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STORIA D’ITALIA (1994-2013)!!! TRE PRESIDENTI: OSCAR LUIGI SCALFARO (1992-1999), CARLO AZEGLIO CIAMPI (1999-2006), GIORGIO NAPOLITANO (2006-2013), E IL PARTITO DEL FALSO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DEL "POPOLO DELLA LIBERTA’": "FORZA ITALIA"!!!

L’ITALIA PREDA DI UNA COMPAGNIA MERCENARIA: A CHE PUNTO SIAMO REGREDITI. La democrazia sotto ricatto - di Franco Cordero

mercoledì 17 luglio 2013 di Federico La Sala
L’ITALIA (1994-2013), TRE PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA SENZA "PAROLA", E I FURBASTRI CHE SANNO (COSA SIGNIFICA) GRIDARE "FORZA ITALIA".
IL SONNO MORTIFERO DELL’ITALIA. In Parlamento (ancora!) il Partito al di sopra di tutti i partiti.
IL PUTTANESIMO: L’ITALIA AL BIVIO: VICO E LA STORIA DEI LEMURI (LEMURUM FABULA), OGGI. Un invito alla (ri)lettura della "Scienza Nuova"

La democrazia sotto ricatto
di Franco Cordero (la Repubblica, (...)

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> L’ITALIA PREDA DI UNA COMPAGNIA MERCENARIA --- SIAMO ALLA DISFATTA MORALE.. La Carlassare lascia il comitato dei saggi - La Urbinati si sta pensando(di Matteo Pucciarelli)

sabato 13 luglio 2013

La Carlassare lascia il comitato dei saggi

“Lo stop del Parlamento è una disfatta morale”

di Matteo Pucciarelli (la Repubblica, 12 Luglio 2013)

«Siamo alla disfatta morale, per favore lo scriva» dice Lorenza Carlassare, giurista e costituzionalista. Faceva parte dei 35 saggi per le riforme, ma dopo il blocco del Parlamento voluto dal Pdl ha deciso di dimettersi. Lo ha fatto inviando una lettera al ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, poi pubblicata sul sito di Libertà e Giustizia.

Professoressa, come mai questa decisione?

«Voglio fare una premessa: nella commissione mi sono trovata bene, anche con Quagliariello i rapporti erano e sono ottimi. Però qualcuno doveva pur fare qualcosa. Certe cose non succedono nemmeno in Africa, non so se ci rendiamo conto... ».

Quagliariello le ha risposto con un’altra lettera in cui spiega che è “prassi consolidata delle Camere deliberare una breve sospensione dei propri lavori per consentire ai parlamentari di un gruppo di partecipare ad attività di particolare rilievo”.

«Ci ho parlato con il ministro, era dispiaciuto per la mia scelta. Ma come costituzionalista sono sconvolta, si è oltrepassato ogni limite. La sospensione era in realtà un’intimidazione bella e buona verso la Cassazione. Bastava ascoltare le parole di Daniela Santanché mercoledì mattina. Certe regole devono necessariamente restare ben salde in questo Paese. Non potevo e non posso tacere di fronte a un atto di questo tipo. Sono sempre stata libera di poter dire come la pensavo nel corso della mia vita, faccio lo stesso anche adesso».

Dal punto di vista tecnico, da giurista, qual è stata la regola infranta?

«Si è infranto nel suo insieme lo spirito costituzionale. La maggioranza ha mostrato un’assoluta estraneità ai valori dello Stato di diritto, così pure il disprezzo per il costituzionalismo liberale e i suoi più elementari principi. Il bello è che poi si dicono tutti liberali».

I suoi colleghi della commissione invece come hanno commentato gli ultimi fatti?

«Non li ho sentiti. Ma noi siamo comunque un gruppo di persone messe lì a lavorare da questa maggioranza. A me dispiace andarmene. Però proprio perché la commissione è frutto delle larghe intese ho il dovere di manifestare questo dissenso. Soprattutto non comprendo il Pd: qualsiasi cosa gli chieda il Pdl loro la fanno, ma è mai possibile?».

Quindi a lei non piace questa maggioranza?

