Il mestiere di scrivere
Rileggendo le bozze dell’autobiografia, un pensiero: nulla pare corrispondere alla vita
L’invenzione più vera della verità che può mettere ordine nel Caos
di Raffaele La Capria (Corriere della Sera, 15.08.2018)
Correggendo le bozze di un mio libro autobiografico non avrei mai creduto di entrare in un giro di pensieri come questo che cercherò di descrivere. Mentre vedevo scorrere sulle pagine eventi e momenti della mia vita sentivo che nulla era veramente corrispondente a quel che la mia vita era stata.
Ciò che era accaduto era confuso e disordinato e, a ripensarlo, immerso in una specie di caos, forse perché mentre la si vive la vita corre, ti trascina e non ti dà il tempo di guardarla e nemmeno di giudicarla. Invece ciò che avevo scritto mi sembrava avere un senso e un significato, ed essere più vero del veramente accaduto.
Mi domandai come mai, e la ragione era che la mia narrazione io l’avevo inventata, ricostruendo tutto e dando a tutto un ordine, un senso che non aveva nella realtà, e così quell’invenzione era diventata più vera della verità, più vera degli sparsi elementi estratti dal caos da cui era nata. Insomma avevo scritto una favola cui ora credevo. Ma, azzardai, non era anche una favola l’inizio del Libro dei Libri?
«In principio Dio creò il cielo e la terra», così comincia il libro scritto dall’Ispirato. Prima, prima del principio, «la terra era una cosa deserta e vacua, e tenebre erano sopra la faccia dell’abisso». In principio c’era il Nulla, poi arriva Dio e dal Nulla crea il mondo. Il Nulla è qualcosa che nessuno riesce a concepire, così come Dio, così come il Principio. Ma con queste tre entità inconcepibili comincia la favola, la narrazione.
Questa favola, questa narrazione, è un’invenzione, perché cosa poteva sapere l’Ispirato che l’ha scritta, del Nulla del Principio e di Dio? Dunque è un’invenzione, un’ispirazione, che però mette ordine nel Caos originario.
«E Iddio separò la luce dalle tenebre... Così fu sera, poi fu mattina, che fu il primo giorno», come si legge nella Bibbia del Diodati, bellissima e poetica. Che prosegue con la separazione delle acque che son sopra e quelle che son sotto, e Iddio nominò quelle che son sopra cielo. Insomma Dio mette ordine, ed è quest’ordine che fa esistere il mondo che conosciamo, la natura e tutte le cose. A questo punto una voce entra in campo e mi dice: «Di che parli? Vuoi mettere in dubbio la parola del Signore, la Bibbia in cui crediamo, dicendo che chi l’ha scritta non poteva saper nulla di quello che scriveva?»
Ma no, non parlo della Bibbia, parlo della Narrazione, parlo della Favola, parlo di quella narrazione e di quella favola che ogni religione racconta, di quella invenzione che è il racconto, che rende vero quel che dice per il modo in cui lo dice. Parlo dei miti e delle saghe in cui i popoli si riconoscono e dove trovano la propria identità.
Cosa sarebbe un cristiano senza la narrazione del Vangelo, quale sarebbe il suo concetto del bene e del male se non fosse confortato dall’esempio di Gesù che la narrazione degli evangelisti ci ha lasciato?
Io rispetto i credenti di ogni religione e il racconto in cui si riconoscono, e penso che il racconto, se ben inventato e ben congegnato può fare a meno della ragione. Senza un racconto cui possiamo aggrapparci l’umanità sarebbe smarrita e forse in preda a sogni devastanti.
Non è il sonno della ragione che crea i mostri ma l’esercizio della ragione in una sfera che non le appartiene. Credo anche che la letteratura abbia questa funzione di creare invenzioni che rendono più vera la realtà, che a dir la verità è cosa inconoscibile anche quando sembra a noi vicina e a portata di mano.