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DONNE E UOMINI, CITTADINE E CITTADINI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico ....

25 Giugno 2006: salviamo la Costituzione e la Repubblica che è in noi - di Federico La Sala

giovedì 26 giugno 2008 di Vincenzo Tiano
di Federico La Sala (Libertà - quotidiano di Piacenza, 08.06.2006, p. 35)
Il 60° anniversario della nascita della Repubblica italiana e dell’Assemblea Costituente, l’Avvenire (il giornale dei vescovi della Chiesa cattolico-romana) lo ha commentato con un “editoriale” di Giuseppe Anzani, titolato (molto pertinentemente) “Primato della persona. La repubblica in noi” (02 giugno 2006), in cui si ragiona in particolar modo degli articoli 2 e 3 del Patto dei nostri ’Padri’ (...)

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>La Costituzione e la Repubblica che è in noi ---- Superare la carta? Andiamoci piano (di Gaetano Azzariti)

sabato 12 gennaio 2013

Superare la carta? Andiamoci piano

di Gaetano Azzariti (il manifesto, 12 gennaio 2013)

«Mai le costituzioni sono state amate dal potere. Esse nascono con l’esplicito scopo di «limitare i sovrani», contrapponendo a questi i diritti fondamentali delle persone. Non può stupire, dunque, che il sistema politico dominante abbia sempre mostrato la volontà di far venir meno la forza normativa delle costituzioni, adottando strategie di "superamento" sempre più vigorose nel corso di quest’ultimo ventennio.

Dobbiamo però anche riconoscere che la costituzione ha mostrato una forte capacità di resistenza e che essa continua ad ergersi a difesa dei diritti e contro le pretese assolutistiche dei poteri. È in nome della costituzione che si è evitato il peggio. Certo la lotta per il diritto non è un pranzo di gala e le condizioni storiche entro cui si sta svolgendo non sono oggi le più favorevoli. Da più parti si denuncia dunque un calo di prescrittività delle costituzioni.

Ciò vuol dire che esse hanno perduto il loro ruolo storico? Siamo sicuri che la crisi delle costituzioni (della loro effettività, non del loro valore) debba indurci a denunciarne il superamento? Possiamo veramente gettare la costituzione dietro le nostre spalle per guardare avanti senza più il peso di un residuo storico? È proprio vero - come è stato scritto su questo giornale da Luca Nivarra - che solo toghe e guitti televisivi possono ancora dare credito a un testo che stabilisce principi ormai superati dal primato del diritto europeo, mentre una sinistra radicale deve guardare avanti, verso l’Europa dei movimenti e del "comune"?

Mi permetto di dissentire. Credo che in tal modo si sottovalutino, da un lato, la specificità e il valore storico delle disposizioni costituzionali, dall’altro, le conseguenze politiche di una strategia "di sinistra" di abbandono della costituzione. A differenza delle norme contenute nei codici (civile, penale, etc.), gli articoli di una costituzione non hanno la pretesa di dettare mere regole di comportamento, valide nei casi specifici e di volta in volta.

Le disposizioni costituzionali hanno un’altra ambizione. Più alta se si vuole, comunque diversa. Indicano i principi di civiltà cui deve conformarsi la società. Ciò comporta che mentre i codici devono essere applicati, le costituzioni devono essere attuate. Pietro Calamandrei - è noto - parlava della nostra costituzione come di una rivoluzione promessa, Jürgen Habermas indica nella "presbiopia" il carattere proprio e più prezioso delle costituzioni moderne. Questa natura programmatica del testo costituzionale implica la continua tensione tra costituzione da attuare e una legislazione che sia ad essa conforme.

È vero che la via per l’affermazione dei principi costituzionali è lunga e difficile, ma è anche vero che in nome della costituzione si sono ottenute le maggiori vittorie politiche e normative sino ad ora in tutti i paesi occidentali. La costituzione è sempre stata al fianco dei diritti dei lavoratori (basta leggere l’art. 1 per convincersi del suo valore), dalla parte dei diritti fondamentali delle persone e contro le logiche disumane del mercato (si veda l’art. 2), al servizio della diversità di genere e di condizioni sociali (un occhiata al terzo articolo è sufficiente), e potrei continuare elencando tutti i 139 articoli della nostra costituzione per richiamare il progetto di civiltà costituzionale.

Sin dalla metà del secolo scorso si è discusso se il valore programmatico delle disposizioni costituzionali determinasse una loro sostanziale impotenza precettiva. Cioè se la costituzione dovesse essere condannata a rappresentare solo un libro dei sogni, al più un programma politico, ma non in grado di imporsi come norma giuridica effettiva. Ma è questa una discussione ormai capziosa: è evidente che la costituzione è un’«arma» giuridica fondamentale contro gli arbitri dei poteri e un potente «propulsore» per le politiche costituzionali che sostengono i principi di eguaglianza e libertà. È opportuno disfarsene?

Francamente penso che senza la costituzione i movimenti di lotta per i diritti in Italia e in Europa andrebbero a mani nude a fronteggiare un potere che, senza più limiti, finirebbe per travolgere ogni aspettativa del bene «comune».


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