Inviare un messaggio

In risposta a:
Parlare di scuola vera è sempre una buona cosa. Perché ancora oggi "non è mai troppo tardi".

SULLA SCUOLA, OGGI, BISOGNA ESSERE DI PARTE. "BUONI MAESTRI". Una nota di Mariapia Veladiano, e una "memoria" su Alberto Manzi di Roberto Farné - a c. di Federico La Sala

Ecco chi sono questi maestri speciali, gli eredi di Alberto Manzi. Sono convinti che questi ragazzi ai quali dedicano il loro tempo possano essere sottratti a un destino già scritto. In prima linea per aiutare chi ha difficoltà a scuola, chi rischia di mollare le lezioni.
venerdì 28 febbraio 2014
ITALIA. USCIRE DALLA CONFUSIONE: UNA MORATORIA CONTRO LA DEVASTAZIONE DELL’INTERA ITALIA.
LA SCUOLA PUBBLICA COME ORGANO COSTITUZIONALE DELLA DEMOCRAZIA. Una nuova edizione del libro di Piero Calamandrei, "Per la scuola". Parte della prefazione di Tullio De Mauro
L’ITALIA (1994-2014), TRE PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA SENZA "PAROLA", E I FURBASTRI CHE SANNO (COSA SIGNIFICA) GRIDARE "FORZA ITALIA".

Buoni maestri
di Mariapia Veladiano (la (...)

In risposta a:

> SULLA SCUOLA, OGGI, BISOGNA ESSERE DI PARTE. --- Come fece Alberto Manzi, Ci vuole un po’ di spirito visionario (di Franco Lorenzoni - Cari architetti rifateci le scuole!) .

lunedì 24 marzo 2014

Per l’edilizia scolastica

Cari architetti rifateci le scuole!

Il ruolo dei professionisti nel recupero e nel rilancio degli edifici scolastici perché siano luoghi sicuri, con fortevoli e stimolanti per gli allievi

di Franco Lorenzoni (Il Sole 24 Ore, 16 marzo 2014)

Che si investa nell’edilizia scolastica è una buona notizia, perché troppo spesso le nostre scuole sono fatiscenti e insicure. Credo valga la pena, tuttavia, cogliere l’occasione per ripensare, con ra dicalità e serietà, a quali siano gli spazi più adatti allo sviluppo di relazioni educative aperte ed efficaci.

Nelle «Indicazioni nazionali per il curricolo» della scuola dai 3 ai 14 anni, divenute legge dello Stato nel novembre 2012, si legge: «L’acquisi zione dei saperi richiede un uso flessibile degli spazi, a partire dalla stessa aula scolastica, ma anche la disponibilità di luoghi attrezzati che facilitino approcci operativi alla conoscenza per le scienze, la tecnologia, le lingue comunitarie, la produ zione musicale, il teatro, le attività pittoriche, la motricità. Particolare importanza assume la biblioteca scolastica, anche in una prospettiva multimediale...» . Ecco, se si investono soldi nelle scuole, ci sono certamente tetti da riparare, strutture da consolidare, materiali per il risparmio energetico da applicare e percorsi e spazi da adattare per una fattiva inclusione dei ragazzi portatori di disabilità. Sono operazioni urgenti e necessarie, ma varrebbe la pena approfittarne per ragionare a fondo in torno ad altre modifiche, spesso realizzabili a costi più bassi, che rendano possibile un uso più intelligente e flessibile degli spazi.

Dal rendere praticabili le terrazze in città, per farne luogo di esperimenti e osservazioni del cielo come fece Alberto Manzi nei suoi primi anni di scuola negli anni Cinquanta, al sottrarre al cemento piccole porzioni di terreno dove realizzare un piccolo orto o piantare qualche albero da frutta; dall’apertura di un’ala dell’edificio per un uso pomeridiano di alcune aule, da condividere con associazioni di quartiere, al ricavare spazi (anche ridotti) per il teatro o attività di movimento non solo per i più piccoli, ma per bambini e ragazzi di ogni età, che spesso hanno bisogno non solo di palestre (spesso assenti), ma anch e di luoghi curati e adatti, impreziositi magari da un economico parquet, che permetta di stare seduti a terra a conversare, fare teatro, improvvisare musica o ascoltarne. Insomma dare la possibilità di risvegliare nella scuola il desiderio di ripensare se nza pregiudizi a tutti gli spazi, immaginando un uso molteplice e duttile delle aule, che tanto aiuterebbe l’ascolto reciproco e la concentrazione, superando l’assurda pretesa di inchiodare ore e ore corpi vitali e sanamente irrequieti dentro scomodi banchi.

E dunque ecco una piccola modesta proposta: si corra pure veloci a mettere in cantiere opere urgenti già questa estate per i lavori strutturali di messa in sicurezza, ma ci si prenda del tempo (ad esempio tutto il prossimo anno scolastico) per progettar e piccoli interventi mirati di architettura degli interni, che trasformino più scuole possibili in piccoli cantieri dell’innovazione spaziale e didattica.

Lo spazio è parte costitutiva della relazione educativa, e per esperienza diretta so quanto il mutare le posizioni reciproche contribuisca a cambiare consuetudini e atteggiamenti di bambini, di ragazzi e - seppure con maggior difficoltà - anche di noi insegnanti.

