La sua vita nel nome del «Dio Straccione»
di don Vitaliano Della Sala (il manifesto, 26 maggio 2016)
Caro don Gallo, spesso dicevi che non avrebbero potuto mai farti papa, perché sarebbe suonato male papa-Gallo! In realtà suonerebbe male anche san Gallo, ma non so se ti faranno mai canonicamente santo. E nemmeno te lo auguro!
Ma in moltissimi potremo considerarci privilegiati. Per aver potuto vedere come sono gli occhi, il sorriso e la «sfrontatezza» di un santo per nulla canonico.
Temo, purtroppo, che saremo capaci di sciupare anche questo privilegio. Parlo di noi, gente comune, che abbiamo digerito la notizia della tua morte e la buona novella della tua esistenza, così come abbiamo ingoiato il cibo nel piatto mentre ai tg passavano immagini di te con i migranti, i no-global, le puttane (...). Ma penso anche ai politici e agli ecclesiastici, alcuni dei quali hanno sfilato al tuo funerale, quegli stessi che contribuiscono a causare quelle povertà su cui tu ti sei chinato.
Nel Vangelo è raccontata la parabola del «convito nuziale» (Matteo 22, 1-14) che mi ha sempre fatto pensare a te; di fronte al rifiuto degli invitati ufficiali al banchetto di nozze del figlio del re, questi dice ai servi: «Andate ai crocicchi delle strade e chiamate alle nozze tutti quelli che troverete».
Anche oggi, ci sono invitati che si rifiutano di prendere parte al banchetto nuziale imbandito per noi da Dio: sono quei credenti, quegli uomini di chiesa che vanno ostentando il proprio pedigree, quelli preoccupati solo della carriera e del potere, quelli sicuri di avere ormai la salvezza assicurata e che guardano con distacco e disprezzo a tutti gli altri; sono quelli pronti ad emettere condanne e a escludere gli altri, quelli talmente sicuri di avere Dio in tasca da essere poi incapaci di riconoscerlo quando si manifesta.
Sono quelli che credono che si possa imporre un crocifisso e farne la bandiera o il simbolo dei propri interessi e del proprio potere, sono quelli che plaudono alla legge razzista concepita da Bossi e Fini, quelli che non disdegnano di benedire la guerra.
A te, invece, è stato affidato il compito di andare ai «crocicchi delle strade», per invitare tutti ad entrare alle nozze, «buoni e cattivi». Perciò ti sei avvicinato agli emarginati, agli esclusi, agli impoveriti, ai calpestati, agli irregolari, ai clandestini, agli invisibili, ai tribolati, ai barboni, alle puttane, alle ultime tra le puttane, certamente non a quelle stipendiate dei festini di Arcore.
Non ti sei fatto scrupolo di invitare i peccatori e le prostitute, i gay e i travestiti, gli extracomunitari e i rom, i divorziati e i detenuti; e poi le minoranze, coloro che non si adeguano, coloro che vivono negli scantinati della storia e del mondo, e quelli relegati dalla Gerarchia nelle catacombe della Chiesa, coloro che subiscono ingiustizie, le voci fuori dal coro, i dissidenti, i perdenti, i perseguitati, i disobbedienti, gli scomunicati: in una parola, i crocifissi. (...) Tu e i tuoi della comunità di San Benedetto al Porto, sapete bene cosa vuol dire essere considerati marginali nella Chiesa. Perciò avete imparato ad accogliere i viandanti e a invitare gli ospiti dai «crocicchi delle strade», anzi, la tua Comunità è diventata essa stessa un «crocicchio di strada».
Caro don Gallo ci hai sempre invitato a pensare alla voglia oggi diffusa di non mescolarsi agli altri, a pensare al modo in cui trattiamo gli stranieri, gli zingari, i musulmani, i «negri», i diversi (...). Sembra di vivere in un mondo e in una chiesa dove c’è posto solo per escludere, separare, dividere, alzare steccati: alcuni egoisticamente in paradiso, gli altri inesorabilmente all’inferno.
Perciò ora tocca a noi raccogliere la tua eredità, è il momento di aprire bene le nostre orecchie all’annuncio che Dio ci ha fatto attraverso di te: ha avuto inizio un grande melting pot tra l’uomo e Dio, si è manifestato il meticciato di Dio. E tocca a noi stare con i tuoi ultimi, e, in loro, con il tuo e nostro Dio Straccione.