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Pacs

Don Andrea Gallo risponde su "la Voce di Fiore" alla lettera di Blondet

Dal forum: Pacs, Don Gallo contro la Chiesa: intollerante* - a cura di pfls
sabato 27 maggio 2006 di Vincenzo Tiano
Egregio sig. Blondet
ho letto la sua lettera aperta....a me sembra uno scritto molto chiuso. Prima di tutto ci sono alcune inesattezze e perfino falsità. Il tema delle ragazze albanesi era stato trattato da una speciale trasmissione condotta, alla RAI, da Gad Lerner, alla presenza del Cardinale Tonini, il quale mi aveva "assolto" alla presenza di molti teologi e religiosi. Caro maurizio, forse Lei dimentica che in Italia vige una Legge per l’interruzione di gravidanza e nella nostra amata (...)

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> Don Andrea Gallo risponde su "la Voce di Fiore" ---- “Lunico che non mi ha fatto gli auguri è il mio Vescovo" (di Pino Giglioli - Il compleanno ribelle di don Gallo)

giovedì 21 luglio 2011

Il compleanno ribelle di don Gallo

di Pino Giglioli (il Fatto Quotidiano, 20 luglio 2011)

“Lunico che non mi ha fatto gli auguri è il mio Vescovo”, butta lì don Andrea Gallo. Ma il silenzio di Angelo Bagnasco lunedì sera è stato compensato dai duemila che hanno riempito come un uovo il Palacep. Non un luogo casuale: per festeggiare i suoi 83 don Gallo è salito in questo simbolo di degrado che racconta come sia possibile rinascere.

Senza troppi aiuti, con l’orgoglio di cittadini. Grazie a Carlo Besana, farmacista brianzolo portato al Cep dal destino, che insieme alla gente ha ricostruito il quartiere. Non le torri di cemento anni Settanta, ma lo spirito degli abitanti. Un esperimento raro (Il Fatto Quotidiano ne ha parlato nella rubrica “L’Italia che va”) che continua. L’ultimo capitolo è il Palacep, teatro coperto in un piazzale dove un tempo i genovesi non osavano metter piede. Lunedì sera erano in tanti, stipati. Per festeggiare don Gallo con i suoi amici. Nomi noti: da Moni Ovadia al genovese Gino Paoli, passando per Dario Fo e Piero Gasperini (allenatore dell’Inter) collegati da Milano. La gloria del basket Mauro Cerioni. C’era anche Il Fatto, in forze, con il direttore Antonio Padellaro, Marco Travaglio, Cinzia Monteverdi e Ferruccio Sansa. Poi Loris Mazzetti, giornalista “controcorrente” Rai, Enzo Costa, giornalista e blogger, che traccia folgoranti “vignette” di parole su Repubblica.

OSPITI VENUTI da lontano, politici - il sindaco Marta Vincenzi, il presidente della Regione, Claudio Burlando, l’assessore Andrea Ranieri, i senatori Roberta Pinotti (Pd) ed Enrico Musso (Pdl, lontano da Silvio Berlusconi) - ma anche gli amici di sempre, i volti della Comunità di San Benedetto al Porto, dove la porta di legno è sempre aperta a chi ha bisogno. Certo per Luca Montese, il presentatore (anima di uno dei comitati della zona), è stato un lavoraccio, mettere insieme premi Nobel e ragazzi del quartiere, ma soprattutto lui: il don, incontenibile, che saliva e scendeva dal palco con piglio da attore consumato. E a tutti dedicava una parola, un ricordo.

NON UNO spettacolo, ma il racconto della vita di un uomo, per aneddoti, battute; perfino barzellette, con Berlusconi non narratore ma “vittima”. Nello spirito di don Gallo, che non fa sconti, ma non condanna davvero nessuno. È uno dei suoi segreti: ribelle per chiedere il rispetto delle regole, della legge come del Vangelo. Si parte alle 21, cantano il Liù Ensemble, il Coro Daneo. Don Gallo gioca a basket con le ragazze della squadra del Cep (e fa canestro). Poi, sigaro in bocca, duetta con Fo.

È un fuoco d’artificio. Ecco Padellaro e una domanda a bruciapelo al prete scomodo: “Quando saranno cacciati i mercanti dal tempio come chiede Gesù?”. Un accenno alla Chiesa, alla politica troppo attente agli affari. Poi Travaglio che spara a zero sulla Casta: “Un immigrato che arriva qui non capisce, dicono che non rispetta la legge se mette un piede sulla spiaggia. Poi quelli che fanno le leggi sono i primi a non rispettarle. Con reati veri”. Stilettate a maggioranza e opposizione, i visi dei politici si allungano, le mani immobili in grembo, zero applausi. Ci pensa la folla: due minuti. Per il sindaco Vincenzi applausi ma anche fischi: “Non sono credente, non sono più comunista. Don... mi perdoni?”.

Moni Ovadia legge le parole di don Cesare Mazzolari, il vescovo missionario morto il 16 luglio che salvava i bambini soldato e comprava gli schiavi per liberarli. Poi piomba don Andrea con Omar Taiebi, responsabile della Comunità Islamica del Cep. “Un cattolico, un ebreo, un musulmano insieme. Evviva” urla il pubblico. Tocca a Gino Paoli. Un duetto con Moni Ovadia per l’"Happy Birthday" collettivo, poi si fa sul serio: "Bella Ciao" con Moni Ovadia e Don Gallo. Arriva la torta, tutti a cantare “Sapore di mare”, quel mare che si vede anche da qui, dalle torri di cemento del Cep.


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