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SULL’USCITA DALLO STATO DI MINORITÀ E SULLO SPIRITO CRITICO, OGGI. "X"- FILOSOFIA. LA FIGURA DEL "CHI": IL NUOVO PARADIGMA.

DAL "CHE COSA" AL "CHI": NUOVA ERMENEUTICA E NUOVO PRINCIPIO DI "CARITÀ"! DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE. Una nota di Eleonora Cirant (e altri materiali).

"Il libro di Federico La Sala offre un punto di vista raro. Quello di un pensiero maschile che osserva e riflette e su alcuni pilastri del pensero filosofico occidentale in modo non neutro (...)".
martedì 19 marzo 2024
Della Terra, il brillante colore
2013, nov 27*
Della Terra, il brillante colore
Il libro di Federico La Sala offre un punto di vista raro. Quello di un pensiero maschile che osserva e riflette e su alcuni pilastri del pensero filosofico occidentale in modo non neutro ma a partire dal riconoscimento della propria parzialità - di individuo e di genere.
Il libro si compone di più saggi che affondano nel profondo delle nostre radici culturali come “carotaggi” a campione. La (...)

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> DAL "CHE COSA" AL "CHI".. DELLA TERRA, IL BRILLANTE COLORE. --- Il pensiero "critico" e l’Italia, Repubblica popolare fondata sull’asineria.

lunedì 24 ottobre 2016

IL PIANO NAZIONALE FORMAZIONE DEL MIUR

Educare al pensiero critico

di Gaspare Polizzi (Il Sole-24 Ore, Domenica, 23 Ottobre 2016)

Lunedì 3 ottobre è stato presentato al Miur il Piano nazionale di formazione degli insegnanti. Il Ministro Stefania Giannini lo ha illustrato dopo gli interventi di Andreas Schleicher, Direttore del Directorate of Education dell’Ocse, Jordan Naidoo, Direttore della Divisione Education 2030 Support and Coordination dell’Unesco, Oon Seng Tan, Direttore dell’ Institute of Education di Singapore. Il Piano prevede un investimento di 325 milioni di euro per la formazione in servizio degli insegnanti, che diventa - come previsto dalla legge 170/2016, art. 1, comma 124 - «obbligatoria, permanente e strutturale». Sarà presto adottato con decreto del Ministro e sarà subito operativo. Se a queste risorse si aggiunge il miliardo e 100 milioni della Carta del Docente, si arriva a un totale di 1,4 miliardi stanziati nel triennio 2016/2019 per la formazione del corpo insegnante. Non ci sono precedenti per un impegno di spesa simile del Miur per valorizzare la crescita professionale dei docenti.

Saranno coinvolti nel Piano di formazione tutti i docenti di ruolo, circa 750mila. Nove le priorità tematiche: tre riguardano le competenze di sistema (Autonomia didattica e organizzativa, Valutazione e miglioramento, Didattica per competenze e innovazione metodologica), le altre sei mirano all’innovazione (Lingue straniere, Competenze digitali e nuovi ambienti per l’apprendimento, Scuola e lavoro) e all’inclusione (Integrazione, competenze di cittadinanza e cittadinanza globale, Inclusione e disabilità, Coesione sociale e prevenzione del disagio giovanile). La qualità dei percorsi sarà assicurata attraverso nuove procedure di accreditamento a livello nazionale dei soggetti erogatori che consentiranno anche di monitorare gli standard offerti. Sarà fatto un investimento specifico sulla ricerca in questo campo, pari a tre milioni di euro, per favorire il finanziamento, la raccolta e diffusione delle migliori startup formative. Le «buone pratiche» formative, saranno raccolte, a cura dell’INDIRE (Istituto Nazionale di Documentazione Innovazione e Ricerca Educativa), in una «biblioteca delle innovazioni».

I tre prestigiosi relatori internazionali hanno variamente sottolineato limiti e potenzialità del sistema italiano di istruzione. Schleicher, a nome dell’OCSE, ha illustrato un triangolo perfetto della professionalità docente, ai vertici del quale si trovano l’autonomia, ovvero il potere decisionale dei docenti sul proprio lavoro, la base di conoscenze per l’insegnamento, le opportunità di sostegno e confronto necessarie per mantenere elevati standard di qualità. Nel caso italiano il triangolo è squilibrato perché a una dose elevata di autonomia fanno riscontro basse opportunità di confronto tra docenti e una ridotta base di conoscenze specifiche. È evidente che la formazione si gioca in Italia sulle conoscenze funzionali alla didattica e sulla capacità di dialogare e lavorare in gruppo.

Il ministro Stefania Giannini ha dichiarato che «siamo davanti ad un cambio di paradigma culturale: da oggi ciascun docente sarà inserito in un percorso di miglioramento lungo tutto l’arco delle sua vita professionale. Abbiamo immaginato la formazione in servizio come un ambiente di apprendimento permanente, un sistema di opportunità di crescita costante per l’intera comunità scolastica”. Il Ministro ha posto una particolare enfasi sulla centralità della didattica per competenze, che afferisce agli aspetti strategici del sistema.

