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LA LUCE, LA TERRA, E LA LINEA DELLA BELLEZZA: LA MENTE ACCOGLIENTE. "Note per una epistemologia genesica" - di Federico La Sala

sabato 19 gennaio 2019
Note per una epistemologia genesica
Ai poeti ‘lunatici’ e ai filosofi ‘solari’ - un’indicazione sulla giusta rivoluzione *
di Federico La Sala ("Dismisura", Anno XIX - N. 100/103, Gennaio-Settembre 1990, pp. 16-17; Federico La Sala, "La mente accogliente. Tracce per una svolta antropologica", Antonio Pellicani editore, Roma 1991, pp. 198-200)
A partire dal nostro cielo e dalla nostra terra.
Noi abitiamo, noi siamo - insieme con la Terra, terra
e cielo.
Non siamo la luce, e non abbiamo (...)

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> LA MENTE ACCOGLIENTE. "Note per una epistemologia genesica" --- La svolta dal calcolo tensoriale. Einstein salvato dalle formule di un prof italiano (di Giovanni Bignami)

mercoledì 18 novembre 2015

La svolta dal calcolo tensoriale

Einstein salvato dalle formule di un prof italiano

di Giovanni Bignami (La Stampa - TuttoScienze, 18.11.15)

La Relatività generale è difficile da capire perché va al di là della nostra intuizione. Ma, prima di affrontarla, nel centenario della scoperta, proviamo a capire che uomo fosse Albert Einstein nell’Europa del secolo scorso, così vicina (mio nonno era del 1879, come Einstein) e pur così lontana (due guerre mondiali e un Muro fa).

Einstein aveva 36 anni nel 1915, e già una vita ricca ma complicata alle spalle. Dieci anni prima, nel tempo libero dal suo lavoro di impiegato all’Ufficio Brevetti di Berna, aveva scritto in un sol colpo tre lavori rivoluzionari, con uno dei quali prese poi il Nobel nel ’21, e avrebbe potuto prenderne altri due. Prima ancora, a 17 anni, aveva rigettato la cittadinanza tedesca per diventare svizzero, aveva convissuto nel peccato con una ragazza serba, genio della matematica, l’unico studente donna del Politecnico di Zurigo, dalla quale aveva avuto una bambina, poi scomparsa.

Gregorio Ricci Curbastro

Nel 1902, finalmente, la sposò (ma lei era stata già espulsa dal severo Politecnico) e ci fece due figli maschi, prima di separarsi da lei e tornare in Germania, come prof all’Università di Berlino, riprendere la cittadinanza tedesca e diventare membro della Accademia e direttore dell’Istituto di fisica. Sorprendente la Germania del 1915, da più di un anno in una guerra terribile. Grandi onori ad un ebreo, che aveva ripudiato la patria, era violentemente antimilitarista (gli altri maschi della sua classe erano già al fronte...) e di dubbia moralità: aveva anche, da anni, una relazione con la cugina Elsa (che poi sposerà), pur vivendo da solo in modo trasandato, mangiando poco e male e suonando molto il violino.

Ma quest’uomo difficile stava lavorando alla sua più grande teoria fisica, una teoria che lo consumava, anche perché era convinto di sapere poco la matematica. Alla fine chiese aiuto ad amici, in Svizzera ed in Italia, e capì che lo strumento matematico del quale aveva bisogno era il calcolo tensoriale appena inventato da un matematico italiano, Gregorio Ricci Curbastro.

Grazie a questa nuova matematica, Albert (che allora aveva i capelli neri) dà una costruzione formale alla «idea più brillante della sua vita», come chiamava la teoria della Relatività generale. I tensori di Ricci descrivono la geometria dello spazio-tempo, che si deforma, o meglio si incurva con eleganza, in presenza di un massa. Si va al di là (non contro) Newton: la mela non cade perché attirata dalla massa della Terra, ma perché scivola sulla curvatura spazio-temporale che la Terra, con la sua massa, genera intorno a sé. E questo è vero per tutto ciò che ha massa, compresa l’energia, secondo la rivoluzionaria e famosissima equazione (di Einstein) E=mc2.

La massa, con la gravità ad essa associata, è quindi al centro della teoria della Relatività generale perché influenza la metrica dello spazio-tempo. Alla base Einstein pose il principio di equivalenza: la massa inerziale e la massa gravitazionale sono equivalenti. Quando dò un calcio a un sasso, il male che mi faccio al piede dipende dalla massa del sasso, che è definibile, quindi, come l’inerzia che il corpo oppone all’essere messo in moto. Questa massa «inerziale», però, potrebbe essere diversa dalla massa che viene attratta dalla Terra, o meglio che fa scivolare il sasso nella curvatura dello spazio generata dalla Terra, insomma, la massa «gravitazionale» del sasso stesso. Einstein postulò che le due masse fossero equivalenti e tutti noi ancora oggi ci crediamo, anzi cerchiamo di provare questo principio di equivalenza con esperimenti sempre più sofisticati, nello spazio come a Terra.

Ai primi di novembre di 100 anni fa la teoria era pronta e Einstein la presentò in alcune lezioni nella maestosa biblioteca dell’Accademia di Berlino. Il 18 novembre venne data la prima conferma osservativa. La nuova teoria spiegava perfettamente alcune «anomalie» dell’orbita di Mercurio. Einstein annota quanto sia grato alla precisione di quegli astronomi che avevano osservato il moto del piccolo pianeta, annotandone le posizioni anche senza riuscire a spiegarle.

La prova regina

E ancora dalla astronomia venne, anni dopo, la prova regina della curvatura della luce nel campo gravitazionale. Durante un’eclisse, nel 1919, la posizione di una stella, davanti alla quale transitava il Sole, risultò «spostata», rispetto alla sua solita posizione, giusto della quantità prevista dalla attrazione della massa del Sole sui fotoni in arrivo dalla stella. Sempre dalla astronomia verranno le più importanti conferme, come il fenomeno della «lente gravitazionale», che rende visibile galassie lontanissime, e molte altre. Tra pochi giorni, invece, con i nostri migliori auguri, partirà una missione spaziale europea, con cuore italiano, destinata proprio a controllare se, anche nello spazio, massa inerziale e massa gravitazionale sono equivalenti.


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