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DONNE E UOMINI, CITTADINE E CITTADINI. Per un ri-orientamento antropologico e teologico-politico ....

25 Giugno 2006: salviamo la Costituzione e la Repubblica che è in noi - di Federico La Sala

giovedì 26 giugno 2008 di Vincenzo Tiano
di Federico La Sala (Libertà - quotidiano di Piacenza, 08.06.2006, p. 35)
Il 60° anniversario della nascita della Repubblica italiana e dell’Assemblea Costituente, l’Avvenire (il giornale dei vescovi della Chiesa cattolico-romana) lo ha commentato con un “editoriale” di Giuseppe Anzani, titolato (molto pertinentemente) “Primato della persona. La repubblica in noi” (02 giugno 2006), in cui si ragiona in particolar modo degli articoli 2 e 3 del Patto dei nostri ’Padri’ (...)

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> Salviamo la Costituzione e la Repubblica che è in noi ----- A Giuliano Vassalli, in memoria (di Giorgio Napolitano - L’uomo delle sfide eroiche; di Bruno Gravagnuolo - Addio a Vassalli. Giurista e partigiano).

domenica 25 ottobre 2009

Non si può riconoscere a chi ha contrastato lo Stato italiano sovrano schierandosi con la Repubblica sociale il titolo di combattente. La Cassazione è chiara in merito. Tutte quelle pronunce sono concordi nel definire i repubblichini come nemici. Giuliano Vassalli, 8 gennaio 2009 (l’Unità, 25.10.2009)


L’uomo delle sfide eroiche

di GIORGIO NAPOLITANO (La Stampa, 24.10.2009) *

La lettura degli scritti di Giuliano Vassalli consente, pur presentando un ben preciso profilo, di cogliere la triplice dimensione - se così posso dire - di una personalità fra le maggiori della nostra vita democratica. Quella del grande giurista, impegnato a offrire il contributo della sua dottrina all’azione di governo e alla riflessione su esperienze ed evoluzioni altamente significative della nostra epoca nel campo del diritto. Quella di coerente e coraggioso antifascista e combattente della libertà. Quella di appassionato militante politico, sempre fedele agli ideali e alla storia del socialismo italiano. Appare chiaro lo strettissimo nesso tra questi tre aspetti della straordinaria figura di Giuliano Vassalli.

Io l’ho potuto - pur appartenendo ad una generazione un po’ più giovane - seguire e ammirare per lunghi anni nel corso della mia attività parlamentare, al di là delle rispettive collocazioni partitiche. E in tempi recenti ho avuto occasione di ascoltare suoi splendidi discorsi, come quello, che molto mi colpì, dedicato a Giacomo Matteotti.

Nella commemorazione di Aldo Moro ho ritrovato in felice sintesi il punto di vista dello studioso vicino al pensiero giuridico del collega democristiano, l’ammirazione - da giurista e da politico - per l’ispirazione morale dell’impegno di Aldo Moro e il convinto richiamo, da parte di Vassalli, alle posizioni da lui sostenute nel tormentato periodo della prigionia che avrebbe avuto per epilogo l’assassinio del presidente della Dc.

Ma quel che nella lettura degli interventi e degli scritti raccolti in questo libro suscita uno speciale interesse è la trama di vicende personali e collettive che unifica i ritratti di uomini di primo piano del movimento socialista e dell’antifascismo (compresi gli ardimentosi che accorsero in Spagna a difendere la Repubblica e caddero, come Mario Angeloni).

Si sente qui quanto profonda sia stata la identificazione di Giuliano Vassalli con momenti cruciali di una storia da lui vissuta direttamente o assunta come retaggio di generazioni precedenti la sua come quella di Matteotti e di Di Vagno. Una profonda identificazione, ideale, politica e - aggiungo e sottolineo - umana e morale, perché nell’antifascismo, socialista e di ogni altra radice, si espressero un patrimonio di valori e di esempi, una carica di intelligenza, di cultura e di generosità, che esercitano ancora oggi una suggestione senza uguali per chi voglia esplorare le radici della nostra democrazia repubblicana.

E colpisce l’affetto, quasi filiale, con cui Giuliano Vassalli si avvicina alle figure di Pertini, di Saragat, di Nenni; la modestia con cui si colloca accanto a loro nel ricordo del rapporto di collaborazione che stabilì con ciascuno di essi.

Così come colpisce il pudore di Vassalli nell’accennare alla parte che personalmente ebbe nella Resistenza e in sfide eroiche - si può ben dirlo, al di fuori di ogni retorica - contro il fascismo e contro l’occupazione e l’oppressione nazista.

Sono onorato e lieto di poter dare, con la presentazione di questo libro, un piccolo segno della riconoscenza che la Repubblica fondata sulla Costituzione deve a Giuliano Vassalli come rigoroso «giudice delle leggi», come strenuo combattente per la libertà e la dignità della patria e come sapiente servitore dello Stato democratico.

*Il ricordo di Giuliano Vassalli del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è tratto dal libro Frammenti di storia, dello stesso Vassalli. Il volume, edito da Palomar e a cura di Matteo Lo Presti, sarà a giorni in libreria.


