Il programma di Prodi tace sulla Tav ma parla di scuola. Purtroppo
Attualmente l’itinerario scolastico medio di un nostro ragazzo è il seguente: esce dalla scuola media con un giudizio tra il "discreto" e il "sufficiente", entra in un biennio, grosso modo unitario, poi in un triennio pieno come un uovo di ore di lezione/conferenze, approda, eccetto i 300.000 che si disperdono per sempre, all’università, si iscrive a Storia, Psicologia, Scienze politiche, Sociologia, Comunicazione eccetera (pochissimi alle facoltà scientifiche: solo il 33 per cento, ma il 25 per cento abbandona dopo il primo anno). Si laurea a 27 anni. Così i dati di Alma Laurea. Giovane, ma già vecchio per il mercato del lavoro, ma ancora immaturo. Non si è mai misurato prima con il mondo del lavoro, sta prigioniero di una rete di rapporti precari e leggeri. Ormai abituato all’otium, fa fatica a trovare il negotium. Spesso ciondola per casa fino oltre i trent’anni, demotivato e sradicato, senza progetti, senza speranze. Intanto la mastodontica macchina dell’istruzione continua a macinare milioni di euro (40 nel prossimo anno), a pagare un numero abnorme di docenti e bidelli, a tenere i ragazzi a scuola per un numero di ore e materie esorbitante, il più alto in Europa.
Senza riforme, la situazione peggiora di anno in anno. Il sistema educativo nazionale è in declino, bocciato dalle indagini internazionali e, soprattutto, dai genitori, dagli studenti e dagli insegnanti. Intanto dal sud e dall’est del mondo arrivano ingegneri 22enni: parlano inglese e sanno fare il loro lavoro, sono prontamente assunti dalle imprese. I nostri arrivano dal Politecnico sul mercato mercato del lavoro a 28 anni. Che cosa propongono i nostri retori della cittadinanza, dell’inclusione, dell’eguaglianza delle opportunità? Di abolire i coraggiosi tentativi, ancorché poco efficaci, della Moratti di ridurre il numero di ore e di materie e di anni passati sui banchi e di definire un curriculum essenziale di cittadinanza.
Al contrario per l’Unione di Prodi occorre ripristinare il temposcuola precedente, abolire l’ingresso in anticipo, quinquennalizzare i percorsi superiori, compresa, si suppone, anche l’istruzione professionale di stato, sfuggita all’ondata di ritorno licealista, cui ha malamente resistito resistito la stessa Moratti, eliminare la didattica dell’alternanza scuola/lavoro. Più stai a scuola, più esci preparato per il lavoro e per la vita. L’Unione non ha il coraggio di riconoscere che il valore legale del titolo di studio non ha più fondamento. Quanto all’articolazione, tentata dalla Moratti, in sistema liceale e uno dell’istruzione e della formazione professionale, per venire incontro alle diverse tipologie di intelligenza e ai bisogni del sistema produttivo, verrebbe unificato in un solo canale licealizzato, dai 16 ai 19 anni. Tra la media e il liceo, un biennio "interrelato con la scuola media e con valenza valenza orientativa rispetto ai percorsi successivi". Insomma: il biennio già oggi operante, unitario, e quasi unico, che continua a sottoprodurre una dispersione massiccia. E’ un vecchio mito del vecchio Pci anni 70.
La Moratti ha stabilito il diritto-dovere all’istruzione fino a 18 anni. Prodi torna indietro, distinguendo tra obbligo scolastico fino a 16 anni e obbligo formativo tra i 16 e i 18. Insomma: l’istruzione è tutta scolastica, la formazione professionale, intesa come addestramento, entra in funzione a integrazione della scuola. Tutto nella scuola, tutti nella scuola. C’è bisogno di prevedere i risultati nefasti? No, accadono già oggi.
Ci si chiede: perché questa ostinazione, degna di causa migliore, di voler tornare a prima di Moratti? La risposta è semplice: la questione degli insegnanti. Il programma è scritto non dal punto di vista degli utenti (le famiglie, i ragazzi, il paese), bensì da quello dei sindacati degli addetti: insegnanti, personale tecnico-amministrativo, bidelli. No alla diminuzione di materie e di ore, perché si perdono posti. Tutto nella scuola: perché aumentino e si moltiplichino i posti, nonostante il calo demografico, ancora non compensato dagli immigrati. Torna l’ossessione degli organici funzionali e dell’assunzione a gogo dei precari. Prodi vuole portare gli stipendi dei docenti ai livelli europei? Ottimo. In attesa che ci dica dove reperirà le risorse necessarie per pagare "all’europea" un insegnante su 10 alunni (in Europa 1 su 15, nei paesi Ocse 1 su 17) dimentica di informare gli insegnanti allettati dalla promessa che nei paesi europei esiste una carriera dei docenti, differenziata per mansioni e stipendi, valutata periodicamente e con rigore.
Giovanni Cominelli, "Il Foglio" 15 febbraio 2006