Gentile Biasi,
la ringrazio per la sua riflessione molto interessante, come ringrazio il vicedirettore Tiani per il suo intervento davvero lucido.
Forse il guaio, se così lo si può definire, sta proprio nel fatto che il prete ha parlato dei PACS e dell’aborto in chiesa in una occasione, il matrimonio, che nulla ha che vedere con queste tematiche strettamente politiche.
In Chiesa si va ad ascoltare la parola di Dio, non la parola della Chiesa. Attenzione: la distinzione è grande.
Il prete, poi, durante la predica legge la Parola e la interpreta anche a suo modo, ma non può non leggere la Parola di Gesù e parlare di questi temi e, solo dopo, proporre una lettura e celebrare il rito. E, come afferma anche il vicedirettore, non ci devono essere colori. Questi miei due amici hanno fatto benissimo a scegliere la via cattolica per il matrimonio. Ci mancherebbe altro. E faranno il loro dovere accettando senza riserve quello che l’insegnamento del matrimonio educa: la tolleranza, l’amore, l’educazione dei figli che verranno, la fedeltà, il rispetto reciproco nella buona e nella cattiva sorte. Rispetto che, dunque, va manifestato verso tutti.
E mi piacerebbe sottolineare che la Chiesa deve educare alla fede, non deve educare le coscienze. Alle coscienze ci pensa la società, gli individui stessi, mediante un insegnamento laico su concetti razionali e non sul misticismo. Chi crede lo fa per fede e, come la Bibbia insegna, tutti sono figli di Dio, e non del demonio, e tutti vengono accettati per quello che sono.
Chi uccide va all’inferno (ma anche chi uccide la libertà di pensiero indivuale) e sono sicuro che accettando tutti non si possa correre il rischio di finirci!
Con sincera stima,
Mauro Diana.