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PSICOANALISI, ANTROPOLOGIA, E MISTICISMO. Uscire dallo Stato di minorità (superiorità) ...

LA "LEZIONE" DI FREUD A BRUNO GOETZ E A ROMAIN ROLLAND E LA BALLATA DI COLAPESCE ("DER TAUCHER") DI SCHILLER. Una nota - di Federico La Sala

“(...) ancora una volta sono indotto ad esclamare con le parole del Tuffatore di Schiller: “... Es frue sich, / Wer da atmet im rosigten Licht. [... Gioisca, / Chi qui respira nella luce rosata.]”
sabato 28 aprile 2018
(...) la citazione ripresa dalla ballata di Schiller - un vero e proprio “iceberg” del “mare” interno di Freud:
“La Bhagavadgita è un poema grande e profondo che apre però su dei precipizi.
E ancora giace sotto di me celato nella purpurea tenebra afferma "il tuffatore" di Schiller, che mai rivenne dal suo secondo temerario tentativo” (...)
VITA, FILOSOFIA, STORIA E LETTERATURA...
BENEDETTO CROCE, LO SPIRITO DI "COLAPESCE", E LA VITA DI UN "PALOMBARO (...)

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> LA "LEZIONE" DI FREUD A BRUNO GOETZ E A ROMAIN ROLLAND E ---- IL QUINTO PRIVILEGIO DELL’INCONSCIO (FACHINELLI), GRODDECK (LAO-TSE) E "LA MENTE ORIENTALE" (BOLLAS).

mercoledì 27 ottobre 2021

IL QUINTO PRIVILEGIO DELL’INCONSCIO (ELVIOFACHINELLI) E "LA MENTE ORIENTALE" (CHRISTOFER BOLLAS): ELVIO FACHINELLI, SIGMUND FREUD, E GEORG GRODDECK ... *

      • Elvio Fachinelli: "[...] La prudenza di Freud si è risolta, anziché in una rivoluzione della medicina, in una ulteriore suddivisione specialistica. Di fronte a ciò, non ci si può limitare a dire che, al tempo di Freud, mancava l’indicazione pratica di un diverso modo di procedere. Essa è invece presente, e per l’appunto nell’attività del destinatario della lettera, ciè Georg Groddeck.
      • L’autore dello straordinario Libro dell’Es, era non per caso!, un marginale della medicina, un irregolare sotto ogni aspetto. Ebbene quest’uomo, che chiaramente e consapevolmente Freud volle annettersi, quasi ad esorcizzarlo (si veda la lettera), «faceva pensare», secondo l’annotazione di uno dei suoi ex ammalati guariti [Hermann Keyserling, in appendice al Libro dell’Es - fls], «a Lao-Tse: il suo non fare era creativo, a un grado addirittura magico». Magico, la parola è detta. Ecco l’ambito da cui Freud si è ritratto e che dopo la religione, dopo la fantascienza e tutto il resto, bisognerà pure decidersi ad affrontare" (E. Fachinelli, "Il quinto privilegio dell’inconscio", L’erba voglio (Rivista), n. 22, 1975, pp. 29-31).


QUALCHE PAROLA IN MEMORIA DI GEORG GRODDECK

di Hermann Keyserling *

Il 10 giugno 1934 morì a Zurigo, all’età di sessantasette anni, il medico di Baden-Baden Georg Groddeck, il solo autentico e qualificato continuatore della scuola di Schweninger. Con lui è scomparso uno degli uomini più straordinari che io abbia mai incontrato. È l’unica persona di mia conoscenza che mi abbia sempre fatto pensare a Lao-Tse: il suo non-fare era creativo, a un grado addirittura magico.

Egli si atteneva al principio che il medico nulla sa, nulla può fare, e pochissimo deve fare: dovrà soltanto, con la sua presenza, risvegliare le forze risanatrici insite nel paziente. Naturalmente, questa tecnica del non-sapere e del non-fare non gli avrebbe permesso, da sola, di mantenere in vita la sua clinica di Baden-Baden. Perciò egli guariva facendo uso di una combinazione di psicoanalisi e di massaggi, in cui aveva una parte non trascurabile l’infliggere dolore: dalla reazione di difesa contro il dolore sorgeva nei suoi pazienti (a Groddeck ricorrevano soltanto coloro che avevano delle affinità con lui) la volontà di guarire; e, allo stesso tempo, dall’acuto dolore che certe domande miravano a provocare gli veniva sempre qualche idea utile per la cura. Fu così che Groddeck mi guarì, in meno di una settimana, di una flebite ricorrente che, secondo il parere di altri medici, avrebbe dovuto affliggermi per molti anni, se non per tutta la vita.

