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DONNE E UOMINI, CITTADINE E CITTADINI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico ....

25 Giugno 2006: salviamo la Costituzione e la Repubblica che è in noi - di Federico La Sala

giovedì 26 giugno 2008 di Vincenzo Tiano
di Federico La Sala (Libertà - quotidiano di Piacenza, 08.06.2006, p. 35)
Il 60° anniversario della nascita della Repubblica italiana e dell’Assemblea Costituente, l’Avvenire (il giornale dei vescovi della Chiesa cattolico-romana) lo ha commentato con un “editoriale” di Giuseppe Anzani, titolato (molto pertinentemente) “Primato della persona. La repubblica in noi” (02 giugno 2006), in cui si ragiona in particolar modo degli articoli 2 e 3 del Patto dei nostri ’Padri’ (...)

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> Salviamo la Costituzione e la Repubblica che è in noi - ---- Il rispetto delle donne passa dalla Costituzione (di Gabriella Manelli).

giovedì 22 ottobre 2009

Il rispetto delle donne passa dalla Costituzione

di Gabriella Manelli *

Siamo orfani di politica. Il potere ha preso il suo posto: chi lo detiene lo usa attraverso mezzi privati, ...soldi, scambi di favori. Non abbiamo una cultura della responsabilità morale. Dopo anni di partecipazione si è spenta nellamente dei cittadini la dimensione pubblica ». (Nadia Urbinati)Nonpiù cittadini, ma governanti e governati. E le donne? «Veline ingrate». Le donne, secondo «loro», dovrebbero sempre ringraziare qualcuno delle proprie conquiste, e in larga misura anche lo fanno, espropriandosi non solo del proprio corpo, ma anche della propria capacità di scegliere e decidere. Tutto il contrario dell’autodeterminazione di buona memoria. Dunque il silenzio delle donne segno di un silenzio dentro. Silenzio interiore di chi ha perso i contatti con se stessa e silenzio politico. «Il personale è politico », si diceva quando si era decise a partire da sé per fare una nuova proposta politica; e si faceva autocoscienza. E così si inventavano una proposta politica e un pensiero politico diversi da quelli dei governanti e dei partiti , che si ispirano a una idea di politica asettica. Invece il grande impatto del movimento femminista, la sua grande capacità di essere metapartitico, al di là e al di sopra della volontà e della stessa analisi dei partiti (vedi divorzio, aborto, nuovo diritto di famiglia...) nasceva dalla capacità di mettersi in gioco, di non lasciare fuori dall’orizzonte politico le passioni, dall’audacia di esplorare vie nuove, «andare alla ricerca di terre e mari sconosciuti: sconosciuti, eppure già esistenti» ( Romitelli, «L’odio per i partigiani»).

«Solo osando, la politica riesce a fare storia»: è Machiavelli, citato da Romitelli, sempre a proposito di partigiani. La stessa cosa si può dire delle donne, ieri e oggi: se vorranno tornare a incidere sulla storia, come è avvenuto negli anni 60-70 del secolo scorso, non potranno che affrontare in modo inedito, sperimentale, quanto di irrisolto, di incognito vi è oggi nei rapporti fra governanti e governati. Con passione e audacia. Che poi sono anche le risposte adunproblema, secondomedariformulare: come coinvolgere le «altre» donne? Con audacia e passione, appunto, empatia.

Tra parentesi, sarebbe interessante dipanare il filo intrecciato di passione e audacia che lega donne e partigiani. Una cosa è certa: numerose furono le donne che, mentre combattevano insieme ai partigiani per i diritti di tutti, intrapresero il loro cammino di crescita personale e politica. Mettere al primo posto la relazione con le altre donne è stata un’altra scelta politica non solo delle femministe, ma, molto prima, delle «madri della Repubblica», le 21 donne che hanno preso parte all’Assemblea Costituente. Indicando nella relazione, cioè nella «via dell’amore», come dice Luce Irigaray, la dimensione fondamentale dell’individuo e quindi la via maestra per un’altra politica.

* l’Unità, 22 ottobre 2009


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