Non a caso la svolta impressa dal PNF è stata sottolineata da Tan, Direttore dell’Institute of Education di Singapore, Paese all’avanguardia mondiale nei sistemi educativi: «il lancio di questo Piano rappresenta per l’Italia un traguardo importante nelle politiche di miglioramento del sistema scolastico. Il Piano farà crescere la qualità dell’insegnamento e avrà ricadute positive su scuole e studenti». Tan ha sottolineato la cura che a Singapore si dedica all’apprendimento cooperativo dei docenti, che ridiventano di buon grado studenti disposti in classi di apprendimento gestite da maestri riconosciuti. L’insegnamento collaborativo si realizza grazie alla disponibilità dei docenti a seguire un apprendimento collettivo secondo i criteri del life long learning.

Viene da pensare alla convergenza tra il «nuovo paradigma» della formazione degli insegnanti e lo straordinario impegno profuso dal Sole 24 Ore per l’attuazione del «Manifesto della Cultura», nel quale si sostiene tra l’altro che «l’azione pubblica deve contribuire a radicare a tutti i livelli educativi, dalle elementari all’università, lo studio dell’arte e della storia, non disgiunto dalla formazione di una mentalità scientifica e antidogmatica, per rendere i giovani i custodi del nostro patrimonio, e per poter fare in modo che essi ne traggano alimento per la creatività del futuro, formando nel contempo i giovani ad una cultura del merito, che deve attraversare tutte le fasi educative». Gli Stati Generali della Cultura, che quest’anno celebrano la loro quinta edizione, sono imbevuti della medesima volontà di cambiare il paradigma dell’istruzione e della cultura, nella convinzione che soltanto su queste nuove basi potrà avvenire la rinascita del Paese.

Su un punto, in particolare, il PNF può convergere con un obiettivo concreto degli Stati Generali della Cultura: l’esercizio del pensiero critico. Il dossier Ocse 2015 su scuola e università (Education at a Glance) segnala che l’Italia registra uno dei punteggi più bassi in termini di lettura e comprensione (literacy) dei 25-34enni, titolari di un diploma universitario e il dato si riflette sulle competenze logico-linguistiche degli insegnanti, e degli studenti, ostacolando anche il pieno sviluppo dell’educazione alla cittadinanza. Il potenziamento delle competenze logiche e argomentative permette l’esercizio di pratiche di ragionamento volte alla risoluzione dei problemi e in quanto tale è aspetto formativo strategico. Ne possono derivare significativi risultati metodologici quali l’impegno al dialogo e al lavoro di gruppo, la consuetudine con le procedure di verifica empirica di un’ipotesi, il controllo ragionato dei fattori che influenzano le soluzioni, la critica degli automatismi, in una parola, l’esercizio del pensiero critico. Tali azioni formative si iscrivono nel quadro del potenziamento degli apprendimenti di base degli allievi (esiti Invalsi, Ocse-Pisa, Iea-Pirls, ecc.) e della didattica per competenze.

Quella stessa didattica per competenze viene vista dal PNF come la chiave di volta della nuova formazione dei giovani: «la didattica per competenze rappresenta inoltre la risposta a un nuovo bisogno di formazione di giovani che nel futuro saranno chiamati sempre più a reperire, selezionare e organizzare le conoscenze necessarie a risolvere problemi di vita personale e lavorativa. Questa evoluzione concettuale rende evidente il legame che si intende oggi realizzare tra le aule scolastiche e la vita che si svolge al di fuori di esse, richiedendo alla scuola - e soprattutto a ciascun insegnante - una profonda e convinta revisione delle proprie modalità di insegnamento per dare vita a un ambiente di apprendimento sempre più efficace e commisurato alle caratteristiche degli studenti».

Il Piano nazionale di formazione degli insegnanti potrebbe favorire concretamente l’introduzione nell’insegnamento dell’esercizio del pensiero critico, fornendo quegli strumenti logici e metodologici che fanno perdere al docente la sua funzione tradizionale di indottrinamento tramite una lectio, per favorire un ruolo dialogico attivo degli studenti che realizzi, anche con l’apporto consapevole delle tecnologie digitali, una pratica attenta della dialettica come arte del dialogare, analisi critica delle parole e dei discorsi altrui. L’esercizio del pensiero critico potrebbe far diventare un ricordo lontano i bassi risultati dei nostri giovani in lettura e comprensione dei testi, e ridurre il diffuso analfabetismo funzionale.



