Croce-Gentile, la pace postuma
Grazie a un accordo tra gli eredi sono state raccolte in un unico volume le lettere che i due filosofi si scambiarono prima della rottura (anche politica)
di Giuseppe Salvaggiulo (La Stampa, 07.12.2014)
La prima, una cartolina postale, partì da Torre del Greco il 27 giugno 1896: «Stimatissimo Signore...». Il trentenne Benedetto Croce, che già godeva di considerazione negli ambienti dell’erudizione storica, ringraziava il ventunenne Giovanni Gentile «pel dono cortese del suo studio sulle commedie del Lasca» (la tesi di licenza dopo il secondo anno di Lettere alla Normale di Pisa) e se ne congratulava «pel modo veramente egregio nel quale è condotto», sottolineando «la sua erudizione sobria e calzante» e «le conclusioni esattissime» senza «traccia d’inesperienza». La risposta fu spedita nove giorni dopo da Campobello di Mazzara, dove Gentile trascorreva le vacanze: «Chiarissimo signore...». Lo studente devoto si compiaceva del «giudizio benigno» e, «scusandomi se sono subito un po’ indiscreto», esprimeva il desiderio di «leggere la sua memoria Intorno alla storia della cultura, che mi pare non sia in vendita». Croce risponderà di non poter esaudire la richiesta «perché non ne ho più neanche una copia».
Passando al «Carissimo amico...», ne seguiranno altre duemila, di lettere tra i due principali filosofi italiani del secolo scorso. Per ventotto anni, fino all’ultima del maestro napoletano, datata 24 ottobre 1924: «Certo, noi da molti anni ci troviamo in un dissidio mentale, che per altro non era tale da riflettersi nelle nostre relazioni personali. Ma ora se n’è aggiunto un altro di natura pratica e politica, e anzi il primo si è convertito nel secondo, e questo è più aspro». Evocando l’opposto giudizio sul fascismo, con animo fermo ma non iroso Croce concludeva: «Non c’è che fare. Bisogna che la logica delle situazioni si svolga attraverso gl’individui e malgrado gl’individui. (...) Io ho fiducia nel tempo, e molte volte ho udito dirmi poi: tu avevi ragione; e spero perciò che molte asprezze si spianeranno da sé. Siamo in tempi che, in fatto di cangiamenti, ci hanno abituati a miracoli. Credo di averti risposto con ogni franchezza, e tu forse troverai giuste le cose che ti dico. (...) Abbimi sempre con molto affetto, tuo Benedetto».
Gentile comprese «la logica delle situazioni» e non rispose. Seguirono i rispettivi manifesti pro e contro il regime, a conferire drammaticità pubblica alla lacerazione privata. Invano il comune amico Adolfo Omodeo si adoperò per ricucire lo strappo, divenuto irreversibile nel 1928 quando Croce, nella Storia d’Italia dal 1871 al 1915, condannò come «mal consigliere pratico» il pensiero di Gentile, il quale reagì con una dura recensione sul Giornale critico della filosofia italiana, da lui fondato nel 1920. Da amici a irriducibili antagonisti («un’ostile diade», la definisce Gennaro Sasso, presidente della Fondazione Gentile), rappresentanti di due Italie che si combatterono fino al cruento epilogo degli Anni 40, e anche oltre.
A novant’anni dall’ultima lettera e a settanta dall’uccisione di Gentile per mano dei partigiani, Nino Aragno pubblica per la prima volta il carteggio nella sua interezza. A parte alcune lettere e cartoline di contenuto personale, il materiale non è inedito; ma leggerlo in un unicum dialogico è appassionante. In ogni caso, il valore dell’opera travalica quello editoriale, poiché chiude un secolare scisma: familiare, ideologico, antropologico, nazionale.
I discendenti dei due filosofi erano giunti a un accordo di pubblicazione separata nel 1970: scambiandosi i microfilm, Sansoni editò le lettere di Gentile e Mondadori quelle di Croce. Ma i due distinti epistolari era tanto ricchi quanto monchi, perciò alcuni anni fa Natalino Irti, giurista e presidente dell’Istituto italiano per gli Studi storici fondato da Croce nel 1946, prese l’iniziativa di promuovere un nuovo accordo di pubblicazione congiunta «con funzione pacificante». Al primo colloquio con Alda Croce seguirono quelli con Piero Craveri e Sebastiano Gentile, che si sono fatti carico di «suscitare la concorde volontà delle famiglie», sancita due anni fa nella firma del nuovo accordo. Al ricamo diplomatico è seguito il lavoro delle curatrici Cinzia Cassani e Cecilia Castellani per intrecciare correttamente la corrispondenza: in alcune missive la data mancava, era stata cancellata o coperta dal timbro postale.
Il risultato, spiega Irti, è «un altissimo capitolo di pensiero, di dialogo filosofico, di onestà interiore». L’edizione asciutta - in linea con il profilo dell’editore langarolo, il cui mecenatismo è pari solo all’understatement - consente alle due voci di svettare come querce secolari senza il fastidio del sottobosco pedagogico.
La concezione materialistica della storia e la monografia su Pulcinella. La «fierissima emicrania» di Gentile e la «molestissima febbriciattola» di Croce. Le intimità domestiche, gli abbandoni di amicizia e talvolta, più in Croce che in Gentile, le preoccupazioni personali. Pubblico e privato, senza che la confidenza diventi mai corrività stilistica. Fino al vulnus filosofico sulla nascita dell’attualismo. Scrive Gennaro Sasso: «Soltanto la politica, non sembri paradossale, avrebbe potuto rimediare. Ma, invece che unirli, contribuì a dividerli in modo netto e definitivo».