Inviare un messaggio

In risposta a:
MITO E STORIA, POLITICA E TEOLOGIA: "LUCIFERO!" E LA STELLA DEL DESTINO. Storiografia in crisi d’identità ...

LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE FELICE: LA NECESSITÀ DI RICOMINCIARE DA "CAPO"! Alcune note - di Federico La Sala

I. BENITO MUSSOLINI E MARGHERITA SARFATTI - II. ARNALDO MUSSOLINI E MADDALENA SANTORO.
domenica 10 dicembre 2023
[...] "SAPERE AUDE!" (I. KANT, 1784). C’è solo da augurarsi che gli storici e le storiche abbiano il coraggio di servirsi della propria intelligenza e sappiano affrontare "l’attuale crisi di identità della storiografia" [...]
KANT E GRAMSCI. PER LA CRITICA DELL’IDEOLOGIA DELL’UOMO SUPREMO E DEL SUPERUOMO D’APPENDICE.
-***FOTO. Xanti Schawinsky, Sì, 1934
_________________________
LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE (...)

In risposta a:

> RENZO DE FELICE E LA STORIA DEL FASCISMO: LA NECESSITÀ DI RICOMINCIARE DA "CAPO"! -- RIPENSARE COSTANTINO! "Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi" (Emilio Gentile)

martedì 11 aprile 2017

IL MESSAGGIO EVANGELICO, IL PARADOSSO ISTITUZIONALE DEL MENTITORE, E LA CATASTROFE DELL’EUROPA. “Come fu possibile la hitlerizzazione dell’Imperativo Categorico di Kant? E perché è ancora attuale oggi?” (Emil L. Fackenheim, Tiqqun. Riparare il mondo):


Libera Chiesa, in catene di Stato

di Riccardo Chiaberge (il Fatto Quotidiano, 18 dicembre 2010)

Corsi e ricorsi dell’onomastica: si chiamava Gasparri, ma non sedeva in Senato e vestiva la porpora del Segretario di Stato vaticano, l’uomo che nel 1923 aiutò Mussolini a far fuori uno dei suoi avversari più temibili, l’odiato don Sturzo. Il leader dei Popolari era passato all’opposizione e avrebbe votato contro la famigerata legge Acerbo che aboliva la proporzionale istituendo un premio di maggioranza su misura per le ambizioni totalitarie del fascismo. Ma il 10 luglio, senza preavviso, lasciò la guida del suo partito.

Secondo il cardinale questo abbandono era un espresso desiderio del Santo Padre, il quale riteneva che “nelle attuali circostanze in Italia, un sacerdote non può, senza grave danno per la Chiesa, restare alla direzione di un partito, anzi dell’opposizione di tutti i partiti avversi al governo, auspice la massoneria come ormai è risaputo”.

POCHI GIORNI prima, dai muri di Roma, il manifesto di una nuova organizzazione cattolica aveva invitato i fedeli a dare pieno sostegno alle camicie nere, in nome di “quei valori religiosi e sociali che costituiscono la base d’ogni sano reggimento politico” e a combattere le forze antinazionali contrarie a “un durevole ordine sociale cristiano e italiano”. L’avrete notato anche voi, lo stile ricorda in modo impressionante i sermoni di Bagnasco o di Bertone: non diversi gli accenti accorati sulla necessità di superare lo scontro, identico l’appello alla pacifica convivenza e al “bene supremo dell’Italia”.

In realtà, scrive lo storico Emilio Gentile nel suo nuovo libro, Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi (Feltrinelli, pagg. 442, euro 25), il desiderio del Santo Padre corrispondeva a quello del duce, che “aveva minacciato rappresaglie contro le associazioni cattoliche e il clero se la Chiesa non fosse intervenuta a togliere dalla politica il sacerdote siciliano”. L’uscita di scena di Sturzo accelerò la disgregazione interna del Partito popolare, la cui ala più conservatrice si affrettò a correre in soccorso del vincitore.

A dispetto del suo cognome, Gentile non è prodigo di gentilezze nei riguardi del Vaticano: “La costruzione del regime fascista, tra il 1925 e il 1929 - accusa - non incontrò alcuna resistenza da parte della Chiesa di Roma. La Santa Sede assistette da spettatrice silenziosa, ma evidentemente compiaciuta, alla distruzione delle libertà civili e politiche della democrazia parlamentare, rivendicando per sé unicamente l’esercizio della libertà religiosa, in ciò coerente con la dottrina che considerava la libertà di coscienza e le altre libertà politiche e civili il portato diabolico dell’apostasia moderna”.

