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Contro le pretese e le tracotanze teocratiche dei Bonifacio VIII e dei Giovanni XXII di ieri e di oggi.

Dante (e Bacone), alle origini del moderno!!! Pace, giustizia e libertà nell’aiuola dei mortali - di Federico La Sala

lunedì 10 dicembre 2007 di Emiliano Morrone
Pace, giustizia, e libertà nell’aiuola dei mortali
DANTE. ALLE ORIGINI DEL MODERNO*
di Federico La Sala
I
Ogni età è moderna per quanti la vivono. Nel caso del Medio Evo, la sua modernità doveva essere denunciata dagli Umanisti come decadenza; ma per gli uomini che l’hanno vissuta, in special modo per gli uomini del XIII e XIV secolo, quest’età fu sentita come un’età di innovazione in tutti i campi della cultura, una modernità in progresso. Ètienne Gilson
L’uomo si sforza ancora di (...)

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> Dante (e Bacone), alle origini del moderno!!! --- GIOTTO. Roma celebra il rivoluzionario dell’arte che con Dante fondò l’identità nazionale (di Lauretta Colonelli)

lunedì 9 marzo 2009


-  L’esposizione

-  La prima sul pittore a settantadue anni da quella allestita agli Uffizi

-  Giotto. Il mito e l’anima

-  Venti i capolavori del maestro in mezzo a sculture, codici e tavole trecentesche
-  Roma celebra il rivoluzionario dell’arte che con Dante fondò l’identità nazionale

di Lauretta Colonnelli (Corriere della Sera 6.3.09)

Fu il protagonista della rivoluzione della pittura attorno all’anno 1300. Dopo di lui gli artisti hanno preso a guardare il mondo in modo moderno, imparando a narrare con le immagini, a introdurre nella pittura una dimensione affettiva, a rappresentare lo spazio in maniera tridimensionale, a riscoprire l’amore per la natura. L’originalità della mostra «Giotto e il Trecento», che si apre da oggi nel Complesso del Vittoriano a Roma, consiste proprio in questo: nel voler documentare con strumenti critici contemporanei e nella sua interezza il percorso figurativo del «più Sovrano Maestro stato in dipintura», delineando al tempo stesso le caratteristiche del contesto culturale da cui prese le mosse e si sviluppò.

La rassegna, che è la prima a Roma sul maestro fiorentino, viene presentata a oltre settant’anni dall’ultima mostra su Giotto e la pittura in Italia tra fine Duecento e prima metà del Trecento, allestita alla Galleria degli Uffizi nel 1937 per celebrare il sesto centenario della sua morte. Questa volta non ci sono intenti commemorativi ma la volontà di una rilettura complessiva di un grande maestro, popolare e celebrato, eppure non conosciuto nella sua complessità.

«A partire dal Giotto architetto, perché in mostra ci saranno spunti interessanti per studi futuri », annuncia Roberto Cecchi, direttore generale per i beni architettonici, il quale fa parte del comitato scientifico internazionale che ha selezionato e fatto arrivare in prestito oltre 150 opere tra sculture lignee, codici miniati, oreficerie, ma soprattutto le fragili tavole trecentesche, alcune delle quali sono state restaurate per l’occasione.

La raccolta, che include maestri come Cimabue, Giovanni Baronzio, Ambrogio Lorenzetti, Arnolfo di Cambio, vuole dar conto di tutte le ramificazioni dell’influsso di Giotto sull’arte italiana del tempo. Ma soprattutto presenta venti capolavori eseguiti dal maestro di Firenze, oggi molto difficili da spostare per ragioni di conservazione.

Arrivano da Firenze la «Madonna con il Bambino in trono e due angeli» e la «Madonna col bambino e i santi Nicola di Bari, Giovanni Evangelista, Pietro e Benedetto». Un maestoso Polittico a tempera e foglia d’oro su tavola è stato concesso dal North Carolina Museum of Art di Raleigh, mentre la cimasa del Polittico Baroncelli arriva da San Diego, California. Opere che affrontano i temi della formazione, del rapporto con l’antico e con il mondo gotico, focalizzando in particolare i legami con la Francia.

«La mostra - aggiunge il curatore Alessandro Tomei - analizza anche la presenza del maestro nelle maggiori città italiane, da Roma a Firenze, da Napoli a Milano. Qui le testimonianze sono scomparse, ma gli storici le hanno ricostruite attraverso la documentazione e le influenze nelle opere dei contemporanei. Dove è passato Giotto l’espressione artistica è cambiata, adeguandosi ai modelli elaborati dal maestro». Ecco dunque, dopo la dimensione europea, quella nazionale, il suo ruolo di assoluta supremazia, in quanto, come Dante, «Giotto è il primo a fondare la struttura linguistica della pittura del Trecento».

A ribadire questa teoria, condivisa dai maggiori studiosi, è stata organizzata al Vittoriano una mostra nella mostra, intitolata «L’altro Giotto». Si tratta di una postazione virtuale che consente di ammirare i più celebri cicli pittorici del maestro di Firenze e di scoprire gli itinerari giotteschi nelle città che lo ospitarono, attraverso otto regioni: oltre alla Toscana, l’Umbria, le Marche, l’Emilia Romagna, il Veneto, la Lombardia, il Lazio, la Campania.

In una sala al pianterreno i visitatori possono inoltre seguire un percorso che attraverso tecnologie molto sofisticate consente di vedere da vicino e in primo piano i particolari dei più famosi affreschi giotteschi, dalla basilica di San Francesco ad Assisi alla cappella degli Scrovegni a Padova.


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