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ERMETISMO ED ECUMENISMO RINASCIMENTALE, OGGI: INCONTRO DI PAPA FRANCESCO E BARTOLOMEO I A ISTANBUL. Un’intervista a John Chryssavgis di Chiara Santomiero -a c. di Federico La Sala

CATTOLICI ED ORTODOSSI. Un evento storico, ha definito lo stesso patriarca ecumenico Bartolomeo I, la visita di papa Francesco in Turchia (...) la prosecuzione del cammino di amichevoli rapporti tra le due chiese e un buon auspicio per il futuro del completo ristabilimento dell’unità.
domenica 21 dicembre 2014
[...] Il Grande Concilio del 2016 radunerà per la prima volta i rappresentanti di tutte le quattordici chiese autocefale ortodosse. La convocazione stessa di un grande concilio generale è di fatto senza precedenti, perché l’incontro sarà molto più rappresentativo di qualsiasi altro concilio mai convocato in passato. Uno degli argomenti più importanti che verrà affrontato nel Grande Sinodo sarà il rapporto tra la cristianità ortodossa e le altre confessioni cristiane, così come con le altre (...)

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> ERMETISMO ED ECUMENISMO, OGGI: PAPA FRANCESCO E BARTOLOMEO I A ISTANBUL. --- Quale unità? Intervista a Monsignor Malvestiti, Vescovo di Lodi.

mercoledì 10 dicembre 2014

Francesco e Bartolomeo: quale unità *

di Il Cittadino di Lodi *

Il Papa in Turchia. L’abbraccio con il patriarca ecumenico Bartolomeo. L’enorme attenzione mediatica, le trasmissioni televisive, le paginate dei giornali. A distanza di una settimana da questi eventi ci è parso naturale chiedere al vescovo - che per vent’anni e fino a poco tempo fa si è occupato in prima persona delle Chiese orientali - un commento.

Monsignor Malvestiti ha accolto immediatamente la proposta. Ne è scaturita un’intervista tutta particolare, ricca anche di aspetti inediti.

Eccellenza, come giudica l’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo?

«Si è trattato di un ulteriore seme di unità gettato per il futuro. È stato un buon passo in avanti per ambedue le Chiese. I gesti del Papa, poi, hanno avuto un significato altissimo. Egli ha detto: “A cosa serve la nostra fedeltà al passato, se questo non significa nulla per il futuro? A cosa giova il nostro vanto per quanto abbiamo ricevuto, se tutto ciò non si traduce nella vita per l’uomo e per il mondo di oggi e di domani?”».

Posso chiederle di fare un passo indietro? Io non ho per nulla chiaro quante e quali siano le Chiese di tradizione orientale, e quali di queste riconoscono il Papa in quanto tale.

«Le Chiese orientali in comunione con Roma sono ventidue e godono però di un’ampia autonomia nel loro territorio e sono regolate da una propria legislazione. Sono dette sui juris. Accanto al Codice di Diritto Canonico c’è infatti il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali. L’unico “supremo legislatore” - come viene chiamato - è il Papa».

Come sono suddivise?

«Ci sono anzitutto sei Chiese patriarcali: la prima è quella di Alessandria. Seguono le tre di Antiochia: di Siria, dei Maroniti e dei Melchiti. Poi abbiamo la Chiesa di Babilonia dei Caldei e quella di Cilicia degli Armeni. Tutte e sei sono governate da un patriarca e pur rimanendo fedeli alla tradizione teologica, liturgica condivisa dalla rispettiva Chiesa non cattolica sono in piena comunione col Vescovo di Roma».

E queste sono le prime sei.

«Ci sono poi quattro arcivescovi maggiori che governano rispettivamente la Chiesa Greco Cattolica dell’Ucraina con sede a Kiev, la Chiesa Siro-Malabarese e quella Siro-Malankarese ambedue con sede nello Stato Indiano del Kerala, la Chiesa Greco-cattolica di Romania con sede in Transilvania, nella cittadina di Blaj, chiamata “mica-Roma” ossia piccola Roma. Questi arcivescovi maggiori in comunione con il Papa hanno gli stessi diritti dei patriarchi».

E questo significa che...

«Vengono eletti anch’essi dal rispettivo sinodo composto da tutti i vescovi e subito dopo l’elezione chiedono la conferma al Papa, mentre i Patriarchi gli presentano la richiesta di “ecclesiastica communio” e il successore di Pietro la accoglie con una lettera che consente al nuovo “capo e padre” della rispettiva chiesa di svolgere il suo servizio nell’unità con l’intera Chiesa cattolica. Ecco il respiro universale».

E le altre dodici Chiese?

«Si tratta di Chiese metropolitane, a ciascuna delle quali fanno riferimento tre o quattro diocesi, chiamate eparchie, oppure delle semplici chiese particolari come quelle italo-albanesi di Lungro in Calabria e di Piana degli Albanesi in Sicilia, ambedue bizantine insieme al Monastero di Grottaferrata alle porte di Roma fondato addirittura nel 1004, le quali sono in cammino verso la piena maturità ecclesiale. Quando la composizione anche numerica e le strutture lo consentiranno potranno accedere al superiore grado ecclesiale».

