PSICOANALISI, FILOLOGIA, E STORIA. FREUD IN CAMMINO CON MOSE’...
PER RI-COMPRENDERE TUTTA L’IMPORTANZA DEL LAVORO DI LORENZO VALLA, necessario ri-andare a Roma, a ri-visitare la Basilica di San Pietro in Vincoli e ricordare che "al restauro di Giulio II risale l’architettura attuale della chiesa".
CON FREUD, apriregliocchi... Nella Chiesa, non c’č solo la tomba di Giulio II e il Mosč di Michelangelo, ma anche la tomba del cardinale Niccolņ Cusano: "Papa Niccolņ V nel 1448 lo nominņ cardinale della Basilica di San Pietro in Vincoli, titolo cardinalizio che conserverą fino al 1464, anno della sua morte".
CON LA SUA OPERA, LA DOTTA IGNORANZA (1440), CUSANO riprende L’ ANTROPOLOGIA OLIMPICA DI SOCRATE E, NONOSTANTE LA CRITICA DELLA "DONAZIONE DI COSTANTINO" DI LORENZO VALLA (1440) e la CADUTA DI COSTANTINOPOLI (1453), elabora un progetto per "la pace della fede" (1453) sui presupposti della filosofia platonico-aristotelica (dellatragedia - altro che messaggio evangelico e "divina commedia"): di lą a poco, dopo la conquista di Granada (1492, con i suoi editti contro musulmani ed ebrei), Giulio II metterą le vesti del Faraone e solleciterą Michelangelo a realizzare la sua tomba!
FREUD IN CAMMINO CON MOSČ: " [...] Nel 1914 esce sulla rivista Imago il saggio Il Mosč di Michelangelo, dove Freud espone finalmente le sue considerazioni, ricche di sorprendenti intuizioni, su una delle meraviglie artistiche pił famose e ammirate del mondo. Non č un saggio psicoanalitico del Dottor Freud sulla figura del patriarca ebraico (a questo penserą anni dopo nel 1934-1938 scrivendo "L’uomo Mosč e la #religione monoteistica", dove attraverso la psicoanalisi viene ricostruita la storia di Mosč e del #monoteismo ebraico), ma č una relazione-rivelazione, confidenziale, intima, delle impressioni del Signor Freud davanti a “quel Mosč”, quella raffigurazione precisa, cosģ come #Michelangelo l’aveva fissata nel marmo quasi quattrocento anni prima.
[...] La tesi di Freud č originale. Il punto di partenza dell’osservazione č il nodo della #barba nella mano sinistra di Mosč, un dettaglio, un aspetto apparentemente secondario, che, come la pratica psicoanalitica gli ha dimostrato, si rivela capace di aprire una finestra su una nuova #visione della realtą e sulla sua comprensione.
Contrapponendosi all’interpretazione pił accreditata secondo la quale la #guida spirituale degli #ebrei sarebbe stata rappresentata da Michelangelo nel momento in cui prorompeva il gesto d’ira per l’#idolatria del #popolo, causando la rottura delle tavole della #Legge, Freud, vede #Mosč nell’atto della rinuncia a dar corso alla sua rabbia: la ragione ha il sopravvento sul suo furore, il patriarca, gią pronto a scattare, si controlla, resta seduto, desistendo dall’atto violento.[...]
Se consideriamo che Freud scrisse il saggio nello stesso periodo del dissidio con #Jung, possiamo immaginare come si sia sentito vicino a quel Mosč deluso, scandalizzato dall’infedeltą dei suoi: il popolo della psicoanalisi, ingrato come il popolo ebraico, stava deviando dalla retta via, rinunciando alla giusta dottrina per volgersi ad altri culti.
Eppure, il ritratto conclusivo che traccia Freud di “quel” Mosč č quello di un saggio, consapevole della missione divina di cui č latore, capace di formidabile autocontrollo: la ragione che domina sulle passioni che prorompono.
Nella statua di Michelangelo Freud, in fondo, vede se stesso [...]" (cfr. Marina Malizia, "Il Mosč di Michelangelo (1914)", Archivio del CSPL, ripresa parziale).
Federico La Sala