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PIANETA TERRA. Tracce per una svolta antropologica...

MITO, FILOSOFIA, E TESSITURA: "LA VOCE DELLA SPOLETTA È NOSTRA" ("The Voice of the Shuttle is Ours"). Un testo di Patricia Klindienst (trad. di Maria G. Di Rienzo) - a c. di Federico La Sala

OVIDIO. La tela di Aracne apre il libro sesto delle "Metamorfosi", la storia di Filomela lo chiude (...) Prima che la dea adirata Atena (Minerva) stracci la stoffa tessuta da Aracne, la tessitrice, donna mortale, racconta su di essa una storia molto particolare (...)
sabato 13 aprile 2019
[...] In Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf ci fornisce una comica metafora
della poetica femminista usando l’esempio del gatto di razza Manx, che vive
sull’isola di Man. Dalla finestra ella vede questo gatto attraversare il
prato: nota che apparentemente al gatto "manca" qualcosa, ma si chiede se la
sua condizione non sia primariamente solo una "differenza" dai gatti con la
coda. È il gatto senza coda un mostro della natura, una mutazione? O è un
prodotto della cultura, un (...)

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> MITO, FILOSOFIA, E TESSITURA --- "IL RACCONTO DELL’ANCELLA". Margaret Atwood. La vincitrice del Booker Prize 2019 insieme a Bernardine Evaristo (di Cristina Gamberi).

sabato 26 ottobre 2019

Margaret Atwood

La vincitrice del Booker Prize 2019 insieme a Bernardine Evaristo

di Cristina Gamberi (il Mulino, 21 ottobre 2019)

Può un libro cambiare il mondo? Nonostante le illusioni di molti, la risposta è chiaramente no. Eppure esistono libri a cui è stato riservato il curioso destino di, se non proprio cambiare il mondo, farsi strumento del cambiamento politico. Sono libri che hanno il potere di offrire un vocabolario e degli strumenti teorici, ma soprattutto narrazioni e immagini che aiutano a comprendere una realtà fino a quel momento sommersa o taciuta, adottando prospettive inconsuete e denunciando la condizione di oppressione in cui vivono le persone. In questo senso, sono libri rivoluzionari.

Uno dei testi che ha saputo innescare una radicale critica al presente su scala globale è Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood, la scrittrice canadese che è appena stata insignita del più prestigioso premio letterario britannico, il Man Booker Prize, per il romanzo The Testaments. Edito in Italia da Ponte alle Grazie, I testamenti è l’attesissimo sequel della distopia ambientata nella Repubblica di Galaad, di cui non sappiamo se condividerà lo stesso destino del romanzo originale. Di sicuro, però, sappiamo che si tratta già di un successo editoriale che si colloca al culmine della parabola letteraria di un’autrice che all’età di ottant’anni ha alle spalle una carriera di scrittrice molto letta, molto premiata e saldamente insediata nell’establishment letterario mondiale.
-  Fin dagli esordi, negli anni Sessanta, Atwood si è infatti misurata con una molteplicità di linguaggi ed eterogeneità di generi letterari, iniziando a scrivere poesie e pubblicando successivamente romanzi, storie per bambini, graphic novel, libretti per opera da camera, saggi critici e contribuendo attivamente all’adattamento delle sue opere in serie televisive, film e documentari.

Una solida formazione accademica - iniziata a Toronto con il teorico della letteratura Northrop Frye e proseguita al Radcliffe College di Harvard - ha fatto di lei una scrittrice colta. Il misurarsi con i grandi classici della tradizione occidentale è infatti uno degli aspetti principali della sua opera.
-  Succede in The Penelopiad (2005) riscrittura dell’Odissea dal punto di vista di Penelope; nel romanzo Hag-Seed ispirato alla Tempesta di Shakespeare (2016); in Morning in the Burned House (1995) in cui Elena e Cressida prendono parola; e nel Racconto dell’ancella (1985) che trae ispirazione da un versetto biblico del della Genesi. Si tratta di una poetica profondamente intrecciata a quella che Adrienne Rich chiamò re-vision, ovvero il necessario confronto che le scrittrici devono compiere con la tradizione letteraria del passato per rileggere e riscrivere l’immaginario profondamente cristalizzato dal punto di vista del genere con l’obiettivo di entrare nei testi con uno sguardo nuovo: lo sguardo di donna.

Sono infatti la centralità della narrazione al femminile e l’indagine dell’autrice intorno alla soggettività delle donne a costituire il secondo aspetto saliente della scrittura di Atwood. Fin dal primo romanzo The Edible Woman (1969), la sua opera si intreccia con i temi, le rivendicazioni e i desideri espressi dalla seconda ondata del movimento femminista nord-americano, di cui è sempre stata reticente a definirsi parte attiva.
-  La stessa Atwood ha tuttavia riconosciuto come il movimento delle donne abbia contribuito a espandere i territori a disposizione della scrittura, fornendo un’analisi lucida dei meccanismi di potere che operano nelle relazioni fra i generi e permettendo di esplorare aspetti dell’esperienza delle donne che altrimenti sarebbero rimasti nascosti.

Il legame fra le istanze femministe e la narrativa di Atwood è tuttavia da ricercare nell’uso del genere distopico, scelto dall’autrice perché maggiormente libero dai vincoli imposti dal realismo e quale luogo ideale per esplorare (e far esplodere) la costruzione dei ruoli di genere e gli assetti sociali considerati "naturali". Come era successo prima di lei in Katharine Burdekin e Octavia E. Butler, nel Racconto dell’ancella Atwood usa la distopia come spazio letterario privilegiato in cui la riappropriazione della sessualità e dei corpi femminili è mezzo cruciale per ridefinire l’agency e la soggettività delle donne.
-  Il disturbante racconto dell’ancella Difred, la donna-schiava che vive asservita all’uomo per scopi riproduttivi in un regime teocratico di ispirazione biblica in un futuro non tanto lontano dal nostro, rappresenta infatti una critica radicale al patriarcato e al totalitarismo. Il suo racconto diventa narrazione capace di rivelare l’indissolubile legame fra il culto della virilità, i regimi totalitari, il controllo della sessualità femminile e la violenza sul corpo delle donne.

Il curioso destino di questo libro non è solo che a distanza di trent’anni il suo messaggio è diventato politicamente urgente, ma è anche che ha prodotto effetti di realtà imprevisti. La narrazione distopica di Atwood ha infatti innescato inaspettate pratiche di soggettivazione radicate nei corpi delle donne. Nel 2017, quando viene trasmessa la prima serie televisiva ispirata al romanzo, nel clima politico seguito all’elezione di Donald Trump e in concomitanza con il dilagare del movimento #MeToo e #TimesUp, l’Ancella da finzione si è trasformata in realtà. La sua iconografia, contraddistinta da una lunga tunica rossa e dal capo coperto da una cuffia bianca, è infatti diventata il simbolo di un movimento vero e proprio e da allora è stata usata dalle donne di tutto il mondo per denunciare le forme di controllo sui propri corpi e la propria sessualità.

Il perché il romanzo sia ritornato oggi così attuale può essere spiegato con le continue violazioni dei diritti riproduttivi e con l’aumento delle forme di violenza contro le donne. Ma ciò che ha permesso alla narrazione di travalicare i confini del successo letterario è stato un doppio movimento. Da una parte il cruciale passaggio dal testo romanzesco alla serie televisiva. Dall’altra il processo dal basso che ha portato alla riappropriazione dell’immaginario distopico dell’ancella come forma di soggettivazione politica femminista e che l’ha trasformata in un potente strumento di critica delle forme di subordinazione non solo sessuale, ma anche economica e sociale del presente.


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