Il sociologo: “Così si fronteggia lo strapotere dei mercati”
Touraine “Ripartiamo dall’etica individuale”
intervista di Fabio Gambaro (la Repubblica, 03.10.2014)
PARIGI «DI fronte alla disgregazione sociale prodotta dall’economia non resta che ripartire dai diritti universali del soggetto ». Da tempo Alain Touraine mette in guardia contro la fine del sociale - lo ha fatto nel suo ultimo libro pubblicato in Francia, La fin des sociétés ( Seuil) - aggiungendo che non saranno i movimenti sociali a salvare la democrazia, ma solo i singoli individui decisi a difendere i loro diritti fondamentali. «Con la dissoluzione del sociale, il potere tende a cambiare natura, diventando totale: oltre alla dimensione oggettiva del reale, controlla anche quella soggettiva, penetrando gli individui, le loro coscienze e i loro comportamenti», spiega il sociologo francese, tra i cui libri figurano La globalizzazione e la fine del sociale ( Il Saggiatore) e Dopo la crisi. Una nuova società è possibile ( Armando). «Proprio perché il potere diventa totale, il movimento d’opposizione - da cui può nascere una nuova vita sociale e politica - deve partire da un’affermazione totale del soggetto e dei suoi diritti universali: il diritto alla libertà, all’uguaglianza e alla dignità».
Quindi non basta difendere i diritti sociali particolari?
«È una prospettiva perdente. Il sociale non è più il luogo centrale della battaglia. Non possiamo più pensarlo con le categorie tradizionali del passato ormai inoperanti. La minaccia oggi pesa più in generale sull’essere umano. Bisogna tornare a Hannah Arendt, quando dice che l’uomo ha diritto di avere dei diritti. Una formula che condivido, ma specificando che i diritti - proprio perché universali - sono al di sopra delle leggi e della politica. Per opporsi alla fine del sociale e ricostruire un vivere collettivo occorre legare l’individuale e l’universale, dando luogo a movimenti che non siano più sociali, ma eticodemocratici: democratici perché rimettono in discussione il potere nella sua totalità e etici perché difendono l’essere umano nella sua realtà più individuale e singolare».
In questo modo diventa possibile riappropriarsi della politica e tentare di contrastare l’apparente onnipotenza dell’economia?
«Sì. Nonostante ci sia una tradizione intellettuale che difende il primato della politica, questa oggi è screditata e impotente. Bisogna ripartire dall’etica, che viene prima della politica perché si colloca su un piano universale: solo così sarà possibile rifondare la democrazia e ricreare legami sociali. Quando le intenzioni individuali si caricano di significati universali, si trasformano in agenti di una trasformazione sociale e democratica. L’azione politica democratica non rinasce da una politica di classe, da una politica nazionalistica, da una politica degli interessi privati o da una politica del sacro. L’azione politica democratica rinasce solo dall’etica, il che significa che le leggi devono essere subordinate ai diritti. Se così è, diventa possibile riprendere il controllo sull’economia e arrestare la sua deriva distruttiva nei confronti del sociale».
Qual è il ruolo della cultura in questa prospettiva?
«È fondamentale, perché la lotta per la cultura e l’autocoscienza culturale contribuiscono a trasformare gli individui in soggetti capaci di essere attori postsociali. Di fronte a un’economia di consumo che riduce la società a un mercato dominato dal capitalismo finanziario globale, il lavoro di riflessione e di decostruzione dei modelli di pensiero diventa decisivo. L’accesso alla cultura è un diritto fondamentale. E gli intellettuali devono ritrovare un ruolo indipendente e attivo, guardando a quello che accade al di là del mondo occidentale, la Cina, l’India, il mondo arabo. Lì emergeranno le novità dei prossimi decenni ».