Ma l’essenziale in Groddeck, era la sua silenziosa presenza. Quando eravate con lui, ed egli non vi domandava nulla, vi venivano in mente più idee che non di fronte al più abile analista. Tuttavia, in Georg Groddeck, io non tanto rispettavo e amavo il medico quanto il saggio paradossale. Egli non apparteneva ad alcuna scuola: su ogni cosa aveva le opinioni più strettamente personali, e spesso le più eretiche. Ed erano tutte, se intese nel senso giusto, cioè non troppo alla lettera, opinioni profonde.

Non conosco nessun filosofo della natura che come lui abbia esaltato la condizione dell’infanzia; si potrebbe addirittura dire che il suo ideale fosse l’uovo, perché nessun organismo già formato sa fare ciò di cui esso è capace. Nell’amoralità delle sue concezioni egli non era secondo a nessuno. Era un eccentrico all’ennesima potenza. Ma aveva un contatto così diretto con l’«Es» creatore che era in lui (è stato Groddeck a coniare il termine tecnico «Es», in contrapposizione all’«Io») che tutte le sue idee, anche se espresse nella forma più bizzarra, riflettevano sempre delle profonde verità.

Nei suoi libri apparsi a tutt’oggi (Lo scrutatore d’anime e Il libro dell’Es) non è facile, per chi non lo abbia conosciuto personalmente, cogliere questo aspetto essenziale di Groddeck. Ma per alcuni anni egli ha pubblicato privatamente una rivista così interessante, «Die Arche» («L’arca»), che io spero molto che i suoi eredi ne raccoglieranno e ripubblicheranno l’importantissimo contenuto.

Durante il suo ultimo anno di vita egli lavorò a un volume che intendeva fare uscire dopo la sua morte. Ma, come accade per tutte le persone più ricche di vita, la presenza personale di Groddeck contava molto, molto più di quel che egli esprimeva nelle parole e nelle teorie. Hanno potuto accorgersene, talora, i partecipanti ai seminari della «Scuola della saggezza» a Darmstadt: molte volte Groddeck vi prese la parola, ma era soprattutto la sua semplice, viva presenza a fare di Groddeck un partecipante insostituibile di quelle riunioni: ora provocando, ora esasperando, ora affascinando, egli costringeva ognuno a pensare con la propria testa. La sua scorza era ruvida: la sua anima, troppo vulnerabile, aveva bisogno di questa protezione. Ma, nell’intimo, era uno degli uomini più caldi, più affettuosi, più preoccupati del bene altrui, e più grandi che io abbia mai incontrato.

* Georg Groddeck, "Il libro dell’Es", Postfazione di Hermann Keyserling, Adelphi, Milano 1971 (V ed.).


Sul tema, nel sito, si cfr.:

LA MENTE ORIENTALE. Psicoanalisi e Cina (Christofer Bollas, Milano 2013). "La tesi di fondo di Bollas è che la psicoanalisi ha operato una integrazione inconscia tra la struttura della mente orientale e quella occidentale. Il silenzio intenso dell’“ordine materno”, quel “conosciuto non pensato” che rimanda a un Sé preedipico fondamentale per la psicoanalisi, rappresenta la stessa modalità orientale di essere e di relazionarsi, non basata sulla “autorappresentazione” del linguaggio, ma piuttosto sulla “autopresentazione”: sull’essere e sulla forma come modalità di comunicazione. Quell’“ordine materno”, per quanto rimosso a favore di un “ordine paterno” decisamente più affidato al mondo simbolico del linguaggio, è il regalo che l’Oriente ha fatto alla psicoanalisi, non inventata ma trovata da Freud (Luciana Sica, Se l’inconscio è made in Cina, la Repubblica, 15 settembre 2013).

FLS


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