Una luce più veloce nell’universo primordiale? *
-*** L’indice spettrale, un parametro misurabile della radiazione cosmica di fondo, potrebbe dimostrare che la velocità della luce aveva un valore diverso nell’universo primordiale. Lo afferma l’ultimo sviluppo di una teoria quasi ventennale che mette in dubbio l’invariabilità delle costanti fondamentali della natura e sfida il modello dell’universo inflazionario, formulato per rendere conto dell’uniformità della densità media del cosmo osservabile (red) *
Le costanti della natura sono veramente costanti? È un dubbio che ha tolto il sonno a più di un fisico teorico, perché se certi parametri variassero nello spazio e nel tempo, anche a grande distanza da noi, la descrizione che le leggi fisiche fanno dell’universo sarebbe decisamente differente.
È il caso per esempio della velocità della luce che, secondo la teoria della relatività speciale di Einstein, non cambia con il sistema di riferimento utilizzato per misurarla, come dovrebbe essere se continuassero a valere le leggi della relatività galileiana. In altre parole, la velocità della luce è una costante assoluta, oltre a essere una velocità limite, non superabile né da particelle dotate di massa né dall’informazione.
Si tratta di un postulato che è servito per costruire altre importanti teorie, come la relatività generale dello stesso Einstein, una teoria della gravitazione che spiega la struttura a larga scala del cosmo, l’evoluzione dell’universo a partire da una catastrofica esplosione iniziale, il big bang, e l’esistenza di oggetti estremi come i buchi neri.
Le previsioni della teoria della relatività generale sono state confermate innumerevoli volte; eppure ci sono ricercatori che ora sollevano qualche dubbio sui suoi fondamenti: e se nell’universo primordiale, pochi secondi dopo il big bang, le cose fossero state diverse?
Alla fine degli anni novanta, João Magueijo, dell’Imperial College di Londra, e Niayesh Afshordi del Perimeter Institute, in Canada, ipotizzarono che per esempio la velocità della luce potrebbe essere stata decisamente maggiore appena dopo il big bang. Ora gli stessi ricercatori hanno formulato una previsione verificabile sperimentalmente che dovrebbe consentire di capire se si tratta di un’ipotesi plausibile.
Le strutture presenti nell’universo, come le galassie, si sono tutte formate da fluttuazioni nell’universo primordiale, cioè da differenze di densità da una regione all’altra. Una registrazione di queste fluttuazioni primordiali è impressa nel fondo cosmico a microonde, la radiazione “fossile” che è ciò che resta della prima luce propagatasi nell’universo.
Secondo la teoria elaborata da Magueijo e Afshordi, ora pubblicata sulla rivista “Physical Review D”, se la velocità della luce fosse variata nell’universo primordiale, le fluttuazioni di densità ne avrebbero risentito. E una traccia ne sarebbe rimasta in un parametro fisico associato alla radiazione cosmica di fondo: l’indice spettrale, che in tal caso dovrebbe essere pari a 0,96478, contro un valore attualmente noto di 0,968, con un certo margine di errore.
“La teoria che abbiamo proposto per la prima volta negli anni novanta ha ora raggiunto la piena maturazione, perché ha prodotto una previsione verificabile sperimentalmente: se le osservazioni nel prossimo futuro dovessero confermare questo valore, si potrebbe arrivare a una modifica della teoria della gravitazione einsteiniana, e significherebbe che le leggi dalla natura in passato potevano non essere le stesse di oggi”.
Se l’idea degli autori fosse verificata, a farne le spese potrebbe essere anche un’altra teoria molto accreditata: quella dell’universo inflazionario. Quest’ultima prevede che l’universo, in una fase primordiale della sua esistenza, conobbe una fase di espansione estremamente rapida, chiamata inflazione, che consente ai cosmologi di risolvere il “problema dell’orizzonte”.
In sostanza, l’universo come lo osserviamo nella nostra epoca ha una densità relativamente uniforme, e questo è possibile solo se in una fase primordiale tutte le regioni dell’universo abbiano potuto influenzarsi reciprocamente. Per fare questo, o l’universo in una certa fase era molto piccolo, come previsto dalla teoria inflazionaria, e iniziò l’espansione solo dopo che l’uniformità della massa era stabilita, oppure la velocità della luce era elevatissima, tanto da permettere la comunicazione tra le diverse parti dell’universo anche quando era in una fase di espansione.
SUL TEMA, NEL SITO, SI CFR.:
AL DI LA’ DELLA TEORIA DELLA RELATIVITA’. I neutrini battono la luce di 60 nanosecondi sulla distanza di 730 km, tra Ginevra, sede del Cern, e il Gran Sasso, sede del laboratorio dell’Istituto di Fisica Nazionale (Infn).