Addio a Vassalli, giurista partigiano

di Bruno Gravagnuolo *

Antifascista assoluto. Giurista sottile, avvocato di grido, partigiano, uomo mite e coraggioso. Ma soprattutto «un socialista e da sempre, almeno da quando giovanissimo in pieno regime entrò in contatto con il gruppo romano di Iniziativa socialista, con Zagari e Matteotti». Così, Mauro Ferri, antico compagno d’arme e di «dottrina», non solo giuridica, descrive a caldo la figura di Giuliano Vassalli, più volte ministro e presidente dal 1999 al 2000 della Corte Costituzionale. Un’amicizia robusta quella di Ferri e Vassalli, entrambi giudici costituzionali, rinsaldata dalle battaglie parlamentari e politiche. Nonché dalla comune milizia prima nel Psi, poi nel Psu e poi di nuovo nel Psi dopo la scissione.

Ma chi era Vassalli, scomparso il 21 ottobre a Roma, e che incidenza ha avuto nella politica italiana? Nasce nel 1915 a Perugia, figlio di un illustre civilista, Filippo Vassalli. Precocissimo studioso di diritto è ben presto docente di diritto penale, e da cospiratore passa alla Resistenza romana, all’ombra delle due grandi figure socialiste di quel momento, Nenni e Saragat.

Da resistente compie una mirabolante impresa, durante l’occupazione nazista. Libera sette reclusi socialisti da Regina Coeli tra i quali Saragat e Pertini, grazie a falsi documenti per un finto trasferimento di detenuti. Era il gennaio 1944, e Vassalli fa già parte della giunta centrale del Cln. Poi nell’aprile viene catturato e sottoposto a torture in Via tasso dalle Ss, fino alla liberazione alla vigilia del 4 giugno, data dell’ingresso degli americani nella capitale, per intercessione di Pio XII.

Una vicenda splendida, di coraggio e di passione, commista anche a riflessioni sul modo migliore di condurre la lotta clandestina, delle quali v’è nota in un memoriale letto dallo stesso Vassalli l’anno passato alla Fondazione Nenni: Tra cuore e ragione. E in discussione, a distanza con Nenni a Milano, v’era il quesito: attentati agli occupanti, o singole azioni mirate contro gli aguzzini per evitare rappresaglie? Ma il dopoguerra incalza, e Vassalli collabora dall’esterno ai lavori della Costituente, partecipando da «saragattiano di sinistra» alla scissione di Palazzo Barberini del 1947. Esce poi dal Psdi su una questione capitale: la rottura dell’unità sindacale. E si immerge fino al 1959 nell’attività professionale, che da penalista lo vedrà protagonista per la difesa di processi celebri. Il caso Montesi e l’omicidio Bebawi.

Dopo il 1959 riprende l’attività politica, nel Psi che s’avvia al centrosinistra. Diventa consigliere comunale, deputato, senatore, e Ministro di Grazia e Giustizia con Goria, De Mita e Andreotti. Fu anche candidato nel 1992 alla Presidenza della repubblica, quando venne eletto Scalfaro, e fa parte di tutte le commissioni insediate per la riforma dei codici di procedura penale e civile. Da ultimo la Corte Costituzionale dove troverà come giudici, antichi allievi del calibro di Capotosti, «incapaci- dice sempre Ferri- di dare del tu al prestigioso maestro universitario di un tempo» (si accordarono sul tu, «con Capotosti che continuava a chiamarlo però Professore»...).

Garantista, critico del protagonismo di certi Pm, ma «inflessibile difensore dell’obbligatorietà dell’azione penale, come elemento di salvaguardia dell’autonomia dei giudici, che intendeva preservare da coazioni del potere esecutivo». Altro punto: i diritti umani. Come elemento di raccordo con la legislazione e le convezioni internazionali. E la Costituzione? Da difendere integralmente, salvo il bicameralismo ridondante e da riformare. Quanto al presidenzialismo a Vassalli non piaceva, malgrado fosse fortemente sponsorizzato da Craxi, nel quadro della cosiddetta «grande riforma». Infine, le idee politiche. Socialista da sempre, s’è detto. E in bilico tra Saragat e Nenni, spiega Ferri, «vicino con la mente al primo, ma col cuore al secondo». E socialista in che senso? Riformista, laico, convinto che le idee socialiste fossero il veicolo dell’emancipazione dei ceti subalterni, attraverso il diritto. E i diritti: civili, sociali, economici. E attraverso la redistribuzione, saggia e da coniugare con un’economia in crescita.

Resta un piccolo giallo. Perché tanta discrezione nel diffondere la notizia della morte a decesso avvenuto due giorni dopo? Ferri, che lo aveva visto il 12 ottobre - «vivacissimo e desideroso di altri incontri» - fa un’ipotesi. Era profondamente deluso di un’Italia, quella berlusconiana che non amava e che anzi detestava: «un’Italia in decadenza e regredita». Sentiva la scomparsa del suo mondo, della sinistra e del suo influsso etico, come una ferita. Ecco, in quel suo modo di andarsene non c’è stata solo eleganza e signorilità. Ma anche una specie di protesta.

* l’Unità, 24 ottobre 2009


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