montagne e usando la tecnica della guerriglia, era riuscito a resistere a lungo, infliggendo non poche umiliazioni al forte esercito romano. Solo nel 298 a.C., furono sottomessi dal console Scipione Barbato.

Quando Augusto divise l’Impero romano in province creò la provincia di Lucania. Successivamente la Lucania fu indicata come terra del Basileus cioè amministrata dal Basilikòs, funzionario bizantino. Di qui il termine Basilicata che venne confermato al momento della proclamazione dell’Unità d’Italia (1861). Nel 1932, Mussolini sostituì il nome di Basilicata con Lucania che meglio si adattava alle italiche tradizioni romane e preromane a cui il fascismo, idealmente, si collegava. Nel 1948, però, al momento di promulgare la nuova Costituzione della Repubblica, in opposizione a quanto il fascismo aveva fatto e introdotto, fu ripristinato il nome Basilicata.

Il contenuto del libro, composto da quattro capitoli, può essere riassunto nell’incipit imperioso con cui l’autore apre il volume: “Gli Osci furono un antico popolo italico stanziato negli attuali territori della Campania, del Molise e della Lucania. Costumi, usi e lingua degli Osci costituiscono il fondo etnico originario della regione campana e lucana. Sono i “padri antichi” delle tracce e delle inflessioni linguistiche tuttora presenti”.

Nella prima parte, l’autore, a sostegno di tale tesi riporta un ricco repertorio di termini di cui indaga l’etimologia. La presenza, infatti, ancora oggi, di termini dialettali usati in posti anche molto lontani fra loro testimonia che la lingua parlata era l’osco che, con il greco e il latino, condivideva il comune ceppo linguistico indo-europeo. Fino a che non ci fu il dominio di Roma, a partire dal III secolo a.C., tutto il Meridione continentale si esprimeva in lingua osca. La parlavano i Campani, i Lucani, i Bruzi, gli Apuli e anche i Siculi. La scrittura dell’osco partiva da destra verso sinistra e non aveva maiuscole. Poteva essere scritto con l’alfabeto latino, greco o con un alfabeto di derivazione etrusca. L’osco si mantenne vivo nell’uso ufficiale per tutto il II secolo a.C.

Nel secondo capitolo viene affrontata la venerazione per la Dea-madre: “Al principio era la Grande Madre, poi Mefite, divinità dei corsi d’acqua e delle sorgenti, della terra e della vita”. Pur identificata con nomi diversi quali Sirena bicaudata, Mefite, Ninfa, il culto “ha riconosciuto nell’essere femminile il potere di creare la vita, di allontanare la malattia, di proteggere dalle avversità. Un potere legato al corpo, alla terra, ai ritmi della natura, al futuro”. Non sorprende, quindi, il parallelo tra la dea Mefite che richiama le sorgenti termali di Contursi Terme e la venerazione per questa dea praticata, per centinaia di anni, nel lontano Santuario di Rossano di Vaglio in Basilicata.

La Dea-madre era anche la protettrice di greggi e pastori. A lei si offrivano sacrifici e feste riservate poi al dio Fauno, (di cui si parla nel terzo capitolo) considerato suo figlio che, già presente nella storia romana, identificato e talora, sovrapposto, con il dio Silvano richiama i grandi boschi della Lucania.

Profonde riflessioni suscita anche l’ultimo capitolo dove si parla del mito di Ercole la cui origine sembra una sorta di evoluzione dal forte e rustico Fauno ad una presenza più urbana di Ercole, dal pastore dei villaggi al protettore dei centri abitati. Difensore del giusto e nemico della prepotenza, Ercole, era considerato anche Salvatore del mondo, come è vero che sarà assunto in cielo quale dio. E qui non si può non rimanere stupiti dalla ricostruzione del mito di Ercole la cui vita è costellata di episodi che richiamano molti aspetti della vita, nientemeno che di Gesù.

In conclusione, a nostro parere, si tratta di un libro da leggere tutto di un fiato. Ci pare, anche, di poter dire che il filo conduttore del volume, al di là delle articolate e documentate ricostruzioni storiche, sia da individuare nel “cuore” dell’autore che avverte, fortemente, la tradizione e l’orgoglio etnico di appartenere a una cultura che è il portato di molti secoli di storia.

* Fonte: Villani Editore


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