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CRISTIANESIMO ("DEUS CHARITAS EST") E CATTOLICESIMO COSTANTINIANO ("DEUS CARITAS EST"). Il teologo Ratzinger scrive da papa l’enciclica "Deus caritas est" (2006) e, ancora oggi, nessuno - nemmeno Papa Francesco - ne sollecita la correzione del titolo. Che lapsus!!! O, meglio, che progetto!!!

L’EUCARISTIA (E LA "CARESTIA" DELLA CHIESA DEL "LATINORUM"): UN DOPPIO SCANDALO. Una recensione di Pietro Citati - con alcune note di Federico La Sala

In un libro affascinante, Entrare nei misteri del Cristo (...), Luigi d’Ayala Valva raccoglie i testi della liturgia eucaristica, come si sviluppò nella letteratura bizantina dal II al XIV secolo (...). Seguirà un secondo volume, con i paralleli testi latini.
sabato 27 luglio 2013
NOTE DI PREMESSA:
ULTIMA CENA ED ECONOMIA VATICANA: LA CARESTIA AVANZA!!! Benedetto XVI "cambia la formula dell’Eucarestia"! «Il calice fu versato per molti», non «per tutti»!!! Note di Gian Guido Vecchi e di Armando Torno
LUDOVICO A. MURATORI E BENEDETTO XVI: LA STESSA CARITA’ "POMPOSA". Un breve testo dalla "Prefazione ai lettori " del "Trattato sulla carità cristiana" di Ludovico A. Muratori (fls)

Eucaristia, il doppio scandalo al (...)

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> L’EUCARISTIA (E LA "CARESTIA" DELLA CHIESA DEL "LATINORUM") --- LA PANDEMIA, LA STORIA, E LA PAROLA: CARESTIA O GRAZIA?!

mercoledì 15 aprile 2020

La storia.

Prato, il medico che ha pianto distribuendo l’Eucarestia

Su mandato del vescovo Nerbini i dottori hanno dato l’Eucarestia ai malati a Pasqua. Il momento più toccante è stato quando a ricevere l’Eucarestia sono stati mamma e figlio ricoverati insieme

di Giacomo Cocchi (Avvenire, mercoledì 15 aprile 2020)

      • [Foto] Il vescovo Nerbini ha impartito il mandato di ministri straordinari della comunione ai medici dell’ospedale di Prato che hanno così potuto dare la comunione ai malati nel giorno di Pasqua

L’idea è venuta ai medici del reparto Covid dell’ospedale di Prato: dare la comunione ai pazienti il giorno di Pasqua. «È stata una proposta nata in modo spontaneo e condivisa immediatamente con il cappellano ospedaliero don Carlo che ci ha preparati a vivere questo momento», dice il dottore Lorenzo Guarducci, che insieme ad altri cinque colleghi ha distribuito l’Eucarestia ai malati di coronavirus.

Il vescovo Giovanni Nerbini ha accolto con favore l’iniziativa e nel primo pomeriggio della domenica di Pasqua, nella cappella dell’ospedale, ha impartito loro il mandato di ministri straordinari della comunione. Oncologia, pronto soccorso, area Covid e terapia intensiva. Questi i reparti dove i degenti contagiati da coronavirus hanno avuto la possibilità di ricevere il Sacramento. E oltre un centinaio di malati ha accettato di comunicarsi. «Ho pianto assieme ai pazienti. Gli ospedali sono luoghi di cura, ma non possiamo pensare di separare il corpo dallo spirito: mi rendo conto che nella lotta al coronavirus il nostro sforzo è troppo indirizzato a combattere i mali fisici dei pazienti», afferma Filippo Risaliti, uno dei medici coinvolti. -«Sono state le parole di papa Francesco a spronarci - sottolinea -. Quando ha detto che i sanitari avrebbero dovuto svolgere il ruolo di intermediari della Chiesa per le persone sofferenti abbiamo preso la decisione di proporci per distribuire la Comunione a Pasqua. Siamo gli unici che potevano farlo, dato che solo noi possiamo entrare in quelle stanze».

È stato un rito straordinario che nell’intenzione di questi medici ha voluto sanare una «doppia separazione», come spiega Guarducci: «una delle conseguenze drammatiche di questa pandemia è proprio l’isolamento, di malati e sanitari, da tutto e da tutti». Come la maggior parte del personale ospedaliero impegnato quotidianamente nella lotta al virus anche lui da oltre un mese non torna a casa da moglie e figli. «Dare la comunione ai malati per me ha significato colmare questo vuoto, questo gesto mi ha fatto ricongiungere anche con i miei attraverso il Signore. È stata una delle esperienze più belle che ho vissuto nel corso della mia vita di uomo, di cristiano e di medico », dice ancora Guarducci.
-  Nel suo racconto il momento più toccante è stato quando ha dato l’Eucarestia a mamma e figlio ricoverati insieme per coronavirus. «Al di là dell’aspetto confessionale - riprende Risaliti - in questo momento di difficoltà i medici percepiscono la condizione di isolamento dei pazienti dagli affetti e dai parenti. Sono persone sole, sofferenti, non solo nel fisico ma anche nell’anima. Vivono una situazione di distanza umana».
-  Indossando i dispositivi di protezione anche il cappellano don Bergamaschi è entrato nel reparto. Con sé aveva una pisside con le ostie, separate una a una da una garza per evitare una eventuale contaminazione. Mentre in rianimazione, per i pazienti intubati impossibilitati a comunicarsi, è stata letta una preghiera davanti al letto.
-  «Il vescovo Nerbini ci ha formalmente incaricato - conclude il dottor Risaliti - ha fatto un piccolo discorso spiegando che in questi tempi difficili noi medici siamo chiamati anche a questo. Ed io sono d’accordo: attualmente il nostro sforzo è troppo indirizzato sulla cura del male fisico, ma mi rendo conto che la spiritualità dell’uomo non si può scindere dal suo corpo. Anche quella ha bisogno di importanti cure».


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