Come si pone la Chiesa cattolica nei confronti delle Chiese ortodosse?

«Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha definito queste “vere Chiese”, riconoscendole come “custodi viventi delle origini cristiane” insieme alle Chiese della corrispondente tradizione rituale, dalla quale esse provengono e riservando a quelle cattoliche un auspicio: che fioriscano e crescano per assolvere la loro missione per l’unità tra tutte le Chiese».

Cosa significa?

«Le Chiese cattoliche orientali non sono un ostacolo all’ecumenismo, bensì un ponte affinché la conoscenza e la stima reciproca, la preghiera e la collaborazione vicendevoli, ci mantengano sulla nuova via da seguire: guardare a Cristo per trovarci più vicini di quanto oggi pensiamo».

Perché il Papa si è recato in Turchia? Mi pare che la Chiesa ortodossa del patriarca Bartolomeo non abbia un numero consistente di seguaci. Ad esempio, i fedeli della Chiesa ortodossa russa sono invece alcune centinaia di milioni...

«È tutto legato alla storia. Costantino fondò la nuova Roma sulle rive del Bosforo e vi pose un patriarca. Giustiniano eresse la splendida cattedrale patriarcale: è l’attuale museo di Santa Sofia ad Istanbul. Quando i patriarcati di Antiochia e di Alessandria caddero sotto la dominazione araba, dall’ottavo secolo il patriarca di Costantinopoli diventò l’autorità ecclesiastica più importante dell’Oriente, attirando nella propria orbita alcune regioni che prima facevano riferimento a Roma, ed avviando un’intensa attività missionaria specialmente tra le popolazioni slave. E poiché Costantinopoli era rimasta la sede dell’Impero romano d’Oriente, sorse la contrapposizione con Roma sull’esercizio della giurisdizione in Oriente».

Quindi è una vicenda antichissima.

«Come è noto, la rottura definitiva avvenne nel 1054, quando il papa Leone IX e il patriarca Michele Cerulario si scomunicarono a vicenda, dando inizio allo scisma che si è trascinato fino alla reciproca cancellazione delle scomuniche alla vigilia della conclusione del Concilio Vaticano II. Quel giorno fu preparato dallo storico abbraccio tra il beato Paolo VI e il patriarca ecumenico Atenagora avvenuto a Gerusalemme nel 1964. Per commemorare il cinquantesimo anniversario di quel gesto ha già avuto luogo quest’anno un incontro tra Papa Francesco e Bartolomeo al Santo Sepolcro nella Città Santa».

Dal 1054 iniziò una vera frammentazione per la Chiesa ortodossa.

«Sì. E ai quattro patriarcati storici di Gerusalemme, Antiochia, Alessandria e Costantinopoli se ne sono aggiunti diversi altri. Praticamente ogni nazione può avere un proprio patriarcato indipendente. Al patriarca di Costantinopoli è riconosciuto però il primato d’onore, e può intervenire - potremmo dire - solo è richiesta la sua consulenza».

Sono 35 anni che una commissione mista di teologi cattolici e ortodossi si affatica nel tentativo di trovare un accordo per rimetterci insieme. Mi pare che di passi sostanziali ne siano stati fatti ben pochi.

«La commissione si incontra periodicamente, ma il confronto è molto faticoso. Le Chiese ortodosse per prime sono divise tra loro, alcune faticano ad accordarsi anche sul tipo di primato che la tradizione assegna al patriarca ecumenico di Costantinopoli. Un primato che Bartolomeo è tornato a rivendicare, nel suo scambio di messaggi con il Papa».

Perché non si trova un accordo? Qual è la questione più spinosa?

«Un ostacolo di rilievo è il modo di intendere il primato del vescovo di Roma. La Chiesa ortodossa sarebbe disposta ad accettare il Papa come un primus inter pares perché, secondo la loro interpretazione, nel primo millennio fino allo scisma del 1054, tra Chiesa Occidentale ed Orientale, il Papa sarebbe stato tale».

Ma questo non è condiviso dalla Chiesa cattolica.

«Infatti, perché noi riconoscamo al Papa un primato che gli deriva dall’essere il successore dell’apostolo Pietro, sul quale Cristo ha fondato la sua Chiesa. Il servizio petrino è quello di garantire l’unità nella verità e nell’amore e quindi al vescovo di Roma è riconosciuta una autorità piena, immediata e universale sui pastori e sui fedeli».

È un privilegio?

«No. È un carisma a custodia del supremo bene della unità. Spetta proprio allo stesso successore di Pietro sostenere la vita delle Chiese nella loro diversità, che esprime la ricchezza dell’unico Spirito di Cristo e mai nuoce all’unità, bensì la esalta».

Che risultati ha prodotto la visita del Papa in Turchia?