Quando la dittatura, nel maggio 1928, decide la soppressione di tutte le organizzazioni giovanili che non facevano capo all’Opera Nazionale Balilla, esclusa l’Azione Cattolica, la stampa vicina alla Chiesa reagisce con manifestazioni di giubilo e grandi “inchini e ringraziamenti alla magnanimità del duce”.

Il parroco anticonformista di un paese del mantovano, don Primo Mazzolari, annota nel suo diario: “Oh, poi non è troppo? Dunque vivete per misericordia, per benigna e sovrana concessione di lui? Non c’è più un diritto comune, una libertà comune da rivendicare, entro cui agire, ma il beneplacito del tiranno, che vi ha accantonati, come spazzatura, in attesa che passi per la strada il carretto della nettezza urbana”.

IL VERO CRISTIANO, secondo don Primo, non deve cercare privilegi per sé ma giustizia e libertà per tutti: “Rivendicare un posto per sé soltanto è venir meno alla missione cattolica, senza contare che un privilegio, concesso e accettato a queste condizioni, è piuttosto un capestro e una tremenda responsabilità di fronte all’avvenire”.

La marcia su Roma era stata salutata con sollievo dalla gerarchia, impaurita dai disordini sociali e dal rivoluzionarismo rosso. La bestia fascista, per quanto manesca e brutale anche nei confronti delle organizzazioni cattoliche, sembrava addomesticabile. Ai primi approcci di Mussolini per risolvere la questione romana, nel 1923, papa Ratti manda a dire che il governo del duce “dura da un anno, mentre la Chiesa conta per secoli”. E sei anni più tardi, poco dopo la firma dei Patti Lateranensi, dichiarerà che “per salvare un’anima sarebbe disposto anche a trattare col diavolo in persona”.

Le anime, beninteso, vanno salvate da quelle che Pio XI considera le minacce più gravi che incombono sulla cristianità: il comunismo, “nemico dichiarato della Santa Chiesa e di Dio”, ma anche la democrazia laica, figlia della Rivoluzione francese e della modernità. E questo benché nei Palazzi apostolici siano in molti a chiedersi se “l’idolatria statalista” di Giovanni Gentile e Alfredo Rocco non sia “una brace” peggiore della “padella framassone e demoliberale”.

Più che Contro Cesare, il potente libro di Gentile, denso di retroscena e documenti inediti, dovrebbe intitolarsi Pro Cesare. Come scrive il grande studioso del fascismo, degno erede di De Felice, “all’inizio di un’era di statolatria quale l’Europa non aveva mai conosciuto, neppure nell’epoca del cesaropapismo romano o medievale o nell’era dell’assolutismo e del dispotismo, la Chiesa si trovò schierata, per i privilegi che ne riceveva, con il regime statolatra del nuovo Cesare in camicia nera e con altri dittatori suoi imitatori o ammiratori”.

Il Cesare totalitario del Novecento ha due volti: quello comunista di Stalin che vuole sopprimere la Chiesa e instaurare l’ateismo di stato, e il volto più ambiguo di Mussolini o di Hitler che tentano di asservire la fede di Cristo mescolandola con la propria ideologia, trasformata in religione politica.

Ma i cattolici e i protestanti che, in Italia e in Germania, mettono sullo stesso piano i due totalitarismi, giudicandoli entrambi antitetici al messaggio cristiano, si contano sulla punta delle dita. Tra gli italiani, ai nomi di Mazzolari e Sturzo possiamo aggiungere quelli di Giuseppe Donati e Francesco Luigi Ferrari, morti in esilio a Parigi, e pochi altri.

Comprensibile la rabbia di uno studioso non certo ostile alla Chiesa, Arturo Carlo Jemolo: “Con tutto ciò che da penne cattoliche è stato scritto contro il fascismo si riempirebbe a stento uno scaffaletto di libreria; con quanto è stato scritto nello stesso periodo contro il comunismo, una biblioteca”.

La lista dei capi di imputazione a carico della Santa Sede, secondo Gentile, è molto lunga: le dimissioni e l’esilio di don Sturzo, l’opposizione a un fronte antifascista dopo il delitto Matteotti, la sconfessione del Partito Popolare, l’avallo silente al soffocamento della democrazia italiana, e infine gli accordi del Laterano. Soltanto nel 1931, con l’enciclica Non abbiamo bisogno, e soprattutto dopo le leggi razziali del ’38, papa Ratti comincia a prendere le distanze dalla “statolatria pagana” di Mussolini e dai suoi crimini. Ma non arriva mai a paragonare il fascismo al bolscevismo, che rappresenta per lui il male assoluto. Lascio agli storici colleghi e rivali di Gentile, ben più titolati di me, il compito di confutare la sua ricostruzione, certo non tenera, a tratti perfino ingenerosa nei confronti della Chiesa e di Pio XI.

Mi limito a osservare che a quei tempi, almeno, papi e vescovi avevano qualche fondato motivo per essere prudenti. Adesso che non rischiano di finire in un lager o di essere manganellati, recitano un Te Deum al giorno per il Cesare di Arcore, senza nemmeno aspettare il Tartaglia di turno che gli tiri il duomo in faccia. Viene da domandarsi cosa ci voglia ancora, perché i monsignori aprano finalmente gli occhi e la bocca. Magari che Cesare rottami la Costituzione e trasformi il Quirinale in un bordello? O sono pronti a barattare pure quello in cambio di uno sconto sull’Ici e di qualche aiutino alle scuole cattoliche?


Il comune nemico dei regimi totalitari? La fede cristiana

di Giampietro Berti (Il Giornale, Dom, 23/01/2011)

Il comunismo, il fascismo e il nazismo, i regimi totalitari affermatisi rispettivamente in Russia, in Italia e in Germania, sono stati accomunati dal rigetto della modernità laica ed edonistica prodotta dal capitalismo e dalla società liberale. Anche se in modo difforme, queste diverse espressioni totalitarie hanno soprattutto combattuto un nemico comune, l’individualismo, e, per conseguenza, la società di mercato e l’atomizzazione della vita sociale. Le ideologie totalitarie si sono configurate come surrogati della fede religiosa, venuta meno a causa dal processo di secolarizzazione iniziato con l’illuminismo.

L’impressionante somiglianza strutturale fra comunismo, fascismo e nazismo non è consistita, ovviamente, nell’avere avuto i medesimi fini, ma nell’aver attivato mezzi analoghi, volti a imporre il predominio del potere politico (lo Stato) su tutto il resto. Una supremazia che non poteva lasciare immune anche la vita religiosa, vale a dire il cristianesimo e le Chiese che lo rappresentavano: l’ortodossa, la luterana e la cattolica. Con il totalitarismo si è affermata quindi la supremazia di Cesare su Cristo, il primato dell’immanente sul trascendente. Il progetto totalitario fu proteso a veicolare una medesima idea palingenetica di ascendenza nietzscheana, quella dell’uomo nuovo, tradotta nella divinizzazione del proletariato, della nazione e della razza. Di qui la sua micidiale enfasi statocratica formulata nella gigantesca impresa collettiva rappresentata, per l’appunto, dall’azione statale, volta a realizzare obiettivi di sacralità terrena in radicale contrasto con quella cristiana.

Il nuovo e importante lavoro di Emilio Gentile, Contro Cesare. Cristianesimo e totalitarismo nell’epoca dei fascismi (Feltrinelli, pagg. 441, euro 25), affronta questa complessa tematica politico-religiosa, così come si è manifestata nel comunismo, nel fascismo e nel nazismo. Naturalmente la coercizione totalitaria verso il cristianesimo non ebbe nei tre regimi la medesima fenomenologia perché, come è noto, mentre con il comunismo essa si dispiegò in modo completo (l’ateismo di Stato fu esplicito e totale: di fatto la Chiesa ortodossa e ogni forma di vita religiosa vennero spazzate via), con fascismo e nazismo l’atteggiamento verso la religione cristiana si articolò in modo differente.

E ciò perché - questa è la nostra personale convinzione - solo il comunismo fu un sistema compiutamente totalitario (tutto era nelle mani del Partito-Stato), mentre per il fascismo e il nazismo si deve parlare di sistemi totalitari imperfetti, dal momento che i loro presupposti non erano universalistici, dato che le idee di razza e di nazione erano e sono intrinsecamente parziali. Non a caso continuarono a vivere - sia pure con limitazioni - entità separate: in Italia l’economia mercantile, la monarchia e la Chiesa; in Germania l’economia mercantile e le religioni riformate e cattoliche (questo non significa, ovviamente, che i regimi neri fossero meno nemici della libertà e dell’umanità). Ciò spiega perché questa incompiutezza totalitaria generò fra lo Stato e la Chiesa, specialmente nel nostro Paese, un rapporto più complesso e ambiguo.

Per quanto riguarda il nazismo, sebbene il suo razzismo fosse inequivocabilmente anticristiano (si affermava a chiare lettere la superiorità della razza ariana e il suo diritto a dominare il mondo), non furono molti, all’interno del mondo religioso, coloro che ebbero una lucida cognizione di ciò che significava l’avvento vittorioso della croce uncinata. Gentile dimostra che Hitler e i suoi seguaci si presentarono - almeno all’inizio - come un movimento volto a restaurare l’unità e la grandezza tedesca dopo quella che, agli occhi dell’opinione conservatrice, era stata giudicata la decadenza della repubblica di Weimar. Inoltre la radicale e irriducibile avversione nazista al comunismo ingannò la maggioranza dei fedeli, fossero essi luterani o cattolici, i quali vedevano nella Russia dei soviet il trionfo dell’ateismo più abietto.

Va osservato inoltre che il luteranesimo, di gran lunga la confessione cristiana dominante, era fondato su una «tradizione politica» che, in linea di principio, teorizzava l’ubbidienza verso il potere costituito, secondo l’insegnamento dello stesso Lutero, per il quale, riprendendo San Paolo, era doveroso ubbidire al principe, anche che se malvagio (ogni autorità dipende da Dio). E ciò aiuta a comprendere per quale motivo in Germania il consenso al nazismo sia rimasto pressoché intatto fino alla fine.

Più complessa e ambigua, come abbiamo detto, si presentò invece la questione in Italia, dove la Chiesa cattolica aveva ben altro peso e importanza rispetto a quella luterana. Gentile presenta pertanto, giustamente, il caso del nostro Paese come una sorta di «laboratorio» storico-politico. Si deve registrare anche qui, specialmente per i primi anni, un sostanziale appoggio al regime, sfociato, come è noto, nel Concordato del 1929; conciliazione, ovviamente, che non sancì uno svolgimento lineare fra i due poteri, dato che vi furono anche aperti conflitti, come nel 1927, nel 1931 e, soprattutto, nel 1938, quando vennero approvate le leggi razziali. Atteggiamento dunque, questo della Chiesa cattolica, continuamente oscillante fra l’adesione e il plauso, la deprecazione e il silenzio.

All’interno del cattolicesimo non vi fu dunque una convergenza generale di vedute e di giudizi. Già nella seconda metà degli anni Venti, alcuni cattolici antifascisti - in modo particolare i sacerdoti Luigi Sturzo e Primo Mazzolari, unitamente al giornalista Francesco Luigi Ferrari - compresero il pericolo dell’avanzata integralista del fascismo, proteso a sostituire, con la sua religione politica, la fede nel cristianesimo.

Gentile ricostruisce magistralmente il conflitto che questi e altri cattolici ebbero con l’istituzione ecclesiastica e, ancor più, il travaglio interiore che pervase alcuni di loro negli anni amari dell’esilio. Altri importanti spunti del volume si riscontrano infine nella disamina, a livello internazionale, di forme di dissenso ai totalitarismi, rossi e neri, rappresentate dagli incontri svoltisi negli anni Trenta fra sacerdoti, pastori, teologi e intellettuali cattolici e protestanti di diverse nazionalità: francesi, inglesi, tedeschi e americani. Convegni dettati dalla comune volontà di riflettere sul pericolo totalitario per la sua evidente natura di religione politica volta scalzare le basi della civiltà cristiana, creando un pericolo per l’intera umanità.

Possiamo dire che con questo ulteriore contributo di Gentile abbiamo la possibilità di osservare e capire il totalitarismo, vagliandolo sotto uno dei suoi aspetti più profondi: quello di essere stato, prima di tutto, diversamente dall’ethos cristiano, un progetto pervaso da un prometeismo dove era stato perso ogni senso del limite e della finitudine umana.


Questo forum è moderato a priori: il tuo contributo apparirà solo dopo essere stato approvato da un amministratore del sito.

Titolo:

Testo del messaggio:
(Per creare dei paragrafi separati, lascia semplicemente delle linee vuote)

Link ipertestuale (opzionale)
(Se il tuo messaggio si riferisce ad un articolo pubblicato sul Web o ad una pagina contenente maggiori informazioni, indica di seguito il titolo della pagina ed il suo indirizzo URL.)
Titolo:

URL:

Chi sei? (opzionale)
Nome (o pseudonimo):

Indirizzo email: