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MITO E STORIA, POLITICA E TEOLOGIA: "LUCIFERO!" E LA STELLA DEL DESTINO. Storiografia in crisi d’identità ...

LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE FELICE: LA NECESSITÀ DI RICOMINCIARE DA "CAPO"! Alcune note - di Federico La Sala

I. BENITO MUSSOLINI E MARGHERITA SARFATTI - II. ARNALDO MUSSOLINI E MADDALENA SANTORO.
domenica 10 dicembre 2023
[...] "SAPERE AUDE!" (I. KANT, 1784). C’è solo da augurarsi che gli storici e le storiche abbiano il coraggio di servirsi della propria intelligenza e sappiano affrontare "l’attuale crisi di identità della storiografia" [...]
KANT E GRAMSCI. PER LA CRITICA DELL’IDEOLOGIA DELL’UOMO SUPREMO E DEL SUPERUOMO D’APPENDICE.
-***FOTO. Xanti Schawinsky, Sì, 1934
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LA STORIA DEL FASCISMO E RENZO DE (...)

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> LA STORIA DEL FASCISMO -- LEGGI RAZZIALI (1938). La memoria negata. A ottant’anni di distanza sono ancora diversi i nodi da sciogliere.

martedì 23 ottobre 2018

Dibattito

Una pagina di storia spesso ignorata poichè dimostrava l’adesione del popolo italiano al fascismo. Ecco perché a ottant’anni di distanza sono ancora diversi i nodi da sciogliere

Ancora aperta è la questione dell’effettiva presa che il razzismo introdotto dalle leggi ha avuto sulla mentalità degli italiani Quale fu la diffusione dell’antisemitismo negli anni di propaganda antiebraica

LEGGI RAZZIALI. La memoria negata

di ANNA FOA (Avvenire, 23.10.2018)

Ottant’anni fa, il regime fascista emanava quelle che sono passate alla storia con il nome di leggi razziali, anche se sarebbe preferibile definirle “leggi razziste”.
-  L’annuncio ufficiale fu dato dal duce stesso a Trieste il 18 settembre 1938, nella piazza dell’Unità d’Italia, affollatissima e plaudente. Il 5 agosto di quell’anno era uscito il primo numero de La difesa della razza, la rivista razzista ad amplissima diffusione diretta da Telesio Interlandi, con un giovane Giorgio Almirante come segretario di redazione. La rivista scriveva in apertura: «È tempo che gli Italiani si proclamino francamente razzisti. [...] La questione del razzismo in Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofi che o religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana e l’indirizzo ariano nordico».
-  Nel luglio, il Manifesto della Razza, firmato da un certo numero di scienziati ma opera in gran parte dello stesso Mussolini, aveva gettato le basi teorichedi questa svolta.Cominciava l’emanazione delle leggi di discriminazione contro gli ebrei. Il primo settore a essere colpito fu quello della scuola, già all’inizio di settembre, con l’espulsione di studenti e docenti dalle scuole di ogni ordine e grado. Seguirono i provvedimenti contro gli ebrei stranieri: la perdita della cittadinanza italiana per chi l’avesse acquisita dopo il 1919, l’espulsione. Nel 1940, con l’entrata in guerra, gli ebrei stranieri sarebbero stati rinchiusi in campi di internamento appositamente creati. In un susseguirsi di leggi, norme e disposizioni successive, la perdita da parte degli ebrei dei diritti conquistati con l’Emancipazione era sancita per legge. Altre disposizioni non avevano riscontro nel periodo pre-emancipatorio, come il divieto di matrimonio tra “ariani” ed ebrei, sia pur convertiti. Ottant’anni fa, quindi. Oggi ce ne ricordiamo e celebriamo questo anniversario non solo come l’inizio delle sciagure del mondo ebraico italiano, ma come la distruzione definitiva da parte del fascismo dell’Italia nata dal Risorgimento e fondata sull’uguaglianza dei suoi cittadini. Un problema dell’Italia tutta, quindi, e non degli ebrei soltanto.

Ma quanto e come ce ne siamo ricordati in questi ottant’anni? In realtà, la memoria delle leggi del 1938 non ha seguito lo stesso percorso di quella della Shoah. Se quest’ultima ha avuto anch’essa delle difficoltà a costruirsi e ad affermarsi, almeno per i primi quindici anni dopo il 1945, quella delle leggi del 1938 è ancora più tarda. Solo dopo cinquant’anni, nel 1988, si moltiplicano gli studi sulle leggi razziali, sul loro contenuto, sul contesto in cui sono state emanate, sulla loro messa in atto. -Le ragioni di questo ritardo sono diverse. Innanzitutto, il confronto con la Shoah: è evidente che la persecuzione dei diritti, così è stato chiamato il periodo tra il 1938 e il 1943, e quella delle vite, con l’arresto, la deportazione e i campi di sterminio, sono entità incommensurabili. Auschwitz non è paragonabile alla perdita del posto di lavoro e nemmeno, per quanto traumatica sia stata, alla cacciata dei bambini ebrei dalle scuole. Solo più tardi si è arrivati achiarire il ruolo fondamentale che avrà il censimento degli ebrei del 1938, deciso dal regime contemporaneamente al varo delle leggi, per l’avvio dell’individuazione degli ebrei, del loro arresto, della loro deportazione.