«Sono sempre stata convinta che questo governo non dovesse neanche nascere. Lo dico anche da un punto di vista politico-costituzionale, perché il percorso che ha condotto alla sua formazione mi è sempre sembrato - diciamo così - perlomeno dubbio».

Le sue dimissioni sono legate anche al fatto che si stesse discutendo al vostro interno del presidenzialismo?

«Assolutamente no e voglio che sia chiaro. È vero che quando mi fu proposto di far parte del comitato ero assai perplessa e indecisa se accettare o meno. Ma poi sul campo mi sono trovata molto bene. L’orientamento prevalente non era quello di una modifica in senso presidenziale».

E a che punto siete, anzi eravate, arrivati?

«C’era un accordo su come migliorare il funzionamento del sistema parlamentare. Ad esempio dando al premier la possibilità di revoca dei ministri, una sola Camera politica e il Senato organo territoriale. Quindi migliorare il sistema, ma senza andare verso il presidenzialismo».


La Urbinati pensa di lasciare i “saggi”

“Se il Pd salva Silvio io mollo tutto”

di Matteo Pucciarelli (la Repubblica, 13 Luglio 2013)

«Per ora continuo a combattere, ma se il Pd dovesse salvare Berlusconi allora mollo tutto», spiega la politologa Nadia Urbinati, anche lei nel gruppo dei 35 saggi per le riforme. Che si sono ridotti a 34 con l’abbandono dellacostituzionalista Lorenza Carlassare, in segno di protesta contro il blocco dei lavori parlamentari di mercoledì scorso voluto dal Pdl e avallato dai democratici.

Si è trovata d’accordo con la decisione della sua collega?

«Ci siamo parlate e scambiate delle mail. Sin dall’inizio la Carlassare aveva mostrato delle insicurezze e delle tensioni circa il nostro lavoro. Che in parte vivo anche io. Però penso che andarsene adesso significhi lasciare maggiori spazi e margini di manovra a chi nel comitato ha delle visioni diverse dalla nostra».

Quindi lei per ora resiste...

«Mi faccio questa domanda: lasciare il campo oppure presidiarlo? Non è il momento dell’intransigenza, almeno per me. Nonostante viva un tumulto interiore, in mezzo a due fuochi: i miei principi da una parte, il dovere di difenderli dall’altro».

Il gesto della Carlassare ha più che altro un valore simbolico. Lei dice: “I saggi sono frutto di questa maggioranza. E io in questa maggioranza non voglio più starci”. Cosa ne pensa?

«Vivo la stessa sofferenza. Mi sento un’anima in pena. C’è un Pd che non ci aiuta nell’essere coerenti con le nostre idee. Ci rende la vita difficile, non ci dà alcun supporto. È un partito diviso in bande armate, con milizie contrapposte in lotta. Si comporta nel peggior modo possibile. Proprio per questo non dobbiamo lasciare il campo a chi vorrebbe una riforma presidenziale».

Nel vostro gruppo in quanti pensano più o meno le sue, le vostre, stesse cose?

«Sa, non mi metto a contare... L’impressione comunque è che ci siano due dialettiche ben definite. Due schieramenti. Uno in difesa del parlamentarismo, che pure può essere migliorato e siamo lì apposta. Un altro, invece, per il semipresidenzialismo. I primi faticano molto, in questo contesto».

Qual è il limite che lei si pone, una linea oltre la quale non si va?

«Aspetto di vedere cosa succede con il pronunciamento della Cassazione. Se Berlusconi venisse condannato e se il Pd finisse per salvarlo, allora davvero basta. Sarebbe un atto di sfida ad un altro organo costituzionale senza precedenti».

Intanto il Pd ha presentato un disegno di legge per superare la legge 361 del 1957: sostituendo il principio di ineleggibilità con quello di incompatibilità. Così Berlusconi avrebbe un anno di tempo per decidere cosa fare, se restare senatore o se tenersi le aziende. Come giudica questa iniziativa?

«È una forma pilatesca che cerca di mettere insieme tutto e il suo contrario. Che sia il Pd a proporre scappatoie a misura per il potente di turno è assurdo».


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