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> DAL "CHE COSA" AL "CHI": NUOVA ERMENEUTICA E NUOVO PRINCIPIO DI "CARITÀ"! --- “La scienza ha un problema di razzismo”. La rivista scientifica Cell fa mea culpa (di Giulia Belardelli).

mercoledì 10 giugno 2020

CULTURE

“La scienza ha un problema di razzismo”. Un altro sasso nella coscienza d’America

La prestigiosa rivista scientifica Cell fa mea culpa e chiama all’azione la comunità degli scienziati: “Sappiamo molto sulla salute dei bianchi perché abbiamo sfruttato i neri. Dai database agli studi clinici, storia di una lunga ingiustizia. Tempo di cambiare”

di Giulia Belardelli *

      • [Foto] Da sinistra: Henrietta Lacks; studio sulla sifilide di Tuskegee; tombe di massa nel Bronx per l’emergenza... Wikipedia/getty

“La scienza ha un problema di razzismo. Il compito degli scienziati è risolvere problemi. Quindi andiamo dritti al punto e affrontiamo questo problema”. La chiamata all’azione arriva da Cell, una delle più prestigiose riviste scientifiche americane, che in un editoriale pubblicato oggi fa un excursus, con tanto di mea culpa, su tutti i modi in cui la scienza è complice di un razzismo “manifesto e sistematico” che può “prosperare” grazie alla “epidemia di diniego del ruolo integrale che ogni singolo membro della società gioca nel sostenere lo status quo”. Black Lives Matter, le vite dei neri contano, scandiscono i manifestanti ormai da quasi tre settimane. Ed è ora che contino di più anche per la scienza, in termini di rappresentanza, studi, database scientifici, accesso alle cure.

L’editoriale di Cell parte da una auto-osservazione che diventa auto-critica: “la nostra rivista, impegnata nella pubblicazione e diffusione di entusiasmanti lavori nel campo delle scienze biologiche, è composta da 13 editor scientifici. Nessuno di noi è nero. Ma la sottorappresentazione degli scienziati neri va oltre il nostro team: riguarda i nostri autori, i revisori e il comitato consultivo”. Si potrebbe liquidare il problema sostenendo che “la rivista è un riflesso dell’establishment scientifico”: vero, ma completamente inutile se l’obiettivo è contribuire a eliminare qualche strato di ingiustizia.

Per dirla con De Andrè, è come se da Cell si levasse una chiamata agli scienziati americani e non solo: “Per quanto voi vi crediate assolti / Siete per sempre coinvolti”. “La scienza ha un problema di razzismo”, per vederlo basta guardare alla “storia delle genetica umana, un campo che è stato ripetutamente usato come fondamento scientifico per la definizione di ‘razze’ umane e per sostenere diseguaglianze intrinseche. I propugnatori dell’eugenetica usano gli alleli che portiamo come ragione per dichiarare una superiorità razziale, come se l’espressione di un gene della lattasi avesse a che fare con l’umanità di una persona. La razza non è genetica”.

Un altro modo in cui la scienza è stata - e in molti casi è ancora - razzista è lo sfruttamento dei soggetti neri nella ricerca. Un esempio lampante è “l’enorme mole di ricerca scientifica passata e attuale resa possibile dalle cellule rubate decenni fa a Henrietta Lacks, una donna nera malata di cancro. Oppure lo studio sulla sifilide di Tuskegee, che intenzionalmente ha negato un trattamento adeguato a centinaia di uomini di colore. E ancora: basta pensare - prosegue Cell - al ruolo della razza nelle questioni del consenso, della proprietà e dell’etica medica, e alle relative violazioni.

Ma non è tutto: il razzismo nella scienza si manifesta anche “nell’estrema disparità di database genetici e clinici che gli scienziati hanno costruito”: la stragrande maggioranza dei dati riguarda i bianchi, le cui malattie sono molto più studiate e comprese rispetto a quelle dei neri. Il diritto alla salute, in America come altrove, è minato dal razzismo. Per rendersene conto - prosegue Cell - basta leggere “le statistiche sulle disparità di morbilità e mortalità negli ospedali di tutto il Paese, evidenziata dalla corrente pandemia: chiediamoci perché le donne di colore hanno una probabilità cinque volte maggiore delle donne bianche a morire durante la gravidanza, o perché i bambini neri hanno il doppio delle probabilità di morire rispetto ai bambini bianchi nati negli Stati Uniti. La salute dei neri non è mai stata la priorità”.

Il virus del razzismo infetta la scienza in molti altri modi: “l’establishment scientifico, l’educazione scientifica e la metrica usata per definire il successo scientifico hanno a loro volta un problema di razzismo”. “Gli afroamericani affrontano una montagna di sfide costruite in secoli di razzismo sistemico e strutturale” che compongono “la storia di schiavitù e oppressione razziale degli Stati Uniti d’America”. Finora il mondo accademico e scientifico non ha fatto abbastanza per invertire la rotta: “è giunto il momento di rinnovarsi”.

Nella consapevolezza che non si cambia in un giorno, Cell fa comunque la sua promessa alla comunità scientifica nera. Una promessa articolata in quattro punti: 1) rappresentanza: “ci impegneremo a rappresentare e amplificare la voce degli scienziati neri sulla rivista e sui social media”; 2) educazione: “ci impegneremo a presentare le problematiche più rilevanti per la comunità scientifica nera; 3) diversificazione: “aumenteremo la diversità nel nostro comitato consultivo e nel nostro pool di revisori”; 4) ascolto: “se ci sono modi in cui possiamo usare la nostra voce e la nostra piattaforma per aiutare la comunità di scienziati neri, siamo pronti a imparare”.

Imparare è la parola chiave. “Quasi sicuramente faremo degli errori lungo la strada”, si legge nella conclusione. “Ma il silenzio non è e non sarebbe mai dovuto essere un’opzione. La scienza ha un problema di razzismo. Gli scienziati sono problem solvers. Andiamo dritti al punto”. Un altro sassolino nella coscienza d’America.

* HUFFPOST, 10/06/2020 (ripresa parziale, senza immagini e allegati).


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