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PIANETA TERRA. Fine della Storia o della "Preistoria"?

CORSI E RICORSI STORICI: CIVILTA’ AL COLLASSO. Uno studio della Nasa: l’Occidente è destinato a crollare come Roma antica e gli altri grandi imperi del passato. Una nota di Vittorio Sabadin e una di Paolo Mastrolilli - a c. di Federico La Sala

Il professore della Columbia University Jagdish Bhagwati: “Ma la via d’uscita c’è: puntare sul capitale umano”
venerdì 21 marzo 2014
[...] Andiamo alle radici storiche della questione. Tutti i grandi imperi, a partire da quello romano, hanno commesso l’errore di escludere le classi più basse, pensando che le cose sarebbero sempre rimaste uguali. Anche noi lo stiamo ripetendo ora, però la soluzione non è ridistribuire, ma includere [...]
GUARIRE LA NOSTRA TERRA.
PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO. ANCORA NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT (...)

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> CORSI E RICORSI STORICI --- "MAPPA MUNDI" (D. De Masi). La fine della cultura europea e il declino dell’Occidente? Un meticciato forse ci salverà.

venerdì 21 marzo 2014

Un meticciato forse ci salverà

di Severino Salvemini (Corriere della Sera, 21.03.2014)

Ovunque si vada, la crisi è diffusa: di rappresentanza, di fiducia, di senso. La gente non sembra contenta e progetta di fuggire altrove. La disponibilità al viaggio e la globalizzazione hanno innalzato la propensione ad emigrare, anche nelle classi intellettuali. Si gira il mondo, nella convinzione che l’erba del vicino sia più verde di quella del proprio cortile.

E ciò non è solo il caso dell’Italia e degli Italiani. «Succede a Roma come al Cairo, a Berlino come a New York» - confessa Domenico De Masi (Mappa Mundi , Rizzoli, pp. 874, e 21). «Si vaga, si sperimenta, ma poi il grado di soddisfazione è simile al luogo da cui si è partiti». È l’epoca del disorientamento: uno stato d’animo che l’umanità ha sempre provato, ma che mai come oggi ha raggiunto una intensità così deprimente. Il percorso è sempre più erratico e insensato. C’è l’esigenza di un mondo nuovo consapevole e solidale, ma non sappiamo come orientare il progresso che è privo di regole e di scopi.

La società postindustriale, denominata a volte «liquida», a volte «a pensiero debole», è senza un modello. Agisce senza appartenenza e riferimenti di pensiero utili al suo cammino. Messa in soffitta la spuntata razionalità e sposata la prassi delle «mezze verità», essa si contorce, incapace di costruire certezze consolidate, alimentando pericolose improvvisazioni.

È la prima volta che abbiamo tutto quello che ci serve, ma ci mancano il porto e la rotta. Manca una guida che diriga, un faro che illumini, saggio e credibile. Non abbiamo un modello di vita, sostiene De Masi. E la colpa di ciò è preminentemente degli intellettuali che si sono appiattiti sulla politica e sul potere e si sono estraniati dai veri contesti, dimenticando il loro ruolo e il loro dovere umano, sociale e soprattutto di pensiero.

Se questa è la diagnosi feroce, quale può essere allora la terapia? Recuperare il meglio dei modelli sociali prodotti dall’uomo nel passato e in altre latitudini (dall’umanesimo spirituale al modello indiano, da quello brasiliano a quello musulmano, passando per quelli cinese, giapponese, classico, ebraico, cattolico, protestante, illuminista, capitalista, socialista, comunista).

Solo prendendo il meglio da questi schemi di vita (ogni capitolo è destinato ad una trattazione pregevole e appassionata di un modello e ogni capitolo termina con un paragrafo dal senso «...non possiamo non dirci cinesi...o giapponesi... o musulmani... e così via) potremo impostare un nuovo sistema che ci indirizzi verso il comune obiettivo della felicità umana. Uno Stato che attenui le condizioni sociali violente, ingiuste, rapaci e negative. Uno Stato che indichi la strada, che abbia il coraggio delle idee, che metta in fila azioni in grado di ribaltare la situazione ossificata.

La fine della cultura europea e il declino dell’Occidente? Qui il sociologo sorride sornione e apre all’ottimismo: come un cuoco che pizzica ingredienti da spezie di lontana provenienza, la ricetta è un sano meticciato. Non possiamo sprecare le esperienze dell’umanità. Un po’ di protestantesimo, una manciata di sensualità brasiliana, una bussola illuministica, una dose di religiosità indù, qualche grammo di estetica classica ed ecco che possiamo uscire dall’attuale nebbia e dalla voglia di vagare altrove, grazie ad un rinnovato riorientamento. Eccoci reindirizzati verso un mondo aperto alle speranze e all’avvenire.

Il saggio è dedicato ai naviganti di prua, quegli emigranti che nella nave che portava verso il nuovo mondo erano attratti dalla parte anteriore del natante, perché da lì si sarebbe scorta la terra promessa, mentre invece gli stanziali di poppa erano orientati verso la nostalgia che cresceva mano mano che l’immagine del paese di origine perdeva i suoi dettagli e i suoi confini.


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