Le liste create nel 1938 e periodicamente aggiornate, presenti in questure e prefetture, sono servite dopo il settembre 1943 ai nazisti per rintracciare e arrestare gli ebrei. Durante l’intermezzo del governo Badoglio, nessuno ha ordinato agli uffici di distruggerle o almeno di nasconderle. Solo alcuni funzionari lo hanno fatto, spontaneamente e a loro rischio e pericolo. La persecuzione dei diritti, tanto meno grave di quella delle vite, poteva quindi, nel dopoguerra, anche essere considerata di secondaria importanza.

Inoltre, il ricordo delle leggi del 1938 metteva in discussione l’immagine prevalente nel dopoguerra e oltre di un’Italia ligia al fascismo per paura o conformismo, non per convinzione, in cui i delitti di sangue, gli stermini e i massacri erano stati opera non dei fascisti ma dei nazisti. Dare troppa enfasi alle leggi del 1938 voleva dire introdurre l’idea del consenso al fascismo, un’idea che per essere pienamente accettata nell’Italia repubblicana ha dovuto passare attraverso vie strette e affrontare numerose contraddizioni. Non ultima quella del primo sostenitore dell’ampio consenso italiano al fascismo, Renzo De Felice, che ha minimizzato invece le leggi razziali e soprattutto la loro esecuzione, mentre eraquello un nodo che se affrontato avrebbe potuto consolidare l’immagine del consenso italiano al fascismo. Un consenso, certo, gravido di responsabilità e di colpe.

Poi, il problema di spiegare una svolta effettivamente poco comprensibile, il passaggio del fascismo all’antisemitismo. In un primo momento, uno dei temi affrontati è stato proprio questo: perché Mussolini ha emanato le leggi del 1938? Provata l’inesistenza di una richiesta di Hitler al suo alleato italiano, non si poteva che ricorrere a spiegazioni più generali: il razzismo portato dalla guerra d’Etiopia, la convinzione di Mussolini che il razzismo hitleriano e l’esaltazione della razza ariana rappresentassero l’accesso alla modernità, al nuovo mondo vittorioso prospettato da Hitler. Molto si è discusso anche del ruolo giocato dal dittatore: era personalmente antisemita? Questioni marginali, credo, di fronte alla firma del duce, accanto a quella del re in fondo al decreto di istituzione delle leggi razziste.
-  Di qui, il dibattito, tuttora vivo, sulla data d’inizio della politica razziale del fascismo: il 1938? Il 1937 o il 1936? O addirittura il 1929, con il Concordato con la Chiesa? Credo sia necessario mantenere il fuoco dell’attenzione non su sporadici casi di antisemitismo ma sulla preparazione e la messa a punto della legislazione antisemita vera e propria, cioè sul 1937. Un altro dei temi maggiormente all’attenzione tanto della storiografia che del pubblico è stato quello della reazione della Chiesa all’emanazione della legislazione razziale. Una reazione che fu concentrata soprattutto sulla questione dei matrimoni misti, senza che nemmeno su questo punto la Chiesa riuscisse però a ottenere alcun risultato rilevante. Nonostante compromessi e ambiguità, il conflitto tra razzismo e Chiesa fu radicale. Fra l’altro, fra il 1938 e il 1943, in seguito al prevalere dell’ideologia della razza, la tradizionale politica cattolica volta a favorire le conversioni finì per essere attaccata dall’ala più estrema del fascismo come un tentativo ebraico di minare dall’interno la compattezza della razza italica (..).

Quella che ancora resta aperta è la questione dell’effettiva presa che il razzismo introdotto dalle leggi ha avuto sulla mentalità degli italiani. Quale fu la diffusione dell’antisemitismo nei sette anni di martellante propaganda antiebraica lanciata dallo Stato fascista? Si è parlato di indifferenza, e poi, nel 1943, di trasformazione, in molti casi, dell’indifferenza in pietà e sostegno. Ma quanti invece accolsero le leggi non con indifferenza ma con convinzione e fervore e passarono senza contraddizioni dal razzismo indotto dalla propaganda alla caccia concreta all’ebreo lanciata dalla Rsi? Non abbiamo molte fonti a documentare questa questione, anche perché nel dopoguerra razzismo e antisemitismo sono divenuti e restati a lungo tabù. Ora questo tabù si è assai indebolito, e il razzismo non è più un’ideologia da nascondere e viene proclamato da molti a voce sempre più alta, anche se, per ora, non ancora contro gli ebrei. Sarebbe forse il caso che noi storici ci occupassimo di analizzare più a fondo il modo in cui il veleno delle leggi del 1938 si è diffuso nell’animo degli italiani e i suoi guasti di lungo periodo. Non solo per illuminare il passato, ma anche per capire il presente.


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