ALFABETO - TULLIO DE MAURO. Italia, Repubblica popolare fondata sull’asineria

di Antonello Caporale *

Tullio De Mauro Siamo la Repubblica dell’ignoranza, degli asini duri e puri, degli analfabeti di concetto, di concorso, di condominio, da passeggio e da web. Passano gli anni ma restiamo sempre stupiti della mostruosa cifra dei concittadini incapaci di comprendere o persino leggere una frase che non sia un periodo semplice (soggetto, predicato e complemento) e un’operazione aritmetica appena più complessa dell’addizione o della sottrazione a due cifre.

Tullio De Mauro è il notaio della nostra ignoranza.

Sono ricerche consolidate, l’ultima dell’Ocse è del 2014, che formalizza il grado italiano di estremo analfabetismo. Mi succede ogni volta di dover spiegare che la sorpresa è del tutto fuori luogo, i dati sono consolidati oramai.

Professore, asini eravamo e asini siamo.

Abbiamo una percentuale di analfabetismo strutturale intorno al 33% in misura proporzionale per classi di età: dai 16 anni in avanti. Il 5% di essi non riesce a distinguere il valore e il senso di una lettera dall’altra. Avrà difficoltà a capire ciò che divide la b con la t la f la g. Cecità assoluta. Il restante 28 ce la fa a leggere, ma con qualche difficoltà, parole semplici e a metterle insieme: b a c o, baco. Singole parole.

Qui siamo al livello 1: totale incapacità di decifrare uno scritto.

Il cosiddetto livello degli analfabeti strutturali.

Passiamo al secondo livello.

Gli analfabeti funzionali. Riescono a comprendere o a leggere e scrivere periodi semplici. Si perdono appena nel periodo compare una subordinata o più subordinate. E uguale difficoltà mostrano quando le operazioni aritmetiche si fanno appena più complicate della semplice addizione e sottrazione. Con i decimali sono guai.

Dentro questo comparto di asineria alleviata c’è un altro 37% di compatrioti.

Purtroppo non ci schiodiamo da queste cifre.

Quanta gente ha una padronanza avanzata di testi, parole e concetti?

Il 29%. Si parte dal terzo gradino, quello che definisce il minimo indispensabile per orientarsi nella vita privata e pubblica, e si sale fino al quinto dove il forestierismo è compreso, si ha la padronanza della lingua italiana e anche di quella straniera.

Con gli anni si peggiora.

È un processo di atrofizzazione del sapere costante e lievitante.

Solo tre italiani su dieci andranno a votare al referendum sulla Costituzione con qualche idea di cosa sono chiamati a decidere.

Siamo lì, purtroppo.

È un disastro!

Il Giappone nel 1870 investì ogni risorsa nella scolarizzazione. Nel 1900 tutti i giapponesi erano in possesso della licenza elementare. Traguardo che noi abbiamo raggiunto 80 anni dopo.

Per la politica è un grande business trovarsi di fronte elettori inconsapevoli. Frottole a gogò!

È un’attrazione fatale. Ricordo che il ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer licenziò una riforma nella quale il Parlamento si faceva carico di ascoltare ogni anno una relazione sullo stato dell’istruzione in Italia e ogni tre anni di avanzare gli eventuali correttivi. Un po’ come la manovra finanziaria, pensava che fosse necessaria una legge di stabilità culturale. Era un modo per tenere sott’occhio anche questa sciagura e per ridurre o limitare l’evento calamitoso dell’ignoranza. Venne la Moratti e dopo un giorno dal suo insediamento la cassò.

Anche lei è stato ministro dell’Istruzione.

In Parlamento risposi a un’interrogazione di una deputata (insegnante tra l’altro). Dissi: l’onorevole preopinante (colui che ha appena dubitato, opinato ndr). Lei mi interruppe: come si permette di offendere?

Ma l’ignoranza non incide anche nella qualità del lavoro?

L’ignoranza costa in termini civili, naturalmente culturali e persino nel processo produttivo. L’indice di produttività subisce un assoluto condizionamento dall’asineria.

Di cosa ci sarebbe bisogno?

Di cicli di aggiornamento culturale di massa. E nessun sussidio (penso alla cassa integrazione) dovrebbe essere possibile senza un contestuale periodo di educazione alla lingua.

Dovremmo tutti andare al doposcuola.

Prima si andava al mercato e si sceglieva la lattuga. Adesso c’è il supermercato dove tutto è imbustato. Per capirne provenienza e confezionamento è necessario saper leggere. Posso anche leggere Cile, ma se non so dove si trova quel Paese che me ne faccio di quella indicazione?

Siamo il Paese della onesta incomprensione.

Esisteva un servizio intelligente e puntuale che indagava sulla nostra capacità di comprendere, il servizio opinione Rai poi incredibilmente chiuso. Nel 1969 fu avanzata una ricerca su tre campioni: la casalinga di Voghera, gli operai di Bari e gli impiegati di Roma. Questi ultimi si distinsero per la loro selvaggia ignoranza.

E noi a prendercela con la casalinga di Voghera.

Invece i peggiori erano gli impiegati dei ministeri. Asinissimi!

* Blog di Antonello Caporale - Il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2016


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