Caro Federico, ho risposto al tuo bell’articolo sulle donne con il testo di una canzone famosa e di successo (e quindi ampiamente condiviso anche dalle donne, nel quale probabilmente si sono riconosciute) di Zucchero. Non chiudo gli occhi e non immagino nulla. Forse sei tu che pensi, o meglio, ti illudi che la condizione della donna sia migliorata grazie a quella "rivoluzione sessuale" datata 1968. I fatti dimostrano il contrario. Le teste e i comportamenti degli italiani e delle italiane non sono poi così cambiati. Non si vive di solo pane ma anche di valori e giudizi. Volenti o nolenti, in Italia, è la Famiglia il Valore Supremo ! Bisogna prenderne atto; la donna è innanzitutto sinonimo di madre, sorella, moglie, figlia e quindi FAMIGLIA.
I racconti dei protagonisti di quella rivoluzione sessuale che aveva promesso la "liberazione della donna" sono storie di fallimenti, di contraddizioni, di dolore. Le figlie e le nipoti di quella generazione che credeva di vivere "al di là del bene e del male", oggi hanno la possibilità di interrompere una gravidanza non voluta, o di deglutire "la pillola del giorno dopo", di divorziare da un uomo senza sentire il dovere di "provare a ricominciare" (perchè ricominciare è sempre più faticoso che abbandonare), ma ci siamo chiesti che cosa ne hanno guadagnato con questa riforma di mentalità e di comportamento ? Riconoscersi in quella canzone, forse, è un segnale allarmante, è un messaggio sottointeso che dovrebbe coinvolgere tutti noi e renderci conto che il coraggio vero è dire che l’Eros (la sessualità) deve essere sempre al servizio della Charitas (dell’amore), come il nostro Papa Bene-detto afferma ; è questa la vera rivoluzione sessuale !
Ti lascio con un messaggio molto inquietante di una figlia della tua mentalità: Melissa Panarello (http://www.melissap.org), che spero conosci.
"nemmeno per un attimo. non saprei nemmeno come ammazzarmi. quando al liceo leggevo seneca, avvertivo sempre un dolore fortissimo ai polsi. sentivo il suo dolore. mai, quindi, i polsi tagliati. impiccarmi? naaa...non mi vedo penzolare dal tetto: prospettive troppo diverse da quelle a cui sono abituata, sarei costretta a vedere casa mia da angolazioni assolutamente sconosciute. e, a quel punto, mi dispiacerebbe abbandonarla. i barbiturici? sono troppo incostante per vedermi morire lentamente. cos’altro abbiamo? i lanci dalle finestre? una pugnalata al cuore? prendere un cacciavite e ficcarmelo nella pellaccia? ho pensato, è vero, tante volte all’omicidio. a quello sanguinoso, terribile, premeditato.
perchè quando scrivo tengo le gambe contro il petto come se fossi una rana? perchè devo sempre fumare, mentre scrivo? perchè devo sgranocchiare cipster o salatini? perchè, mentre scrivo, sento sempre il bisogno di avere qualcuno davanti che muore, agonizzando? portatemi un morto. portatemelo e ne farò un capolavoro.
Morte morte morte...sto parlando di morte. quando ancora balbettavo e le mie parole non erano altro che suoni storpi dicevo a mia madre "mamma, ci vuole più coraggio a vivere che a morire" e mia madre mi guardava perplessa e mi diceva che ero troppo piccola per fottermi il cervello a quel modo. dovevo pensare ad altro. a giocare, per esempio. io credo di avere troppo coraggio. questo coraggio mi ammezzerà, un giorno. ne sono certa. io sono troppo curiosa, come i gatti. ieri la mia gattina è salita fino all’ultimo piano del palazzo e ha cominciato a miagolare perchè si era persa. io finirò come lei. all’ultimo piano, troppo lontana dalla realtà e dagli altri. urlerò ma nessuno mi sentirà, perchè sarò altrove. sono proprio curiosa di sapere come andrà a finire questa faccenda della vita. questa vita. è la curiosità che mi alimenta, che mi tiene in vita, che mi da e mi toglie passione, che mi scopa come un demonio. ragazzi, la curiosità: non abbandonatela mai. "
Cari saluti. Biasi