«Ha confermato le prospettive di due Chiese che si trovano molto vicine e scoprono sempre più di avere la responsabilità grave di lavorare perché si realizzi la preghiera di Gesù al Padre per tutti i battezzati: siano una cosa sola perché il mondo creda. Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa sono in profonda sintonia sulla difesa della vita e del creato, sui grandi temi della giustizia, della libertà religiosa e della pace».

Anche i predecessori di Papa Francesco hanno lavorato moltissimo, negli anni passati, sui grandi temi del dialogo interreligioso.

«Certamente! Cito soltanto Benedetto XVI, il quale disse che “il dialogo ecumenico è una scelta irreversibile”. E aggiunse che il rispetto e il confronto interreligioso costituiscono un impegno inderogabile, lavorando alacremente con parole e gesti indimenticabili in quella ottica».

Ha detto il patriarca Bartolomeo: “Gli odierni persecutori dei cristiani non chiedono a quali Chiese appartengono le loro vittime. L’unità si attua già in alcune regioni, purtroppo, attraverso il martirio”.

«È vero. È avvenuto anche durante la persecuzione ateistica nell’Europa dell’Est, nel secolo appena passato. E oggi i cristiani stanno fuggendo dal Medio Oriente. Non dobbiamo mai dimenticare che essi, invece, hanno il diritto di rimanere dove sono nati. E dove meritano di rimanere per l’amore inscindibile che insieme a quello per la fede cristiana hanno sempre riservato a proprio Paese, alla lingua e alla cultura native».

E nel frattempo i massacri continuano.

«Si pone chiaramente il problema di un Islam moderato. Ha parlato chiaro il Papa: “Sarebbe bello che tutti i leader politici, religiosi e accademici, parlino chiaramente e condannino questi atti di violenza, perché questo aiuterà la maggioranza del popolo islamico a dire “no” alla violenza”».

Lei è mai stato a Istanbul?

«Più volte. L’ultima poche settimane fa».

Quando? In quale occasione?

«Nel luglio scorso mi sono recato a Istanbul a motivo di alcune proprietà della Chiesa greco-cattolica di Bulgaria, risalenti a quando la nazione era parte dell’Impero Ottomano. Da Istanbul iniziò l’unione di un gruppo di ortodossi con

Roma. Si trova nella loro chiesa in quella città la data scolpita sulla base dell’altare: il 1861. Ho visitato la comunità cattolica composta dai latini, dagli armeni, dai caldei e dai siri. In Turchia è tuttora molto vivo il ricordo di monsignor Angelo Roncalli, il futuro Giovanni XXIII».

Perché?

«Roncalli dal 1935, e per un decennio, fu delegato del Papa in Turchia e in Grecia. I rapporti che seppe instaurare con le altre Chiese furono tali che quando morì Pio XI, nella cattedrale cattolica di Istanbul furono invitati, per il pontificale di suffragio, tutti i rappresentanti delle Chiese cattoliche e ortodosse orientali. In vista della prima festa liturgica di San Giovanni XXIII, l’11 ottobre scorso, sono riuscito ad avere per la grande chiesa cattolica di Sant’Antonio in Istanbul una reliquia particolare».

Quale?

«Una reliquia di Papa Giovanni, in un reliquiario simile a quello presentato a Papa Francesco il giorno della canonizzazione. In quella circostanza Bartolomeo vi prese parte e tenne una conferenza sul ruolo ecumenico svolto in Turchia dall’arcivescovo Roncalli».

Questa è una notizia originalissima, che interessa molto i lodigiani, perché permette loro di conoscere meglio la figura del proprio vescovo.

«A Istanbul mi sono recato anche a pregare sulle tombe di tre gloriosi patriarchi: San Basilio Magno, San Giovanni Crisostomo e San Gregorio Nazianzeno, veneratissimi nel mondo orientale ma anche dalla Chiesa cattolica. La cattedrale del Phanar, che è attigua alla residenza del Patriarca ecumenico, ricevette solo nel novembre 2004 le reliquie del Crisostomo e del Nazianzeno per volontà di Papa Giovanni Paolo II. Ero presente quando in una indimenticabile celebrazione ecumenica, nella basilica di San Pietro, egli le consegnò a Bartolomeo, dopo averle tratte dagli altari dove i loro corpi sono custoditi».

Non ha mai incontrato personalmente il patriarca Bartolomeo?

«L’ho incontrato sia alla Congregazione per le Chiese Orientali sia al Pontificio Istituto Orientale, sempre a Roma, dove egli fu studente di teologia. Parla magnificamente l’italiano. E l’ho incontrato anche nelle visite alla sua residenza con i tre cardinali prefetti con cui ho collaborato. Nel luglio scorso, dopo la preghiera nella cattedrale di San Giorgio, sua santità mi ha gentilmente ricevuto, parlando - tra l’altro - della tanto attesa visita di papa Francesco e delle sorti dei cristiani in Oriente. Abbiamo insieme recitato la preghiera del Signore per l’unità dei cristiani e della famiglia umana».

* Il Cittadino di Lodi, 7 dicembre 2014


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