Una preside di Palermo, alla fine degli anni Novanta, appena arrivata a dirigere una scuola media di frontiera, prese come primo provvedimento lo smantellamento delle enormi inferriate che avevano dato a quella scuola l’aspetto di un bunker. «La possibilità di evitare furti e irruzioni sta unicamente nella nostra capacità di far percepire la scuo la come luogo aperto e amico del territorio - sosteneva - non nel trasformarla nell’immagine di un carcere decentrato». Aprì la scuola al pomeriggio, promosse numerose iniziative educative rivolte agli immigrati e alla popolazione adulta del quartiere e, c on l’aiuto di un appassionato docente di matematica, organizzò un gigantesco torneo di scacchi che coinvolse per mesi tutti gli studenti, riuscendo almeno parzialmente a spostare sul piano della simulazione simbolica la gran voglia di guerreggiare di tanti ragazzi.

Ma per immaginare questi mutamenti spaziali e simbolici ci vuole uno sguardo capace di andare oltre le abitudini quotidiane. Ci vuole un po’ di spirito visionario, che forse potrebbe essere alimentato da un incontro sul campo di ottiche e profess ionalità diverse.

Scambiarsi idee tra educatori e architetti potrebbe produrre proposte interessanti e si potrebbero coinvolgere anche i bambini e i ragazzi, a patto che siano chiamati a partecipare non solo in modo formale o retorico nel ripensare in modo radicale spazi che, con il crescere dell’età, i giovani abitano con sempre maggiore estraneità. Si, perché è proprio l’abitare gli spazi educativi il tema che andrebbe messo all’ordine del giorno.

Ci sono precedenti storici, minoritari ma significativi, che vale la pena ricordare. Quando Adriano Olivetti immaginò di migliorare la condizione operaia e umanizzare la produzione, la visione di cui era animato non si fermò alle fabbriche, che volle dotat e di grandi finestre e biblioteche, ma spaziò alla scuola e alla città. Per contribuire a quello spirito di comunità che aspirava costruire, chiamò a Ivrea i migliori urbanisti e sociologhi e costruì scuole e sostenne il diritto dei bambini ad avere esperi enze educative diverse nella natura e in spazi adatti a loro. Sappiamo bene che quell’idea di sviluppo non si diffuse per i tanti ostacoli che incontrò nel mondo dell’impresa e per la diffidenza con cui fu guardata dalla sinistra.

Danilo Dolci, pedagogo n onviolento e instancabile organizzatore sociale, volle il segno dell’architetto Bruno Zevi per costruire una scuola per l’infanzia nel borgo di Trappeto, nella Sicilia occidentale, dove aveva condotto il famoso sciopero a rovescio per collegare con una str ada paesi isolati, dove ancora si moriva di fame.

In anni recenti mi è capitato di vedere un progetto di scuola davvero interessante e innovativo, disegnato per la periferia di Roma ma fermo da dieci anni, a causa dell’assurdo ginepraio di leggi che regola no gli appalti pubblici nel nostro Paese.

Riprendendo i tratti di un tessuto urbano composto di piccole casupole nate dalle antiche baracche della Muratella, l’architetto Giacomo Borella, in stretta collaborazione con la grande pedagoga montessoriana Grazi a Honneger Fresco, ha disegnato una scuola dell’infanzia costruita interamente in legno, con aule sparse nella natura e collegate tra loro da piccoli sentieri, che prevedeva un luogo intimo centrale per l’incontro mattutino, piccolo e a misura di bambino, ma con grandi aperture verso l’esterno. Vinse uno dei concorsi voluti dal sindaco Veltroni, che si era proposto di contribuire alla riqualificazione di alcune periferie della capitale partendo dalla costruzione di nuove scuole, la cui estetica era cercata con concorsi internazionali aperti agli studi dei migliori architetti e stanziando finanziamenti adeguati alla qualità che si cercava. Quei concorsi hanno portato alla realizzazione di due scuole, ma poi l’intero progetto si è arenato tra secche burocratic he e cambiamenti amministrativi.

La lacerazione urbanistica e la cementificazione dissennata hanno portato a un tale degrado i territori che circondano le città che quando Renzo Piano - in un recente intervento ospitato in queste pagine - ha parlato di «op era di rammendo delle periferie», non ha potuto non raccogliere larghi consensi e questa sua frase viene continuamente citata anche dal nuovo capo di governo . Gli interessi in gioco sono tali che non sarà certo facile dare avvio a tali rammendi. Ma riguard o alla cura dei luoghi educativi forse qualcosa si può fare, rendendo più flessibili, versatili e magari anche un po’ meno anonimi gli spazi destinati a bambini e ragazzi.

L’architettura delle scuole è passata, nel corso di un secolo, dalle riconoscibili strutture monumentali edificate dopo l’Unità d’Italia e nei primi del ’900, con grandi edifici simili a caserme dotate di cortili al centro, alle troppe orribili e anonime scuole prefabbricate che costellano le periferie di tutta Italia, disegnate a somigl ianza dei magazzini industriali e costruite spesso con materiali di scarsa qualità, roventi d’estate e dispendiose da scaldare in inverno.

Ci vuole un grande sforzo per ripensare i luoghi educativi e dare loro nuova fisionomia. Ma sarebbe di grande valore che a quest’opera concorressero le migliori e più diverse professionalità e si attivassero momenti di partecipazione sociale. Un impegno di tale portata potrebbe contribuire e dare concretezza al più generale problema di ripensare l’educazione. In fin dei conti si tratta dei luoghi deputati al più significativo e prolungato incontro collettivo tra le generazioni e non possiamo tollerare che questo appuntamento quotidiano, così delicato e importante, avvenga in scuole caratterizzate dal degrado e dal brutto.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: