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MITO E STORIA, POLITICA E TEOLOGIA: "LUCIFERO!" E LA STELLA DEL DESTINO. Storiografia in crisi d’identità ...

LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE FELICE: LA NECESSITÀ DI RICOMINCIARE DA "CAPO"! Alcune note - di Federico La Sala

I. BENITO MUSSOLINI E MARGHERITA SARFATTI - II. ARNALDO MUSSOLINI E MADDALENA SANTORO.
domenica 10 dicembre 2023
[...] "SAPERE AUDE!" (I. KANT, 1784). C’è solo da augurarsi che gli storici e le storiche abbiano il coraggio di servirsi della propria intelligenza e sappiano affrontare "l’attuale crisi di identità della storiografia" [...]
KANT E GRAMSCI. PER LA CRITICA DELL’IDEOLOGIA DELL’UOMO SUPREMO E DEL SUPERUOMO D’APPENDICE.
-***FOTO. Xanti Schawinsky, Sì, 1934
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LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE (...)

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> RENZO DE FELICE E LA STORIA DEL FASCISMO: LA NECESSITÀ DI RICOMINCIARE DA "CAPO"! -- BEST SELLER IN NERO. "Il regime e il libro di massa" (di Enzo Forcella)..

mercoledì 17 maggio 2017

MITO E STORIA, POLITICA E TEOLOGIA: "LUCIFERO!" E LA STELLA DEL DESTINO. Storiografia in crisi d’identità ...


BEST SELLER IN NERO

di Enzo Forcella *

Da qualche parte, nella cantina dei ricordi rimossi, conservo ancora le emozioni che mi suscitarono i romanzi "erotici" di Guido Da Verona, Mario Mariani, Umberto Notari, Pitigrilli. E quelle dei romanzi "mondani" di Luciano Zuccoli e Lucio D’ Ambra. Senza dimenticare l’ oscuro fascino suscitato dal Dux di Margherita Sarfatti o dalle aperture esotiche dei libri di viaggio di Arnaldo Cipolla e Mario Appelius.

Sono i libri, comprensibilmente ignorati da ogni storia della letteratura italiana contemporanea, che per gli uomini della mia generazione (quella che più o meno aveva vent’ anni all’ inizio della guerra) hanno segnato il passaggio dalle letture dell’ infanzia a quelle dell’ adolescenza, l’ ingresso nel mondo dei "grandi". E sono anche i primi libri di successo della nascente industria culturale, con le prime (relativamente) alte tirature, le prime tecniche di diffusione pubblicitaria "all’ americana", le prime copertine "strillate" con una raffinatezza grafica sino allora ignota alla nostra editoria.

Un tormentato eros

Di fronte all’ ampia e succosa antologia che gli hanno dedicato Gigliola De Donato e Vanna Gazzola Stacchini (I bestseller del ventennio - Il regime e il libro di massa Editori Riuniti, pagg. 730, L. 90.000), la prima tentazione è di rileggere queste pagine come un ironico e lievemente nostalgico "amarcord" del tempo fascista. Ma è una tentazione dalla quale le autrici, con un rigore sin troppo accigliato, subito ci distolgono.

Il tentativo di sistemazione di un materiale estremamente vasto ed eterogeneo - spiegano - "ci ha indotto a individuare aspetti e linee di tendenza che fanno emergere, se non una calcolata strategia editoriale, quanto meno l’ intenzione del fascismo di fare del libro di massa, anche di genere inferiore, uno strumento fondamentale di persuasione, di controllo, di propaganda destinato a un pubblico sociologicamente differenziato ma di fatto omologato dalla sostanziale uniformità dei messaggi". (La materia è stata suddivisa in cinque sezioni affidate a Tina Achilli, Silvana Ghiazza, Maria Pagliara oltre che alle due curatrici e a Ermanno Detti che presenta un’ ampia scelta di copertine dell’ epoca).

Per qualche autore la griglia risulterà eccessivamente totalizzante. Il tormentato eros di Mario Mariani, il suo rifiuto dei valori e dell’ universo borghesi sono autenticamente fuori quadro. Anche a prescindere dal suo ribellismo anarchico e dalle incessanti persecuzioni cui lo sottopone il regime, è difficile omologarlo al caramelloso edonismo di Zuccoli, al decadentismo postdannunziano di Da Verona, al frivolo cinismo di Pitigrilli. (Finito, quest’ ultimo, prima spia dell’ Ovra e poi apologeta della più stucchevole ortodossia cattolica). Nel complesso, però, la griglia tiene.

Nella stessa letteratura rosa, strutturalmente metastorica, impermeabile ai diversi regimi politici in cui si trova ad operare, Silvana Ghiazza ha buon gioco a identificare temi e motivi che il fascismo, anche se non inventa, si affretta a potenziare: il nazionalismo, la celebrazione dei fasti italici e romani, l’ esaltazione della maternità come appendice essenziale e obbligata del lieto fine, l’ erotismo sublimato e redento dalla sacralità del matrimonio cui rimane finalizzato. L’ altro versante, solo apparentemente antitetico, è quello delle sezioni dedicate alle biografie del duce, ai romanzi coloniali e a quelli di aperta propaganda fascista. (Non è il caso, di fronte alla modestia dei risultati, di parlare di "ispirazione", neppure per gli autori più dignitosi: il primo Brancati, Malaparte, Marcello Callian, Ugo Ojetti).

Qui, per la verità, ci sarebbe da verificare se questi titoli possano essere davvero classificati nella categoria dei veri bestseller. Più venduti, certo, nel senso che gli si assicurano alte tirature e l’ acquisto da parte di tutte le biblioteche provinciali, dei dopolavoro, delle sedi rionali del Fascio e delle altre istituzioni del regime. Che poi siano stati effettivamente letti e apprezzati, questo è tutto da vedere. Ma hanno ricevuto premi, provocato recensioni e discussioni influendo così, sia pure artificiosamente, nel clima culturale dell’ epoca.

Comunque, nell’ assenza di dati certi sulle effettive dimensioni del mercato editoriale, valeva la pena di indagarne contenuti e intenzioni: come fa, ad esempio, con molta finezza e rigore, Vanna Gazzola Stacchini nella sezione dedicata ai "mille eroi della leggenda", ovvero ai romanzi con protagonisti e ambienti esplicitamente fascisti.

La struttura è sempre la stessa: c’ è un mito da diffondere - quello di un paese dove per merito del fascismo sono scomparsi per sempre tutti i contrasti di natura sociale, la miseria, la violenza, l’ inimicizia - e dei protagonisti che, secondo lo schema ottocentesco delle coppie oppositive, raffigurano la dinamica del passaggio dal vecchio al nuovo, dal disordine all’ ordine, dalla condizione dell’ uomo solo inquieto e senza scopi a quella della adesione alla comunità, della rassicurante immersione nella folla.

Di qui l’ importanza centrale che in tutti questi romanzi assume il rituale dell’ adunata, dai momenti minori che la precedono sino al momento in cui parla Lui, il Duce, il Grande Timoniere. Non importa che spesso non si riesca a cogliere il senso delle sue parole, basta che esse empiano la grande piazza silenziosa a "ondate di sonorità metallica" come scrive la vincitrice di un concorso per il miglior romanzo dell’ età fascista. "Non si vuole l’ appello alla ragione né dunque si richiede la funzione referenziale del linguaggio; si vuole produrre una specie di perdita dei sensi per meglio recepire, e farsi riempire, dal messaggio divino".

La rassegna si ferma alla prima metà degli anni Trenta ed è un peccato perché così rimane fuori quella seconda ondata di bestsellers che segnerà una svolta nella nostra industria culturale e, con essa, negli orientamenti culturali degli italiani. Sono gli anni della "Medusa" e degli "Omnibus" Mondadori, degli einaudiani "Narratori stranieri" e, parallelamente, della scoperta dei "Gialli", della "rivoluzione dei rotocalchi". Persino i "Rosa", con l’ entrata in scena di Liala, si aprono timidamente alle prime avvisaglie della modernizzazione.

Nuovi autori, soprattutto stranieri, nuovi linguaggi, nuove curiosità che penetrano nelle case come frutti proibiti, turbano le apparenti certezze delle masse, aprono inediti orizzonti culturali, mettendo così in crisi l’ edificio della cultura autarchica faticosamente innalzato nel decennio precedente.

Gigliola De Donato, nella introduzione generale, segnala la svolta, ma spiega di averla intenzionalmente lasciata fuori "perché avrebbe reso indecisa la linea della nostra ricerca che vuole essere mirata al rapporto solidale e omogeneo che si era stabilito tra il fascismo e una certa letteratura di successo".

Propaganda martellante

E’ un criterio discutibile perché, come del resto riconosce la stessa De Donato, proprio in quegli anni il rapporto solidale e omogeneo comincia a incrinarsi e si pongono le premesse culturali di quello stato d’ animo di indifferenza, stanchezza, fronda diffusa con cui la società italiana, e in particolare i giovani, vivrà la tragica avventura della guerra. Forse è opportuno, come del resto consiglia ormai anche la maggior parte degli storici, accostarsi al ventennio mussoliniano in un’ ottica non troppo rigidamente "fascistocentrica".

Anche e soprattutto per quanto riguarda la politica culturale. Il regime coglie tempestivamente le potenzialità della nascente industria culturale e fa l’ impossibile per trasformarla in un mastodontico strumento di indottrinamento di massa. I risultati che raccoglie sono tuttavia piuttosto modesti. Controllo assoluto, propaganda martellante, consenso ambiguo e incerto. E’ significativo, oltre alla dubbia accoglienza dei romanzi di aperta esaltazione fascista, il clamoroso insuccesso, come lo definisce Maria Pagliara curatrice dell’ apposita sezione, dei romanzi coloniali. "Passano" soltanto, o soprattutto, i messaggi della ideologia culturale conservatrice piccolo-medio borghese: gli stessi che il fascismo aveva raccolto dalla letteratura di consumo della Terza Italia e che sopravviveranno alla sua fine almeno sino alla seconda metà degli anni Cinquanta.

ENZO FORCELLA

*Archivio/la Repubblica, 14 dicembre 1991


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